Gallinari, l'uomo-chiave di via Fani e capo operativo delle Brigate rosse di Sandra Bonsanti

Gallinari, l'uomo-chiave di via Fani e capo operativo delle Brigate rosse La figura e il ruolo del terrorista ricostruiti dagli inquirenti Gallinari, l'uomo-chiave di via Fani e capo operativo delle Brigate rosse A Roma la settimana prima della strage fu visto mentre provava il percorso per la fuga - Al processo di Torino lesse in aula il comunicato sull'assassinio di Coco: un compito da leader Qualcuno parla di un suo soggiorno a Padova, che lasciò dopo l'inchiesta su Autonomia ROMA — Il primo ordine di cattura contro Prospero Gallinari, riconosciuto da almeno tre testimoni come uno dei protagonisti della strage di via Fani, rimase (insieme con altri otto) nel cassetto del sostituto procuratore Infelisi per quaranta giorni: «Fu bloccato per ragioni politiche. Questa storia la saprà la commissione d'inchiesta sul caso Moro. I politici infatti avevano deciso che far sapere ai brigatisti che erano stati individuati poteva irrigidirli nei confronti del loro prigioniero. Il procuratore capo De Matteo fu d'accordo con loro*. Dell'identificazione di Gallinari, Infelisi si sentiva assolutamente sicuro. Lo aveva riconosciuto lui stesso in un fotofit della polizia. Il magistrato la cui gestione di 45 giorni di indagini mentre il sequestro era in corso, sollevò tante critiche, ricostruisce attraverso le prime testimonianze il ruolo che, a suo avviso, Gallinari sostenne nella preparazione e nell'esecuzione dell'agguato. «Ci sono tre testimoni che parlano di Gallinari e in più alcune fonti confidenziali ci confermavano la presenza a Roma del capo brigatista daalmeno due mesi*. La prima volta Prospero Gallinari fu visto nei dintorni di via Fani a una settimana dalla strage. Provava, insieme con Corrado Alunni, il percorso per la fuga a bordo di una «128». Tornò sul posto il 15 marzo: accanto a lui, alla guida della stessa auto, c'era questa volta una donna, forse Adriana Faranda. Fece una manovra tanto spericolata che un uomo («un funzionario di un ente*, spiega il magistrato) tentò di protestare. «Afa la protesta gli si fermò in gola appena vide la faccia di Gallinari che non avrebbe scordato mai più*. Il giorno della strage infine c'è chi riconosce in una foto di Gallinari il terrorista che sbuca dalla parte del bar Olivetti e scarica una raffica di mitra contro la scorta di Moro che viaggia sull'Alfetta. «Poi Gallinari si allontanò col resto del commando, ma non sali sull'auto dove era stato caricato Moro*, ricorda Infelisi. Da quel momento e anche possibile che Gallinari esca dalla scena del sequestro: accanto al prigioniero ci sarebbero stati altri brigatisti. Ma da quella sua partecipazione alla strage del 16 marzo gli inquirenti romani indicano in Gallinari «uno dei capi operativi delle Brigate rosse*. Forse non un menbro della «direzione strategica., ma uno pronto a impugnare il mitra, un tecnico, un esecutore abile. A Roma Gallinari era stato segnalato già nel luglio scorso. I magistrati sospettano che abbia avuto un ruolo nell'assassinio di Antonio Varisco ma nessun teste l'ha riconosciuto. Può anche darsi che abbia partecipato alla sparatoria di piazza Nicosia, nel maggio scorso, ma anche questo fatto non e provato. Sembra comunque che Gallinari fosse negli ultimi mesi stabilmente a Roma, proprio mentre il ministero dell'Interno cercava sia lui che Mario Moretti all'estero. Non aveva avuto grosse difficoltà nella sua vita di clandestino, cominciata quando, nel gennaio del '77, era fuggito dal carcere di Treviso. Secondo voci che giravano insistenti a Padova nel periodo degli arresti ordinati da Calogero, Prospero Gallinari sarebbe stato visto più volte alla mensa universitaria della città. Una sua permanenza nel Veneto inoltre potrebbe esser confermata dal fatto che i documenti che aveva a disposizione erano stati rubati in qu eli a regione. _ A Roma, Gallinari fungeva da capo: toccava a lui, secondo i funzionari della Digos, rimettere in piedi la traballante colonna delle Brigate rosse, insidiata da «dissensi» più o meno concreti, dagli arresti, dalle indagini serrate. Ma soprattutto suo era il compito di portare a termine l'azione spettacolare progettata per la ■campagna d'autunno» più volte preavvertita. Il suo obiettivo non sarebbe stato un personaggio qualsiasi e le indagini, infatti, sembrano dimostrarlo. Questa immagine di capo, Gallinari se l'è costruita In quasi dieci anni di militanza assidua nelle file della sinistra prima, del terrorismo poi. I suoi ex compagni di cella hanno smentito che ideologicamente Gallinari sia uno sprovveduto: lo dicono intelli¬ gente e molto acuto, autodidatta, ma non ignorante. Il crisma ufficiale di leader comunque lo ricevette il nove giugno del '76 dallo staff del gruppo storico delle Br sotto processo a Torino. Gallinari fu delegato a leggere il comunicato che rivendicava l'assassinio di Coco e della sua scorta, avvenuto il giorno prima. Improvvisamente cominciò a urlare ai giudici: «Ieri, 8 giugno, '76, nuclei armati delle Brigate rosse hanno giustiziato il boia di stato Francesco Coco, e i due mercenari che dovevano proteggerlo Il presidente Barbaro lo interruppe, nell'aula fu il caos. Carlo Casalegno firmò su La Stampa del giorno successivo un commento dal titolo : « Possono solo uccidere*. Sandra Bonsanti Torino. Prospero Gallinari in una foto del giugno 1976 scattala durante un processo per rapina e furto (Telefoto Ap)