Schild cerca i 20 miliardi per liberare moglie e figlia di Renato Rizzo

Schild cerca i 20 miliardi per liberare moglie e figlia E' partito per Londra ieri dall'aeroporto di Olbia Schild cerca i 20 miliardi per liberare moglie e figlia L'inglese, che è apparso in uno stato di profonda prostrazione, ha detto: «Cercherò di racimolare quanto potrò per ottenere la liberazione dei miei cari» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE OLBIA — Cammina barcollando, lo sguardo perduto. Sul volto e sulle mani segni di percosse. Ma per Rolph Schild, l'imprenditore inglese liberato l'altra mattina dopo 16 giorni di prigionia sulle montagne, l'incubo non è finito: i banditi hanno ancora nelle loro carceri tra le rocce e i boschi sua moglie e sua figlia. Il prezzo chiesto per la loro vita è più feroce delle stesse sevizie perché sembra inaccessibile ed ha. quasi, il sapore di una condanna già decisa: venti miliardi. Ieri alle 14,10 questo uomo che, pur libero, è in realtà ancora in ostaggio dei suoi sequestratori, padroni di due vite care e in pericolo, è partito per l'Inghilterra: «Parto — ha detto all'aeroporto di OlbiaCosta Smeralda ad un centinaio di giornalisti inglesi ed italiani che lo cingevano d'assedio — per racimolare quanto potrò al fine di ottenere la liberazione dei miei cari. Ciò vuol dire che dovrò vendere tutti i beni della mia famiglia per trasformarli in contanti». Una dichiarazione letta a bassa voce, in inglese, e durante la quale Rolph ha dovuto più volte interrompersi per ricacciare in gola il pianto. «Sono molto preoccupato per mia moglie e mìa figlia — ha aggiunto — non soltanto per la loro incolumità fisica ma anche per i disagi cui debbono sottostare nella loro presente situazione. La prigionia è profondamente estenuante nelle migliori condizioni: è infinitamente peggiore quando non si possono soddisfare le più elementari necessità». Frasi pacate, quasi di maniera. Ma, forse appunto per questo, più drammatiche di qualsiasi appello. Schild sembrava quasi voler gridare, mentre leggeva e stringeva con le mani tremanti il foglio: in questi pochi secondi anche la sua espressione di uomo umiliato e mortalmente stanco s'è cambiata in una smorfia di rabbia: quella di chi sa di non poter probabilmente affrontare una situazione spaventosa. «Qui si parla di miliardi — aveva detto l'altra sera l'avv. Gianfranco Cualcu, che, in questi giorni d'incubo è per l'imprenditore inglese amico e legale — ma la realtà è ben diversa: non si sa neppure come mettere insieme i milioni». Mancavano pochi minuti alle 14 quando Rolph Schild. scortato da carabinieri ed agenti, ha lasciato la hall dell'aeroporto: un abbraccio ai figli Julien e David, che rimarranno in Sardegna, e s'è avviato verso l'aereo charter della British Caledonian. che doveva portarlo in patria. Ha salito piano la scaletta, non s'è neppure voltato prima di scomparire nell'interno del DC9. Che cosa troverà a Londra? Il giallo di questo rapimento ha ancora molti dei suoi misteri. Schild è presidente di una società di elettronica, la Huntleigh Investement: una ditta che produce apparec chiature elettroniche sofisti cate e spazia in vari campi, dalla medicina (laser per ope razioni di alta chirurgia) alla missilistica. Secondo il giornale inglese Guardian, la sua situazione economica non sarebbe troppo florida e. a questo proposito, si spolvera una vecchia storia: un intricato imbroglio in cui, in buonafe de, l'imprenditore sarebbe ri masto implicato nel '73 con un certo Gerald Caplan. allora presidente di una banca, rifugiatosi poi in America, accu sato di furti e truffe e. attualmente, in libertà dietro cauzione. Probabilmente il viaggio che Schild ha voluto compiere ieri in Inghilterra ha. oltre al dichiarato motivo di «racimo lare quanto potrò», anche un secondo fine: vigilare sull'at tuale situazione della Huntleigh Investement. La società ha visto infatti calare nei giorni in cui il suo presidente era prigioniero, le sue azioni di 11 pence, (da 77 a 66) e toc cato una perdita netta di un milione di sterline. Schild, dal momento del rilascio a ieri, non ha voluto parlare né di questi né di altri problemi: chiuso nella sua grande villa color creta sulla spiaggia di Porto Rafael, ha trascorso con i figli le ore di una libertà piena d'angoscia. Forse nella sua mente le immagini di questa esperienza vissuta con aguzzini spietati e violenti avranno rievocato ricordi lontani: la morte avvenuta a Dachau di un uomo e una donna, uccisi dalle SS durante l'ultima guerra: suo padre e sua madre. Il ragazzino di quegli anni è, oggi, prigioniero di un'altra immensa paura. A chi ieri gli ha domandato se nutre ancora fiducia in Dio e negli uomini, ha risposto di si, ma ha aggiunto che non credeva possibili certe atrocità da Holocaust. Ora è partito e polizia e carabinieri proseguono le battute che, l'altro pomeriggio, avevano cominciato sorvolando su un elicottero insieme all'ostaggio appena liberato, le montagne del Goceano ai confini con la Barbagia. Centinaia di uomini, coordinati dai colonnelli Mucci e Scalzo e dal capitano Piroddi, frugano macchie e caverne, istituiscono posti di blocco, identificano persone sospette. Ma, sinora, dei banditi che la notte del 20 agosto sequestrarono l'industriale, la moglie e la figlia, sembra non si sia trovata traccia. La zona dove l'uomo è stato rilasciato è selvaggia, paesaggio di rocce granitiche e boschi. Forse in questo intrico di piante e di arbusti è la prigione di Dafne e Annabelle Schild. forse i banditi le hanno già portate più lontano. Renato Rizzo

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