Quel sottile legame tra Luciani e Wojtyla

Quel sottile legame tra Luciani e Wojtyla BREVI RIFLESSIONI SU DUE PAPI Quel sottile legame tra Luciani e Wojtyla Giorni fa. girando per Venezia e parlando con veneziani di ceti diversi, cercavo invano qualche segno della popolarità di Papa Giovanni Paolo l. il pontefice cui Papa Wojtyla ha voluto rendere omaggio con la spettacolare visita alla Marmolada. concepita in quel clima e con quelle vibrazioni di «religione di massa» in cui rivive l'inconfondibile stigma polacco dell'attuale successore di Pietro. Non pochi anni di patriarcato, e sia pure talunii senza la porpora: una presenza vigile, e attenta, sull'inquieto clero della diocesi: un contatto diretto, e quasi ostentato, con la stampa, e non solo con la stampa diocesana, ma anche con quella «profana ».«laaica». inseguita e ricercata con una passione da «giornalista» vero, passione che il patriarca Luciani non nascondeva a nessuno, tanto la portava nel sangue (e chi ha letto quelle curiose e quasi bizzarre pagine riunite sotto il candido titolo "Illustrissimi», quelle lettere aperte a tutti i potenti 0 ex-potenti della storia, avrà intera la misura di tale vocazione del sacerdote di Canale d'Agordo alla comunicazione di massa, come si dice con un termine un po' enfatico, appena corretto dall'infatuazione sociologica). Eppure: non un'identificazione col popolo veneziano, neanche un'eco profonda e commossa di ricordi, quale l'anima angelica del Pontefice, breve come una meteora, meriterebbe. Gli esperti di tutti i segreti di Venezia, come il mio amico Vittore Branca, rispondono che la mancata popolarità di Luciani («New incontrò il favore né del clero né del laicato cattolico») derivò dalla delusione per quel suo costante, quasi caparbio demitizzare la figura del Patriarca, per quell suo sottrarsi ad ogni funzione mondana così di politica come di rappresentanza, per quella sua umiltà e timidezza quasi scambiate per ritrosia, talvolta per un fondo di inguaribile diffidenza contadina. E c'è certamente una parte di verità: anche se non è tutta la verità. In realtà il cardinale Luciani ebbe una caratteristica che ne dominò la sincera azione pastorale non meno che l'effimera, generosa esperienza pontificale: andare controcorrente, non piegare a nessuno dei miti o dei «tabù» dell'ora, ricercare, e rivivere, le radici profonde di una religiosità antica che aveva qualcosa delle vibrazioni campagnole e sacerdotali di un suo lontano predecessore nella laguna. Papa Pio X. Forse questa è la ragione profonda dell'omaggio, così inconsueto e singolare nel taglio e nella sostanza, che ha voluto rendergli Papa Giovanni Paolo II. quel sacerdotepolacco cui l'intransigenza dell'antico Patriarca di Venezia è del tutto congeniale, difensore di un'immagine e di un'identità della Chiesa che si confondono con la svolta di Giovanni Paolo 1. «Un Luciani più colto, e un Luciani polacco»: scrisse qualcuno, non appena il quasi sconosciuto cardinale Wojtyla fu eletto alla cattedra papale. Ecerto le motivazioni della scelta pontificale, che aveva rotto le colonne d'Ercole della cattolicità italiana per la prima volta dopo quattro secoli e mezzo, non erano troppo distanti. Consumato il grande sogno intellettualistico di Papa Paolo VI. si apriva la fase di un pontificato fondato sui valori di una fede elementare, primordiale, quasi un ritorno all'ispirazione evangelica ma nella versione consoliddata della disciplina cattolica (e chi pronunciò parole più disarmanti, più riflessive di tale svolta, se non lo stesso Papa Luciani?). Esauriti tutti i segreti della politica curiale, in cui l'antico sosstituto alla pacelliana segreteria di Stato non era secondo a nessuno, si esigeva la guida di un Pontefice che fosse svincolato da tutti i dosaggi e da tutti i retroscena della curia romana, che imponesse uunasua linea peculiare, autonoma e inconfondibile ad un mondo cattolico in fermento, e non senza inquietanti segni di diaspora. Già il cardinale Luciani era sembrato il «meno italiano» o almeno il «meno romaano» fra 1 candidati alla successione. Mai investilo di una missione diplomatica, mai inserito nei giuochi e controgiuochi della curia. Portatore di una fede secolare, impavida, su cui si era innestato il tronco del Concilio Vaticano Secondo (ma senza neanche perdere, o smarrire, i collegamenti col Concilio Vaticano Primo: non dimentichiamoci che fu il cardinale Luciani a sottolineare il nesso fra il decreto sulla libertà religiosa del Vaticano Secondo e il «Sillabo» di Pio IX: va bene che lo Stato non debba costringere nessuno a credere, ma davanti a Dio non si ha certo la facoltà di abbracciare indifferentemente questo o quel credo). La stessa scelta di un Pontefice non italiano apparve quasi obbligata, in quella prospettiva. Dopo l'elezione di Luciani, non pochi giornali avevano scritto: «E' l'ultimo Papa italiano». E le divisioni, e i rancori, e le fratture dell'episcopato italiano, simmetriche a quelle che dilaniavano il mondo dei cattolici politici nella penisola, e talvolta specchio o riflessso delle stesse, autorizzavano quella pessimistica previsione. La storia del conclave, da cui uscì Papa Wojtyla, è ancora tutta da scrivere. Ma nessuno ha smentito la notizia che i dueprincipali candidati italiani finirono per elidersi a vicenda, secondo uno stile che rinnovava certi momenti rinascimentali, e che la proposta dell'intrepido vescovo polacco, che aveva misurato la sua fede nel confronto col regime comunista di Varsavia, partì dall'episcopato germanico: quasi estremo ponte gettato dall'universalismo cattolico su uno scisma di nazionalità che aveva pesato per secoli. C'è. quindi, un sottile legame che unisce le poche settimane di Papa Giovanni Paolo I e il magistero pontificale di Papa Wojtyla. L'accentuazione del culto mariano, per esempio. Il ritorno ai dati della tradizione. La certezza nei valori di una fede popolare, sentita con un'immediatezza quasi istintiva (di qui la dilagante popolarità di Giovanni Paolo II), al di fuori di quelle macerazioni intellettualistiche di cui si popolavano i tanti perché di Paolo VI. certo il Pontefice che ha vissuto più profondamente il dramma del mondo moderno e della «consecratio mundi», cioè dell'innesto fra «depositimi fidei» e civiltà della ragione. Il fermo «alt» impresso, senza autoritarismi ma con profonda coscienza della posta in giuoco, alla proliferazione dei dubbi e delle inquietudini nella vita interna dei seminari, spesso alle soglie di un'eresia, cui Papa Giovanni Paolo li risponde con la forza di un sorriso (senza potere, in nessun caso, ripetere l'incanto del sorriso del predecessore cui ha reso omaggio nella sua sosta a Bellluno). Su un punto Giovanni Paolo Il è destinato ad andare oltre il suo venerato predecessore. Ed è nel distacco, obiettivo e obbligato, della Santa Sede dall'Italia, nell'allargamento dellle rive del Tevere. Non che Luciani fosse mescolato coi giuochi democristiani, o incline, nel suo assoluto candore, a interferenze di potere. Ma Luciani viveva profondamente il dramma di un clero in crisi e conosceva, per l'esperienza di pastore d'anime, le mescolanze fra società civile e società religiosa: era quindi portato anche a taluni interdetti, a taluni divieti, come nell'aspro intervento, a Venezia, ai tempi del referendum sul divorzio. Il piano di riconquista cattolica del cardinale di Cracovia è più ampio e colloca l'Italia nella sua giusta prospettiva, senza l'enfasi del Paese predestinato dell'ecumene cattolica, che Papa Montini visse con intensità e grandezza giobertianc. Ecco perché il sorriso di Papa Giovanni Paolo IJ può rivolgersi tranquillamente anche ai cattolici del dissenso. Senza né le sofferenze di Paolo VI né i richiami di Papa Luciani. Giovanni Spauulini

Luoghi citati: Agordo, Bellluno, Cracovia, Italia, Varsavia, Venezia