Un viaggio nel vulcano

Un viaggio nel vulcano OSSERVATORIO Un viaggio nel vulcano «Papa Wojtyla entrerà in un vulcano di entusiasmo, ma anclie di odio secolare». Cosi un prelato inquadra realisticamente la tappa di 52 ore che Giovanni Paolo II farà in Irlanda da sabato 29 a metà lunedi 1 ottobre, quando ripartirà per gli Stati Uniti, meta del suo terzo grande viaggio in meno di un anno di pontificato. Da Paolo VI in poi. ogni viaggio papale è importante e rischioso non solo per la sicurezza personale, ma per le implicazioni politicoreligiose. Il soggiorno in Irlanda però è più difficile per Papa Wojtyla, di quanto lo fu quello in Polonia. Qui c'erano due «schieramenti» chiari: in Irlanda, invece, il vulcano ha molti crateri, vi è un miscuglio micidiale che divide nel loro interno i cattolici e i protestanti. Il momento più rischioso sarà poco dopo l'arrivo, la, sosta a Drogheda, una città ad appena quindici chilometri dal confine fra la Repubblica di Irlanda (in gaelico Eire) e l'Irlanda del Nord, che gli inglesi chiamano Ulster. E' il surrogato della visita che Giovanni Paolo II voleva compiere proprio dentro il vulcano, cioè nel Nord, ma fu co-i stretto a rinunciarvi dopo' gli eccidi di Lord Mountbatten e dei 18 soldati inglesi compiuti nel «lunedi nero», 28 agosto, dalla fazione oltranzista della Ira Provisionai, che si dichiara cattolica. Dicono in Vaticano che il Pontefice lancerà un appello alla «conciliazione con giustizia* e chiederà quasi certamente alla Ira di deporre le armi. Dal 1969 a oggi il terrorismo, soprattutto «cattolico», ha provocato oltre duemila morti e ventimila feriti. -Non è una guerra di religione, ma un duro conflitto sociale» — dice un monsignore irlandese —. -Nell'Ulster il messo milione di cattolici, pari al 34 per cento, è discriminato dovunque, dal 66 per cento protestante, mentre in Irlanda il 6 per cento di protestanti gode parità di diritti con il 94 per cento cat¬ tolico». In tutto gli abitanti sono 4 milioni e mezzo, poco più della popolazione di Roma. . L'appello alla pacificazione nella giustizia e al volontario disarmo rischia perciò di innescare reazioni contrastanti fra gli stessi cattolici irlandesi che sono di fervida fede religiosa e indipendentista: come in Polonia la loro identità nazionale si esprime nella Chiesa. L'Ira Provisionai crede solo nella lotta ar-* mata e potrebbe vedervi un invito alla resa dinanzi ai protestanti che dominano l'Ulster, sostenuti dai 13.500 soldati britannici inviati nel '69 per «proteggere icattolici». L'ala più moderata dell'Ira Officials, di ispirazione marxista, potrebbe essere la più favorevole all'appello papale perché essa rifiuta il terrorismo e punta all'alleanza politica fra proletariato protestante e cattolico in funzione antiborghese. I cattolici della Repubblica, pur condannando i terroristi dell'Ira (ma non troppo), probabilmente si attendono dal Papa, per- la prima volta nell'«Isola dei Santi» che mantiene un tasso elevato di vocazioni e religiosità, un appoggio morale alla causa dell'unificazione e dell'indipendenza. Il governo di Dublino, poi, proprio dal prestigio derivante dalla visita si sentirà impegnato, dinanzi alla maggioranza cattolica, a premere su Londra per una soluzione, che Londra non può dare. «L'unica soluzione — ha detto il primate di tutta l'Irlanda, card. O' Fiaich, che vive ad Aemagh nell'Ulster, — è l'unificazione nella parità di diritti». Contro l'unificazione delle due Irlande, però, sono variamente schierati molti protestanti dell'Ulster, soprattutto la Libera Chiesa presbiteriana guidata dal focoso rev. Jan Paisley che vede nel viaggio di Giovanni Paolo II una «provocazione» tranne che il Papa fulmini la scomunica contro i terroristi cattolici. E' veramente un viaggio nel vulcano. Lamberto Fumo Giovanni Paolo II: la missione più rischiosa

Persone citate: Giovanni Paolo Ii, Lamberto Fumo, Lord Mountbatten, Paisley, Paolo Vi, Papa Wojtyla