Un appello al Papa perché difenda all'Onu i diritti dei palestinesi di Igor Man

Un appello al Papa perché difenda all'Onu i diritti dei palestinesi Concluso a Roma rincontro tra israeliani e esponenti Olp Un appello al Papa perché difenda all'Onu i diritti dei palestinesi Il documento, sottoscritto da tutti, si rivolge a Giovanni Paolo II «con filiale devozione» Dure accuse, anche da parte dei rappresentanti israeliani presenti, contro il regime repressivo di Gerusalemme nei territori occupati - Messaggio di Arafat al convegno ROMA — «Con filiale devozione», tutti i partecipanti al "colloquio internasionale"per il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, hanno indirizsato a Giovanni Paolo II un messaggio, a conclusione dei loro lavori che han visto avvicendarsi alla tribuna delV'auletta" di Montecitorio, durante tre giorni, oltre cento rappresentanti dei Paesi europei della Conferensa di Helsinki (Csce), della Lega Araba, delle forse dell'opposisione democratica israeliana e una delegasione dell'Olp, diretta da Ahmed Dajani, numero 3 dell'Organissasione, consigliere di Arafat. Il messaggio, veramente ecumenico, fa appello al Papa perché nel suo intervento alle Nazioni Unite non dimentichi la tragedia del popolo palestinese e «si faccia portavoce della giustizia e della pace in Medio Oriente». Secondo i partecipanti al "colloquio", è detto nel messaggio, un vero e proprio appello, anzi, la giustizia e la pace passano attraverso accordi fra tutte le parti interessate, compresa l'Olp, il ritiro delle forse israeliane dai territori occupati e da Gerusalemme-Est e la cessasione dei bombardamenti nel Sud Libano. L'invio del telegramma al Pontefice di Santa Romana Chiesa è stato suggerito da un sacerdote cattolico palestinese, il famoso (per la sua pietà, per il suo coraggio) padre Ibrahim Ayad, al termine di un intervento incentrato sul mancato rispetto dei diritti dell'uomo nei territori occupati. Sulle condizioni di vita nei territori occupati ha svolto un'articolata, drammatica relazione lo scrittore inglese Michael Adams. Quei palestinesi «nella veglia e nel sonno sono comunque sempre alla mercé di una autorità militare che ha il potere — di cui si avvale liberamente —di fare irruzione nelle loro case, di arrestarli, di incarcerarli senza processo, di deportarli, di distruggere le loro case e di imporre punizioni collettive ad intere comunità, infliggendo gravi sofferenze sia fisiche sia psicologiche». Adams ha anche ricordato le rivelasioni del Sunday Times sulla pratica «diffusa e sistematica» della tortura dei prigionieri arabi, rivelasioni confermate da una inchiesta della statunitense National Laioyer Guild. Ma stilla tortura dei prigionieri palestinesi la testimonianza più drammatica è stata quella resa dall'avvocatessa israeliana Felicia Langer. Pacata, elegante (camicetta bianca, lunga gonna nera), Felicia Langer ha fatto un resoconto agghiacciante di annosi crimini commessi dai suoi compatrioti. «L'occupazione sta corrompendo gli occupanti», ha detto Felicia Langer. Ma in Israele si assiste a una presa di cosciensa a tutti i livelli di quella che è una vera e propria follia «che può condurre alla catastrofe». L'avvocatessa ha citato uno scritto di Haarets dove, a proposito dei crimini di guerra commessi nel Sud Libano, è detto: «Una società che tollera as- sassini, coltiva assassini. Una società che tollera crimini di guerra si assume la responsabilità degli stessi». «Poiché amiamo la nostra patria — ha concluso la Langer — noi odiamo l'occupazione e l'oppressione. Il popolo palestinese conduce una lotta di sopravvivenza. I migliori figli del mio popolo solidarizzano con questa battaglia. I palestinesi han bisogno dell'aiuto di ogni uomo di buona volontà. Lottiamo insieme!». Un messaggio inviato da Arafat ai partecipanti al "colloquio" — di cui ha dato lettura il senatore Salati — ha spessato la tensione. Il leader dell'Olp saluta e ringrasia «a nome del popolo palestinese ovunque esso si trovi». Invoca la pace e auspica «maggiore collaborazione e più stretti rapporti di amicizia» tra i palestinesi e le forse democraticlie italiane, «con l'amico popolo italiano». Non è un mistero: dai comunisti ai democristani vengono esercitate pressioni sul governo italiano perché si decida a riconoscere l'Olp. I membri del Comitato per la Palestina, sperano addirittura che entro l'anno Arafat possa compiere un viaggio ufficiale in Italia. Nel documento conclusivo i partecipanti al "colloquio" hanno messo in risalto il felice raggiungimento degli obiettivi che gli organissatori del convegno si erano prefissi: un'occasione di dialogo tra i protagonisti della crisi mediorientale — palestinesi e israeliani si sono incontrati pubblicamente a Roma — e la riaffermasione che l'Europa non può rimanere oltre spettatrice ma deve svolgere un ruolo attivo anche a tutela dei suoi interessi economici e strategici Giusto su qitesta coordinata il "colloquio" ha ottenuto il risultato più significativo: la Cee sta per affrontare in termini concreti la questione del riconoscimento dell'Olp: essa è infatti inserita all'ordine del giorno del prossimo vertice dei ministri degli Esteri della Comunità. Comunque sia, il diritto dei palestinesiall'autodeterminasione — come ha osservato Adams — non è qualcosa subordinato alla buona volontà degli altri, non ha bisogno di giustificasioni in chiave geopolitica, e certo non dovrebbe risentire delle preoccupasioni delle potenze occidentali per la sicuressa dei loro approvvigionamenti petroliferi o del loro timore della «diffusione del comunismo». Si tratta di un diritto intrinseco, moralmente e storicamente inattaccabile. (Come ha detto il Cancelliere Schmidt, i palestinesi hanno lo stesso diritto di autodeterminazione di qualsiasi altro popolo della terra, «lo stesso diritto dei tedeschi della Germania federale»). Igor Man