Lumet: tutte le rivoluzioni in America sono state scatenate dalla televisione

Lumet: tutte le rivoluzioni in America sono state scatenate dalla televisione Incontro a New York con il regista di «Quinto potere» Lumet: tutte le rivoluzioni in America sono state scatenate dalla televisione NEW YORK — «La televisione cambierà l'America, la rovescerà dalla testa ai piedi. Ha già mutato radicalmente le nostre abitudini, il nostro modo di pensare e di vedere il mondo, la nostra percezione degli altri. Ma è niente in confronto a ciò che può ancora fare: qualsiasi rivolusione in questo Paese, sociale, polìtica o economica, non può che passare attraverso la televisione, essere scatenata dalla televisione». Proprio come avveniva nel film ..Quinto Potere»: e. infatti, chi parla è il suo ideatore e regista. Sidney Lumet. oggi uno degli uomini di cinema più conosciuti d'America, ma legato a filo doppio alla tv con un tipico rapporto di amore-odio: perché in tv, quella eroica degli Anni Cinquanta, si è ..fatto le ossa» e ad essa ha continuato perciò a guardare come al «mostro» nato dalle sue stesse mani. Non tutti, ovviamente, la pensano come lui, sul futuro dell'America e della televisione. Ma Lumet è. strutturalmente, un uomo cui piace navigare contro corrente. Ebreo della Costa dell'Est, portavoce dello snobismo newyorchese secondo cui la California è un Bengodi fuori dal mondo, ha caparbiamente rovesciato tutti gli stereotipi del regista americano: niente Hollywood per lavorare, niente Beverly Hills per abitare, niente Santa Monica per nuotare, niente Roll-Royce per viaggiare. Lui vive in un appartamento di un grattacielo di Manhattan, ha il suo ufficio nella centralissima Rockefeller Plaza. viaggia in taxi, e gira tutti i suoi film nella stessa New York, nei gloriosi ma vetusti Astoria Studios: con ri¬ sultati peraltro non malvagi, se si pensa al successo di pellicole come "Serpico». «Assassinio sull'Orient Express», «Quel pomeriggio di un giorno da cani», «Equus» e lo stesso «Quinto potere». L'anticonformismo non risparmia nemmeno il suo aspetto esteriore: cinquantenne, porta blue-jeans e camiciotto stinto, scarpe da tennis e calze a righe (ma ormai è quasi una «divisa» d'obbligo). E, anche se nel suo studio ci si entra appena, lui «deve» concederci l'intervista stando mezzo sdraiato sulla poltrona e con i piedi sul tavolo: altrimenti, all'intervistatore può venire il sospetto che lui sia uno dell'establishment. Ma nel suo giudizio sulla televisione non c'è solo anticonformismo, o desiderio di sferzare i costumi della società americana. La realtà dei dati gli viene in aiuto: «Circa il 60 per cento della popolazione degli Stati Uniti — dice Lumet — appartiene ali 'era della televisione, nel senso che è nata dopo il 1945, quando cioè la tv era già stata introdotta in questo Paese. Nel 97per cento delle case c'è almeno un televisore, e nel 40 per cento ce ne sono due. Stanno accesi una media di sei ore al giorno: circa un terzo degli adulti vi sta "attaccato" per almeno quattro, e i bambini trascorrono molto più tempo davanti al teleschermo (circa una quarantina di ore alla settimana) che in classe a studiare». Tutto questo — sostiene il regista — non può avvenire senza che si registrino effetti straordinari, non può «passare sopra» la società americana senza scuoterla dalle fondamenta. Anche perché la tele- visione modifica profondamente — anzi ha già modificato — il modo di essere e di pensare degli individui: -La logica, la consequenzialità ferrea della civiltà della scrittura lascia il posto al caos della civiltà delle immagini». E il modo stesso in cui la gente si avvicina alla tv favorisce lo scatenarsi delle sue potenzialità: «Dieci anni di ricerche hanno confermato che il telespettatore medio cade parzialmente, dopo pochi secondi 0 minuti, in quello che gli scienziati chiamano "stato alfa", ossia una condizione mentale di rilassatezza passiva, qualcosa di simile a ciò che avviene quando uno si mette a sognare ad occhi aperti davanti al caminetto. E' la condizione ideale per far arrivare 1 "messaggi"a destinazione». E' forse proprio questa, anche se Lumet non lo dice espressamente, l'origine ideologica del suo «Quinto potere», di quella surreale (o ìperreale?) rivoluzione di americani frustrati che seguono a occhi chiusi un presentatore televisivo (Peter Finch) improvvisatosi leader politico-sociale. E può essere pure questa la spiegazione del dilagare della violenza nella società: «Gli studiosi —dice Lumet — non si sono ancora messi d'accordo se lo spettacolo violento istighi alla violenza o liberi dagli istinti di violenza. Ma intanto la televisione trasmette violenza a adulti e bambini: per assistere a 54 uccisioni ci vogliono tutte le tragedie di Shakespeare, ma bastano due sere (e talvolta una sola) di televisione americana». E' allora? Allora, vorrebbe forse dire Lumet. non resta che stare alla finestra e aspettare il giorno in cui succederà quello che lui ha descritto nel suo film, in cui da un punto qualunque di Manhattan si sentirà il primo urlo: «Io sono incazzato nero Carlo Sartori Il regista Sidney Lumet nel suo studio a Manhattan