Sfoghi sul cinema tra i «naufraghi» di Lietta Tornabuoni
Sfoghi sul cinema tra i «naufraghi» Sfoghi sul cinema tra i «naufraghi» VENEZIA — Dice Adriano Apra: «Andare al cinema rischia di non essere più una cosa normale ; il cinema corre oggi il pericolo di sopravvivere soltanto se viene sovvenzionato, come il teatro lirico». Dice Patrizia Pistagnesi: «Un pubblico che chiede cinema c'è ancora, però non ha collegamenti con la critica né con la produzione». Dice Enrico Magrelli: «Gli spettatori sono diminuiti meno di quanto si crede, ma si trovano di fronte soltanto due possibilità: il cinema-fiera, luogo dove si va come in piazza, allo stadio o al circo per stare insieme e fare chiasso; il cinema-galleria d'arte, luogo di cultura, contemplazione, studio. Naturale che, tra le due, la mostra di Venezia dovrebbe forse puntare ad essere una galleria d'arte». Pessimisti, Apra, Pistagnesi e Magrelli sono tra gli organizsatoti del convegno 'Gli Anni Ottanta del cinema», che per tre giorni, con interventi di teorici d'alta qualità e di autori di fama internazionale, ha rappresentato la parte di analisi e di riflessione critica della mostra. Allora cos'è stato questo convegno, una sorta di zattera della Medusa per i naufraghi del cinema che tentano con le parole di sopravvivere nel mare in tempesta della crisi? E' stato una registrazione di crisi, e non soltanto del cinema. Anche delle teorie: se il cinema si dissolve nei mezzi di comunicazione più forti, pure la semiotica e la psicoanalisi che ^parevano strumenti in grado di analizzarlo non ser- vono più. Anche degli spettatori: al tradizionale pubblicospettatore si è sostituito un pubblico-consumatore onnivoro, impreparato, passivo, tendente all'autospettacolo, e la gran gente che affolla le manifestazioni dove si proiettano film ma che diserta i soliti cinema non è affatto un buon segno. Anche dello schermo c'è crisi: quando tutto intorno a noi è uno schermo dell'esibizione degli spettacoli più diversi, non sarà illusione continuare a credere nella necessità dello schermo cinematografico? Riunione più spettacolare che di ricerca approfondita (è anche capitato che sedessero insieme alla presidenza Bogdanovich, Losey, Bertolucci, Paul Vecchiali, John Rouch), il convegno ha magari voluto mettere troppa carne al fuoco, e non ha ricomposto la diversità tra coloro che il cinema lo fanno e coloro che lo studiano, tra autori, attori o produttori ecritici, teorici e studiosi. Come sempre, i registi hanno illustrato con entusiasmo e narcisismo il proprio lavoro, fatto o da fare. Come sempre, i produttori hanno illustrato proposte concrete di soluzione della crisi del cinema, esposte magari in decine di pagine dattiloscrìtte, ma sostanzialmente orientate sui soliti punti: collegamenti con la tivù, finanziamenti da parte dello Stato, ricette della logica assistenziale. Come sempre, i teorici hanno dibattuto idee. Alcuni sostenendo che le tecnologie avanzate rappresentano la morte del cinema così come lo conosciamo; altri sostenendo invece il costante valore del cinema, e una tendenza del pubblico a riavvicinarvisi; altri ancora teorizzando il cinema come strumento di sperimentazione e ricerca culturale da una parte, e dall'altra il cinema come strumento di massa, usabile da chiunque quanto la fotografia. Tutto interessante, purché il cinema degli Anni Ottanta non somigli in Italia a quello degli Anni Settanta, che ha vi sto diminuire ancora gli spet tatori: da 513 milioni a 317 milioni. Lietta Tornabuoni
Persone citate: Adriano Apra, Bertolucci, Bogdanovich, Enrico Magrelli, John Rouch, Losey, Magrelli, Patrizia Pistagnesi, Paul Vecchiali, Pistagnesi
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