Nell'ultima notte a Officina il rimpianto del Sessantotto

Nell'ultima notte a Officina il rimpianto del Sessantotto Nell'ultima notte a Officina il rimpianto del Sessantotto VENEZIA — L'ultima notte del palazzo del cinema è, per esempio, Eddie Constantine che per fare esercizio marcia su e giù come un carcerato in cella. Oppure un film cinese girato quindici anni fa. Oppure Patti Smith, che delude il pubblico niente affatto numeroso del suo spettacolo di mezzanotte cantando pochissimo, recitando quasi niente poesia, suonando ogni tanto un incantevole strumento a fiato, bevendo tè, tormentandosi la maglia rossa a righe nere lunga e larga quanto un paltoncino: e parlando, parlando, parlando senza fine, senza darsi pensiero del fatto che gli spettatori non capiscono l'inglese. Ultimo nella «officina veneziana», / giorni cantati, film di Paolo Pietrangeli, già regista di Porci con le ali, ha un titolo tutto allusioni: si allude al ti- tolo d'un vecchio film di Petri, / giorni contati, e si allude dunque alla morte che ne era il tema, e si allude infine al mestiere di cantautore di Pietrangeli e dei suoi amici Guccini. Della Mea. Giovanna Marini, che sono tra gli interpreti insieme con Anna Nogara e Mariangela Melato. Alle parole delle loro canzoni è affidato il rimpianto del Sessantotto, il vuoto d'un presente inaccettabile. Iniziato da un tentativo di suicidio del protagonista recitato dallo stesso Pietrangeli, il film finisce con l'assassinio dei tre adolescenti con cui il protagonista ha tentato invano di stabilire un rapporto: sentimento del racconto è la difficoltà dei trent'anni, di f vivere in mezzo» tra i più vecchi e i più giovani ; e il dolore del non riuscire a parlare a ragazzi che sembrano aver perduto per diffidenza l'uso della parola, del logorarsi di affetti amicizie e lavoro, del sospetto d'inutilità. Il film magari non è bello, ma commovente per sincerità, e per voglia" e coraggio di un'autobiografia generazionale indifesa, sentita. 1.1.

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