Strehler: ricominciamo a capire Brecht

Strehler: ricominciamo a capire Brecht Il regista presenta le settimane brechtiane, ospite il Berliner Strehler: ricominciamo a capire Brecht Al Teatro Lirico il «Puntila» dal 27 settembre - Al Piccolo una mostra e recital con Milva (26 settembre) MILANO — Lungo le scale che dal foyer immettono alla platea del Piccolo, in via Rovello, un gruppo di tecnici monta con alacrità febbrile pannelli e diapositive della mostra del lavoro brechtiano di Giorgio Strehler. «Siamo partiti — mi spiega Giorgio Polacco, stretto collaboratore del regista — da alcuni allestimenti "prebrech-, tiani", Bertolazzi, Toller, certo Shakespeare. Poi documentiamo, una ad una. le undici messinscene brechtiane vere e proprie, dalla Linea di condotta con gli allievi del Piccolo, nel '55, diretta da uno Strehler trentaquattrenne, sino alla Santa Giovanna del '73. Nei corridoi intorno alla platea rievocheremo i due recitals brechtiani: nel sottopalco, nei camerini, il pubblico troverà documenti del lavoro di Strehler sull'attore». La mostra fa parte di un programma organico di manifestazioni che si articoleranno dal 26 settembre al 7 ottobre, in occasione dell'arrivo a Milano del Berliner Ensemble, la grande compagnia di Berlino Est fondata e diretta sino alla morte da Brecht stesso. Il Berliner presenterà agli spettatori milanesi per tre sere // signor Puntila e il suo servo Matti (27-29 settembre) e per altre tre (1-3 ottobre) Vita di Galileo Galilei: inoltre offrirà una Serara d'onore. protagonista Ekke Schall, primattore e genero di Brecht, e una mostra sul proprio lavoro, il tutto al teatro Lirico. Il Piccolo «ricambierà». nella sala di via Rovello, con un nuovo recital brechtiano di Milva e Strehler (26 settembre); una lettura critica dello stesso Strehler del «suo» Galileo, quello «mitico» dell'aprile '63 (pomeriggio dell'I ottobre); la mostra che abbiamo visto montare; un convegno di tre giorni su Brecht presiedut da Paolo Grassi; un ciclo di Brecht-Cinema, con dodici film di Brecht e su Brecht, al Teatro dell'Arte, e due registrazioni, alla Piccola Scala, di opere brechtiane, Mahagonny e Lucullo, coni¬ mentate da Lele d'Amico e Luigi Rognoni. Per accogliere gli ospiti, un complesso di centotrentacinque persone, Strehler è arrivato da Parigi, dove ha riallestito all'Odèon con gli attori della Comédie Prangaise la Trilogia goldoniana: «Abbiamo ripreso a teatro gremito. Ma lo sai che recitano meglio die a maggio! Faranno in tutto ottantadue recite, un record...-. Controlla, dalla platea, la scena, severa, del recital con Milva: « E' un classico impianto brechtiano. Tre pedane, un siparietto di tenda bianco, un pianoforte. Voglio recitare pagine nuove, soprattutto le ultime poesie. Per la mia "rilettura" del Galileo, stesso impianto. Il tavolo die c'era in scena allora, una lampada. E dietro qualche diapositiva dello spettacolo». Passano, sul fondale, le immagini delle celebri sequenze: Buazzelli, attori prematuramente scomparsi, come Alberici e De Toma, altri che lavorano ancora qui: «La messinscena leccata di Strehler, scrisse qualcuno. Leccata, capisci...», e sbuffa tra sarcasmo e nostalgia. Poi, nel suo minuscolo studio, mi spiega perché ha voluto queste settimane brechtiane: ^Intanto perché è doveroso che i milanesi conoscano in concreto il lavoro teatrale degli allievi e continuatori di Brecht, venuti in Italia poche volte, per lo più alla Biennale di Venezia. Ma c'è poi uva ragione di fondo, in base alla quale i due spettacoli loro, le nostre serate, il convegno, le due mostre parallele, le proiezioni si completano a vicenda. La ragione è che questa benedetta metodologia brechtiana, il cosiddetto teatro epico o dialettico o della ragione (tut¬ te formule che mi hanno sempre lasciato insoddisfatto) dobbiamo ricominciare a comprenderlo con l'occhio alla pratica teatrale, nel confronto diretto delle esperienze. Stai a sentire. Ci sono due grandi protagonisti del lavoro teatrale del Novecento, Stani- slavskij e Brecht (il terzo, la. bomba di profondità, è Pirandello, su cui bisognerà un giorno fare un grosso discorso). Stanislavskij, col suo naturalismo, o con quello che abbiamo creduto fosse il suo naturalismo, ha agito molto più capillarmente di Brecht: ha imbevuto la recitazione di ogni attore europeo, è arrivato addirittura negli Stati Uniti. all'Actor's Studio di Strasberg e Kazan. Brecht ha agito molto di meno. Non ha mai scritto, come l'altro, prontuari per l'attore. Isuoi scritti, per il loro stesso carattere di teorizzazione polemica, estrema, sono spesso criptici. Le sue scelte politiche lo hanno tenuto distante da molti registi. Purtroppo, molti altri, giovani soprattutto, hanno creduto di capirlo lo stesso e lo hanno invece applicato in base a schematismi esageratamente rigidi, infantilistici. Lo hanno, in fondo, brutalizzato in base ad una stilizzazione dogmatica. Credevano che Brecht fosse uno cosi...». Si alza e marcia rigido come il manichino di un soldato: «Ora, prima che dagli stilemi si passi alla sclerotizzasione, occorre riflettere di nuovo, con molta libertà, non sulle imposizioni brechtiane (perché Brecht non ha mai imposto nulla, al contrario amava la contraddizione e il paradosso), ma sugli stimoli che il suo lavoro, proprio sulle assi del palcoscenico, può continuare a dare». Guido Da vico Bonino li sorriso sornione di Brecht alla mostra sul lavoro di Giorgio Strehler (Foto Ciminaghi)

Luoghi citati: Berlino Est, Italia, Milano, Parigi, Stati Uniti, Venezia