Uomini tedeschi di Carlo Carena

Uomini tedeschi Una memorabile scelta di Benjamin Uomini tedeschi W. Benjamin: «Uomini tedeschi., ed. Adelphl, pag. 163, lire 2800. Fragili, fitte, su carta giallognola o azzurra, con inchiostro nero e scrittura inclinata, a svolazzi, la esse a saliscendi. E' facile immaginarle anche fisicamente queste ventisette lettere che Walter Benjamin pescò dall'immensa epistolografia germanica e pubblicò in Svizzera nel '36 col titolo di Uomini tedeschi: frutto di un'arte scomparsa insieme alla penna d'oca e alle comunicazioni vocali di accidenti quotidiani che non importa a nessuno conoscere (i fratelli Kant si scrivevano sobriamente a intervalli di anni). La forma stessa della lettera è ormai antiquata, scrive Adorno nella nota posta in calce al volume, e chi ancora la possedesse, «dispone di qualità arcaiche». Là, in meno di cinquecento parole vergate dentro stanze freddolose e buie, ci si raccontava o ci si confortava o ci si consigliava una vita. Le lettere ospitavano l'allusiva dichiarazione d'amore di Wilhelm Grimm a Jenny von DrosteHùlshoff o, come dice Benjamin, la comunicazione dei propri sentimenti intimi da parte del vecchio Goethe come s'egli fosse il cancelliere della propria vita interiore. Erano zeppe di cose come quella di Justus Liebig ad August von Platen — un chimico a un poeta —, o ormai vuote di tutto come quella del vecchissimo Mettermeli a un più giovane politico. Famosissima per la sua trafiggente potenza quella di Holderlin a Bòhlendorf, altre sono più modestamente terrene. Nessuno saprebbe trattenersi dal citarne per esteso qualcuna quando le avesse lette, o almeno delinearne un ciclo nel ciclo, una parabola nella parabola. Georg Bùchner, esule e giunto allo stremo delle risorse, scrive per una raccomandazione editoriale e chiede apertamente soccorso: «Terribile! Lei vede bene come possano darsi circostanze che impediscono a uno di fare del proprio corpo l'ancora di sicurezza da buttare in acqua dal relitto di questo mondo; e perciò non si meraviglierà se io spalanco la Sua porta, entro nella Sua stanza. Le pongo un manoscritto fra le braccia e chiedo un'elemosina... Se la meravigliasse il tono di questa lettera, pensi che mi riuscirebbe più facile andare mendicando avvolto in stracci che porgere una supplica vestito in frac». Da questa disperata eloquenza ove vibra l'esasperazione dell'autore di Danton, all'altrettanto nobile ma tagliente lettera di Friedrich Schlegel a Scleiermacher per chiudere un'amicizia guastata dalle polemiche; o, per rimanere in tema filosofico, a quella di Strauss sull'insegnamento e sulla morte di Hegel. E di qui si passerà, in un terreno diversissimo, alla maliziosa, geniale missiva di Seume nella più imbarazzante delle situazioni, una sfida alle comunicazioni, una lettera acrobatica, scritta al marito della propria ex fidanzata. «Le auguro — scrive l'irrequieto Seume — di aver fortuna. Ne ha bisogno. Sua moglie è buona, io l'ho osservata bene, e non sarei stato tale da sprecare il mio cuore per un'indegna. Che fra noi non sia accaduto nulla di colpevole, deve garantirglielo il mio carattere e il mio attuale modo di comportarmi: Ella deve perdonarle qualche errore, e non commetterne a sua volta». Cosa attrasse Benjamin nello scegliere e nel commentare questi documenti? Si doveva pure, negli anni più cupi dell'affermazione nazista in Germania, mettere in luce una tradizione del tutto diversa della civiltà tedesca, la «scoria» che non poteva in alcun modo entrare in quel grossolano e orrendo impasto, l'anticorpo, l'antidoto e la speranza. Si doveva ribadire «cosa fosse la libertà rivoluzionaria e come sia inscindibile dalla rinuncia», riadditare un umanesimo saldo, la pazienza raccolta di sudore e di pianto «che fa scorrere l'entusiasmo» come un fiume, opporre all'orgia l'antiretorica, alle pretenziose Weltanschauungen il frammento costruttivo. I caratteri individuali di questi cinquanta uomini e donne si stemperano in un continuo storico e sociale, in un tipo umano che ha tratto dalla cultura, dall'ambiente, da alcuni grandi ideali intimamente vissuti quest'altro ben. diverso eroismo: l'eroismo del. quotidiano, della legge della vita dominati, moralmente e poeticamente trasformati, sobriamente sostenuti e manifestati. Il modo come Lichtenberg, nella lettera posta da Benjamin in testa al volume, annuncia a un amico la morte della moglie, è, con gli eccessi dell'esemplarità, un emblema di uno stoicismo borghese, degno del precedente di Lessing, che in analoga circostanza scriveva a Eschenburg: «Mia moglie è morta; ho fatto anche questa esperienza. Sono contento che non mi sia più possibile fame molte altre simili, e provo un gran sollievo». Che siano l'illuminismo e l'idealismo a ispirare questo mondo anche benjaminiano, pieno dell'assente Hegel, è la sofferta contraddizione del curatore, la sua resa cavalleresca o la sua acutezza nel decifrare momenti e valori. Carlo Carena

Luoghi citati: Germania, Svizzera