Visita ai luoghi classici della tragedia nazista di Aldo Rizzo

Visita ai luoghi classici della tragedia nazista Visita ai luoghi classici della tragedia nazista Pertini a Berlino: «La dittatura è tenebra, la democrazia è luce» Un momento di commozione al Reichstag, dove lo attendeva Anna Maria Renger, vicepresidente del Bundestag - Consueta protesta formale sovietica per l'arrivo del Presidente nell'ex capitale - Berlino «esempio delle possibilità di distensione» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BERLINO — La giornata berlinese del viaggio in Germania di Sandro Pertini si è svolta lungo l'itinerario ormai classico dei luoghi della tragedia tedesca. Il memoriale di Plotzensee, dedicato alle «vittime della dittatura di Hitler dal 1933 al 1945-. Il vecchio «Oberkommando- della WeImnacht, nel cui cortile fu fucilato Von Stauffenberg, dopo la rivolta fallita del 20 luglio. Il Reichstag ricostruito ma vuoto, lambito dal muro. La porta di Brandeburgo e. subito dietro, il vuoto apparente di persone e di gesti col quale comincia l'Est. Plotzensee è un luogo incredibile. I nazisti vi impiccarono nel corso degli anni non meno di 2500 avversari politici. Dietro la facciata elevata a monumento, uno stanzone disadorno diviso da una tenda nera. Oltre la tenda, una serie di ganci da macelleria. Pertini ha sostato a lungo davanti alla facciata, hanno quasi dovuto portarlo via. All'interno il suo raccoglimento è stato reso più arduo dalla ressa audiovisiva di microfoni e cineprese. Al Reichstag lo aspettava la vicepresidente del Bundestag di Bonn, la socialdemocratica Anna Maria Renger, una sua vecchia amica. Era visibilmente commosso. Ha detto: «Lo so che il protocollo me lo impedirebbe. Ma in certi luoghi e di fronte a certi avvenimenti io me ne dimentico-. Ha ricordato Plotzensee: «Mi dicono che ogni anno più di 200 mila giovani tedeschi vanno a visitarlo. Questo è bene-. Sul Reichstag vuoto: «La dittatura è tenebra e silenzio, la democrazia è luce e ragionamento. Qui vi sono state discussioni democratiche per anni, prima del nazismo. Ora vi è silenzio. Comprendo la vostra amarezza-. Alla porta di Brandeburgo, guardando al di là del muro, verso la Unter Den Linden ora dominata dall'ambasciata sovietica, è rimasto muto. Gli hanno chiesto un parere, un'emozione esplicita. Ha risposto: «Potete immaginare il mio sentimento. Non ho altro da dire-. Non ha detto altro, a questo riguardo, neppure più tardi, nella risposta al brindisi ufficiale del borgomastro, nella colazione al palazzo di Charlottemburg. Le frasi sulla riunificazione di Berlino («Se Roma fosse divisa, mi batterei perché fosse riunificata-), dette nell'intervista alla Welt, non sono state ripetute. Per la visita di Pertini nella ex capitale, i sovietici hanno elevato la consueta protesta formale, non raccolta. Accade per ogni visita di un capo di Stato o di governo nei settori occidentali di Berlino. I russi protestano anche quando, per mantenere vivo un legame storico e politico, i gruppi parlamentari del Bundestag si riuniscono separatamente nell'ex Parlamento. Quando sono state tenute riunioni plenarie, hanno fatto di più, persino mandando squadri¬ glie di Mig a bassissima quo-' ta, per rendere impossibile ogni discussione. Per questo, riunioni plenarie non se ne tengono più da anni. Dietro tutto questo c'è lo status perennemente incerto e controverso del territorio berlinese, anche dopo i nuovi accordi quadripartiti del 1971. Secondo Bonn, Berlino è un Land della Repubblica Federale, gli accordi dicono che invece esso «non è parte costitutiva della Repubblica federale-. Alle elezioni tedesco-occidentali, i berlinesi eleggono i loro rappresentanti al Bundestag, che vengono conteggiati nei gruppi parlamentari, ma non hanno diritto di voto. Si sa che, dopo anni di confronto duro e sterile, e con l'avvento dei socialdemocratici al governo, si è deciso a Bonn di accantonare le grandi questioni, legate agli equilibri globali tra Oriente e Occidente, per cercare piccoli, graduali miglioramenti prati¬ ci. La riunificazione resta sullo sfondo, come un processo di lunga scadenza, legato ad avvenimenti imprevedibili, e comunque da favorire attraverso un sempre maggiore dialogo con Mosca e con tutto l'Est. Nella risposta al brindisi del borgomastro, le parole di Pertini sono apparse orientate in questa direzione: la situazione a Berlino è «L'esempio delle possibilità effettive che il processo di distensione offre a chi con animo aperto intende esplorarne le vie. L'accordo quadripartito del 1971 costituisce una tappa importante nel lungo e spesso arduo cammino della distensione...-. E tuttavia il tema della riunificazione, negli ultimissimi tempi, è sembrato riemergere dalle nebbie obbligate della diplomazia: non più, certo, in chiave revanscista, almeno fra i socialdemocratici e le altre correnti progressiste, ma proprio come possibile sbocco della Ostpolitik. Per questo le frasi del presidente italiano sulla Welt sono state cosi bene accolte. Ma sono insorte grosse questioni. Fino a che punto questo disegno è compatibile col processo d'integrazione europea occidentale? E sarà mai superabile la diffidenza dell'Urss? Sta di fatto, comunque, che nel governo socialista-liberale di Schmidt e Genscher è sempre maggiore la cautela nei confronti di Mosca, fors'anche contemporaneamente a un senso di attenuazione della fiducia nella protezione americana. Questo sembra essere emerso in qualche misura anche in questi colloqui italo-tedeschi. Ha raccontato Brandt che ai cinesi che gli contestavano, per via della Ostpolitik, di essere diventato filosovietico, rispose: «Non sono né filosovietico né antisovietico. Guardo la carta geografica-. Aldo Rizzo