Gli sciiti di Silvana Mazzocchi

Gli sciiti Gli sciiti (Segue dalla l'pagina) tura, con diplomazia, prudenza e calma. Qualità che anche se non da sole, sono forse valse a restituire la libertà a tutti gli ostaggi e all'equipaggio. I tre dirottatori sono scesi a Teheran ieri mattina alle 8 e 15 minuti. Erano stati loro ad indicare, verso le otto di venerdì sera, la capitale irania-na come mèta alla quale volevano essere portati dopo che Cuba aveva creato qualche difficoltà a concedere loro asilo. A quell'ora i tre sciiti avevano già liberato 141 persone e ne avevano tenute a bordo 32 come ostaggi. C'era stata anche tensione. Al mo- mento nessuno sapeva bene spiegare perché i dirottatori avessero scelto Teheran, né si poteva immaginare se dall'Iran avrebbero risposto si alle richieste degli sciiti. Dei resto solo allora i giovani terroristi avevano rivelato di appartenere alla comunità musulmana, di essere libanesi e di aver compiuto l'azione per denunciare la sparizione dell'Imam Moussa Sadr, scomparso misteriosamente il 31 agosto dello scorso anno dopo essersi forse imbarcato da Tripoli per Roma. Gli sciiti non avevano fatto mistero di ritenere Gheddafi il diretto responsabile dell'oscura vicenda di Moussa Sadr. Quando i dirottatori hanno comunicato la loro volontà di recarsi a Teheran e le loro condizioni, dalla torre di controllo l'addetto del ministero de,gli Esteri Francesco Caruso aveva girato 11 messaggio al ministro Malfatti. Subito il segretario generale della Farnesina aveva tentato di entrare in contatto con Mario Bondioli, l'incaricato d'affari alla nostra ambasciata a Teheran. Bondioli era in casa, stava dormendo; nella capitale Iraniana (vi sono quattro ore di differenza con Roma) era già notte fonda. Tuttavia il diplomatico riusciva ad informare un addetto del ministero degli Esteri e, nonostante il caos burocratico che da un po' di tempo regna a Teheran, poco dopo questi comunicava la risposta affermativa del governo di Khomeini. GU sciiti sarebbero stati accolti nel Paese. Una sola condizione poneva il governo iraniano: i libanesi, al momento dell'atterraggio, avrebbero dovuto provare di essere in qualche modo intimi dell'Imam Moussa Sadr a nome del quale avevano detto di aver agito e cioè fornire un qualche particolare a sostegno della loro affermazione di fede. Adesso, a distanza di qualche ora, è possibile interpretare almeno in parte due aspetti di questa vicenda: perché i dirottatori hanno scelto come asilo Teheran e perché l'Iran ha accettato di concederlo. Gli sciiti in Iran sono numerosi (la comunità nasce proprio in questo Paese) e la loro presenza è folta almeno quanto in Iraq e nel Libano. L'ayatollah Khomeini non è insensibile alla loro fede e la stessa rivoluzione iraniana sembra abbia delle componenti parallele alle caratteristiche di questa comunità musulmana. Khomeini comunque sarebbe anche in qualche modo personalmente legato allo scomparse Imam Moussa Sadr — libanese ma di origine iraniana — il cui padre sarebbe stato maestro dell'ayatollah. Del resto, si dice che nel gennaio scorso, a Gheddaffi che aveva chiesto di poter visitare l'Iran, il Paese della grande rivoluzione islamica, Khomeini avrebbe polemicamente risposto: « Va bene, ma a patto che venga con Moussa Sadr». Sono schegge, piccoli filtri per leggere le ragioni del tre dirottatori che venerdì, portando avanti motivi di fede oscuri agli occidentali, avevano tenuto in scacco per tutto il giorno e gran parte della notte da un lato il nostro governo e dall'altro il comandante dell'aereo Aldo Onorati e l'intero equipaggio. Ormai i brutti ricordi sono sbiaditi. Ci si rammenta appena della tensione di venerdì sera, quando in un momento di stallo, gli «incursori» fatti arrivare su pista come tiratori scelti, avevano circondato l'aereo sebbene da grande distanza o quando, alle due di notte, al Viminale, si era riunito il Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza presieduto dal presidente del Consiglio Cossiga. Ora ci si vuole ricordare soltanto degli aspetti più lieti: si riconosce quello decisivo rappresentato dall'arrivo a Fiumicino, venerdì sera, dell'ambasciatore della Lega Araba a Roma, Mohamed Sharmaz, un libanese di religione sciita che si era rivolto via radio ai dirottatori. E vengono ringraziati dai colleghi i comandanti Fiorini e Silenzi e un tecnico dell'Amalia che spontaneamente erano saliti a bordo poco prima che il DC 8 partisse per Teheran con altre sette persone dell'equipaggio e i dirottatori alle 3,45 di venerdì notte. I due piloti e il tecnico hanno dato il cambio, durante il volo verso l'Iran, all'equipaggio provato da dodici ore di trattative. Silvana Mazzocchi