Profughi filippini (musulmani) accolti dalla Malaysia che respinge migliaia di vietnamiti (d'origine cinese)

Profughi filippini (musulmani) accolti dalla Malaysia che respinge migliaia di vietnamiti (d'origine cinese) Profughi filippini (musulmani) accolti dalla Malaysia che respinge migliaia di vietnamiti (d'origine cinese) NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE LABUAN — Tutti hanno sentito parlare delle migliaia di boat people vietnamiti; pochi, invece, sanno dell'esistenza di profughi filippini nel Sabah, in Malaysia orientale. Eppure, secondo il primo ministro aggiunto del Sabah, James Ongkiki, sono circa 150 mila, secondo dati ufficiali del '77 sono 72 mila, secondo uno studio europeo sono 90 mila. Musulmani, sono fuggiti dal Sud delle Filippine dopo l'inizio della guerra civile e la repressione scatenata da Manila nel 1972. Sulle loro veloci barche, questi contadini-pescatori, pirati e contrabbandieri a tempo perso, hanno portato la loro famiglia e i loro pochi beni a Sabah, distante un tiro di schioppo. Molti hanno raggiunto parenti o amici, fratelli di razza Tausug o Bajau. Altri sono partiti per motivi economici, pensando che la vita fosse più facile in Malaysia. Al contrario dei boat People, all'inizio sono stati accolti a braccia aperte. Il primo ministro allora in carica, il Tun Dato Mustafa, anch'egli originario del Sud delle Filippine, aveva adottato una politica d'islamizzazione forzata, e questo apporto di musulmani gli permetteva di avere nel Sabah una maggioranza di fedeli del profeta, che sono attualmente soltanto il 40 per ce.ito. Il Tun Mustafa accarezzava anche il sogno di un nuovo sultanato, e si vedeva già regnare sul Sabah e il Aforo (il Sud delle Filippine). Preoccupata da questo rischio di secessione. Kuala Lumpur fece nascere un partito d'opposizione, il Berjaya. che vinse le elezioni del 1976. I «Filippini» o Aforo si sono stabiliti in molte regioni, soprattutto sulla costa orientale e nella zona di Kota Kinabalu e del Labuan. Nella regione di Semporna, sono più numerosi della popolazione locale. Quelli di Kota-Kinabalu, che vivevano in baracche vicino al porto, sono stati trasferiti in un campo a Penampang, con l'aiuto dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i profughi, che ha costruito anche un villaggio a Labuan per i Aforo e li aiuta a reinserirsi. La politica del governo è di dare progressivamente ai rifugiati lo statuto di residenti, poi la nazionalità malesiana. Kompong-Muslim (il villaggio dei musulmani) ospita circa 50 famiglie, in maggior parte pescatori. Questo campo e quello di Penampang sono costati all'Alto commissariato 350 milioni di lire. Sono fuggiti «per restare vivi», terrorizzati dalla brutalità dell'esercito filippino. La guerra che dilania il Sud del Paese da 7 anni, e che ha già fatto da 50 a 100 mila morti, sembra voler continuare. I profughi si lamentano di non poter mandare i figli a scuola: è un problema linguistico, poiché l'insegnamento si svolge in malese, lingua che conoscono poco, ma anche burocratico, poiché per iscriversi a scuola occorre un atto di nascita che pochi bambini hanno. Di conseguenza, soltanto un 5 per cento di privilegiati impara a leggere e scrivere. I genitori sono in maggioranza disoccupati, anche se non è difficile, pagando, ottenere un permesso di lavoro. Altri Aforo sono molto politicizzati, come un tecnico che si fa chiamare Abu Nazir «un omaggio alla rivoluzione palestinese» e che non dice il suo vero nome per non essere perseguitato. Legato al Aforo National Liberation Front, «ringrazia Kuala Lumpur per l'aiuto che dà», ma aggiunge: «Vogliamo conservare la nostra identità di Bangsa Moro: siamo rifugiati, non residenti permanenti». Al contrario delle fonti ufficiali, afferma che i profughi continuano ad arrivare al ritmo di circa 500 al mese, portando a volte sulle loro barche guerriglieri feriti che vengono discretamente curati nel Sabah. Ma sono passati i tempi in cui il Tun Mustafa lasciava liberamente transitare armi libiche. Il governo del Sabah, contando su un finanziamento da parte dei Paesi arabi, aveva messo a punto un grandioso piano di reinserimento dei Aforo, che sarebbe costato oltre 160 miliardi di lire. Ma i soldi non sono arrivati, si è dovuto ripiegare, d'accordo con l'Alto Commissariato, su piani più modesti, come quello dell'isola di Banggi nel quale si stabiliranno entro il 1984 circa 15 mila persone. Quest'anno l'organizzazione ha fornito un credito di 800 milioni: i profughi avranno terra, una casa e servizi collettivi, e rimborseranno col tempo una parte del costo dell'operazione. Ma la politica a favore dei Moro non è approvata dalla maggioranza delle popolazioni, non musulmana, e in particolare dai cinesi e dagli indigeni Kadazan, i quali temono che i musulmani vogliano assumere il controllo del Paese, osservano che molti residenti — contrariamente a quanto avviene per i filippini — non riescono a ottenere la naturalizzazione, che i boat people, forse perché di origine cinese, non ricevono lo stesso trattamento. Nel Sabah, come in tutta l'Asia Sud-orientale, vi sono già importanti minoranze etniche, e spesso l'origine raz-> ziale e religiosa può essere l'unico criterio per respingere o accettare qualcuno. E la Malaysia, mentre respinge i boat people, annuncia di poter accogliere Cambogiani, purché di religione musulmana. Patrice de Beer Copyright Le Monde e per l'Italia la Stampa —PtliWAnTifKate -^it^i^tj MARE »lS?ll»rittJ=^»/^ CINESE MERIDIONALE Jf ■J3^^ri=,Sr .—* _r ft!».- Mindanao

Persone citate: Abu Nazir, Beer, James Ongkiki, Moro

Luoghi citati: Asia Sud-orientale, Filippine, Front, Italia, Kuala Lumpur, Manila