La notizia ai delegati africani bloccati a Cuba dall'uragano di Frane Barbieri

La notizia ai delegati africani bloccati a Cuba dall'uragano Scompare con Neto uno dei grandi leader dell'Africa La notizia ai delegati africani bloccati a Cuba dall'uragano (Segue dalla 1 * pagina) protocolli, che Castro è riuscito a concedere. Subito dopo tutto il corpo di spedizione internazionale, un migliaio di diplomatici e giornalisti e una decina di statisti (fra i quali faceva spicco l'egiziano Butros Gali, che avrebbe dato qualsiasi cosa per abbandonare la capitale dove ha sofferto gli affronti più gravi), è rimasto catturato dalle acque, dal vento e dall'improvviso afflosciarsi della grande macchina organizzativa messa su con tanti mezzi e impiego di migliaia di uomini per far funzionare la conferenza. Di colpo sono spariti tutti. L'imponente Palazzo delle convenzioni, costruito per l'occasione, è rimasto deserto, ormai non funzionante. Negli alberghi è cambiato anche il personale: facce nuove, probabilmente quelle che ci stanno sempre, al di fuori delle grandi occasioni politiche. Sono scomparsi, dietro le porte chiuse, anche i fornitissimi ristoranti, gremiti nei giorni scorsi dai visitatori di tutti i colori politici e umani. Sono spariti i vini francesi, il caviale russo, ma è sparito pure il pesce cubano. Gli approvvigionamenti straordinari erano ovviamente pianificati per i giorni della conferenza. Già l'ultimo giorno si notavano i primi segni della penuria. Poi, con il rinvio delle partenze a causa del ciclone non calcolato dalla macchina organizzativa, le risorse straordinarie si sono trovate esaurite. Si è passati al normale approvvigionamento cubano, scoprendo la carenza non di tutto, ma quasi di tutto. Non è mancato soltanto il classico «Rhòne». Cosi nei pochi bar rimasti' aperti e nei foyer si è venuta a creare l'atmosfera delle novelle di Somerseth Maugham. Gente stanca e incattivita, imprigionata negli alberghi dall'umido e caldo ciclone, che rovescia nell'attesa della schiarita che sembra non arrivare mai sugli interlocutori cose, fatti e giudizi che senza lo stimolo cattivo del ciclone non avrebbero pronunciato mai. Pezzo per pezzo è emersa in queste conversazioni anche l'immagine completa della riunione, potremmo chiamarla preciclonica, in quanto le sue tensioni annunciavano l'uragano, la riunione che, protraendosi per tredici ore ininterrotte, avev^fatto slittare la solenne chiusura. Mentre la stampa appostata negli angoli e corridoi aspettava non riuscendo a capire cosa stava succedendo nell'assemblea e perché nessuno dei delegati non lasciava la sala neanche per un momento, là dentro si verificavano i conflitti più violenti di questa per niente bucolica conferenza. La questione egiziana aveva surriscaldato l'atmosfera. Veniva rimproverato a/Castro dì averla messa all'ordine del giorno nel momento estremo. Si insinuava che l'avesse fatto per imporre una decisione precipitosa e forzata. Sì parlava del metodo del «grande martello», riferendosi al modo in cui, battendo appunto il martello sul tavolo della presidenza, Malmierca aveva dichiarato il giorno prima, alia riunione dei ministri degli Esteri, come accettata una soluzione da lui proposta, ma non condivisa dalla maggioranza. In un'atmosfera incandescente Castro si è sentito dire aggettivi che sa usare nei confronti degli altri, ma che mai sente pronunciare sul proprio conto. «Usa dei metodi fascisti, vuole trasformarci in un gregge docile». Nell'aula' poi alcuni delegati africàni quasi venivano alle mani avendo intrecciato nel frattempo una discussione su Bokassa. Il numero due cubano, Rafael Rodriguez, era salito alla tribuna per difendere con gli stessi termini il suo capo. Ha negato il diritto ai critici di denigrare un personaggio «intoccabile» a cui non sarebbero degni di rivolgere la parola. Poi Kaunda si è detto sorpreso che Senghor, il presidente del Senegal, abbia potuto mandare un energumeno a rappresentarlo. A trovare un'uscita, a sgonfiare l'atmosfera incandescente è stato lo stesso Fidel. Con sorpresa di tutti ha biasimato il suo vice di aver usato parole non degne di una cosi alta e qualificata assemblea. Ha chiesto addirittura scusa al ministro senegalese in nome di Rafael Rodriguez. In risposta Ture ha chiesto scusa a Castro in nome del senegalese. Castro appariva visibilmente scosso. Chiusa la tempestosa seduta, si è ritirato a meditare. Il risultato di questa meditazione stato il mite discorso di chiusura e l'abbraccio di Tito. I cubani assicurano dì essere rimasti anche loro colti di sorpresa, che il discorso doveva, secondo le previsioni, essere un'altro saggio dell'oratoria rivoluzionaria. Castro avrebbe, durante la conferenza, scoperto un Terzo Mondo diverso da quello che conosceva. Lo afferma addirittura Rafael Rodriguez. Un cambiamento tutto da verificare sul piano politico e psicologico, in quanto nel caso di Castro dovrebbe cambiare l'uomo intero, non soltanto un suo concetto contingente. Ad ogni modo notiamo nel «Granma» che ci è rimasta come l'unica lettura per uccidere la noia del ciclone, che l'organo cubano ha cambiato molto di tono: riporta anche qualche linea di opinioni altrui e presenta i risultati della cumbre in modo piuttosto equanime, almeno in comparazione con quanto aveva scritto nei giorni precedenti. L'arrivo del ciclone ha fatto stranamente smorzare la furia del ciclone oratorio, che incalzava sul vertice nei giorni passati. Frane Barbieri

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