Forma risposta dì Tito a Castro «Non siamo riserve di nessuno»
Forma risposta dì Tito a Castro «Non siamo riserve di nessuno» Si precisano le posizioni al vertice dei non allineati Forma risposta dì Tito a Castro «Non siamo riserve di nessuno» Mentre Fidel aveva espresso appoggio all'intervento vietnamita in Cambogia, l'anziano leader respinge «ogni imposizione militare ai popoli» - Isolato il rappresentante di Sadat, che aveva messo in dubbio l'imparzialità di Castro DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE L'AVANA — Dopo quella di Castro, ieri c'è stata la giornata di Tito. Al vertice dei Paesi non allineati è spettato all'unico vivente dei padri fondatori aprire il dibattito. Spunti polemici nel suo discorso non ce ne sono stati, anche se l'intervento di Castro non fu altro che una sfida polemica. Tuttavia il confronto stava nella differenza dei toni, nella divergenza sostanziale dei concetti e della visione storica del non allineamento. «Sin dall'inizio ci stiamo dichiarando contro la politica dei blocchi e la dominazione straniera, contro tutte le forme di egemonia politica ed economica. Mai abbiamo accettato di essere la transizione o riserva di nessuno, in quanto ciò sarebbe incompatibile con la sostanza della politica del non allineamento-. Con questa frase Tito ha fissato la discriminante fra due modi di intendere ed agire da non allineati. E' la sua risposta alla ormai determinante domanda: hanno i non allineati fra i due grandi blocchi e le due superpotenze un «alleato naturale-? Castro aveva dato una risposta positiva anche se questa volta ha preferito rovesciare i termini non parlando dell'alleato naturale, per indicarlo (come faceva finora) nell'Urss, ma indicando invece negli Stati Uniti il «nemico naturale». Piuttosto che sulla polemica contingente Tito ha voluto impostare il suo intervento su una testimonianza storica della continuità del movimiento. espressa nella sua costante, anche se travagliata, crescita: come numero e come influenza internazionale. In questo quadro ha voluto mettere in guardia contro il pericolo che il movimiento si stacchi dalla sua matrice, deviando su altre linee: «Il nostro interesse, il nostro obiettivo strategico in questo momento consiste nel proseguire nell'affermazione dei principi genuini della politica di non allineamento e nel cconsolidare la nostra unità. Queste sono le pietre miliari per la nostra marcia verso il futuro-. Nelle frasi finali l'anziano capo carismatico ha introdotto un commovente tocco personale. Suonava come uun testamento: «E' stato per l'osservanza verso questi principi che mi sono deciso ad intraprendere questo lontano e per me difficile viaggio. Sono stato motivato anche dalla responsabilità che ho come uno dei fondatori del movimiento-. Di conseguenza si è dichiarato preoccupato per i conflitti che si producono fra gli stessi Paesi non allineati, invitando a creare un meccanismo di mediazione per evitarli: «Non c'è niente di più naturale per i nostri membri che rispettare e applicare nei rapporti reciproci principi e criteri per i quali lottiamo sul piano internazionale. Non dobbiamo perdere di vista che oggni conflitto fra i non allineati apre le porte alle ingerenze estranee-. Cosi è successo anche nel Sud-Est asiatico, dove Tito, a differenza di Castro, che aveva espresso pieno appoggio all'intervento vietnamita, ha respinto «l'imposizione ai popoli della volontà estranea, tramite l'intervento militare, essendo questo in flagrante contraddizione con lapolitica dei non allineati». Il discorso-testamento di Tito ha cercato di arginare la tendenza di Castro di trasformare la visione cubana del mondo in «principi nuovi» del non allineamento. I cubani giudicano che sia maturato il momento per dare un'impronta rivoluzionaria al movimento, mentre Tito ha sostenuto che la politica di non allineamento si sia conferma ta già «come più progressista nel quadro mondiale-. I concetti si scontrano, ma nel cor so della conferenza corrono in un certo senso parallelamente. Paradossalmente sembrano accolte sia una che l'altra. Quella di Castro suscita le emozioni, facendo leva sulle componenti irrazionali dei paesi frustrati dalla lunga emarginazione. Quelle di Tito si basano su una visione politica razionale. Ambedue scaturiscono dallo stesso ambiente e dalle travagliate esperienze del terzo mondo. Perciò è difficile stabilire quale delle due stia per prevalere nell'assise. Il non allineamento genuino raccoglie la maggioranza nelle commissioni che fissano i principi. Il non allineamento unilateralmente radicalizzato incide più sull'atmosfera dell'assemblea. Potrebbero anche coesistere come due emanazioni dello stesso fenomeno del mondo emergente se non si fosse posta l'incognita sul come Cuba userà la funzione del presidente-coordinatore. Con il suo discorso Castro aveva offerto poche rassicurazioni in proposito. Dice un delegato indiano: «C'era d'aspettarsi che il futuro coordinatore uscisse con un aproccio che possa servire da base alle convergenze. Invece, egli ci ha proposto il confronto-. A sua volta, anche Castro ha avuto le sue ragioni per farlo in questo modo. Il suo ruolo guida poteva emergere soltanto lanciando un'alternativa estremista, non soltanto perché Cuba sia emersa e si sia salvata seguendo questa via. ma anche perché le tendenze radicaleggiami nel terzo mondo stanno montando. Castro ha colto il momento per elevare Cuba a loro simbolo. Giocano a suo favore i capoFrane Barbieri (Continua a pagina 2 in quinta colonna)
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