Nel paese dei pignattari si è aperta la mostra artigianale Per fronteggiare la mancanza di religiosi

Nel paese dei pignattari si è aperta la mostra artigianale Per fronteggiare la mancanza di religiosi Nel paese dei pignattari si è aperta la mostra artigianale Per fronteggiare la mancanza di religiosi Perché non creare a Castellamonte Due monache vice-parroco il museo regionale della ceramica? nelle Comunità All'Ossola Sono Irma Bettegazzi e Silvana Ubezio - A Megolo e a Rumian L'ambiente c'è: un suggestivo castello cmonio d'arte popolare e una tradizion Eppure Castellamonte è tenacemente aggrappata alla sua antica fama: lo dimostra la rassegna ambientata nel cortile della scuola e nella piazza a cui fa da sfondo il maestoso slargo antonelliano. La mostra — 19 anni e questa volta il patrocinio della Regione —. come ha detto l'assessore Domenico Marchesotti, è tra le prime cinque in Italia. Tra gli espositori è anche un premio internazionale, Nanni Valentini di Arcore, con le sue leggerissime ciotole che da sole sono per glj intenditori. In un esemplare unico è anche proposta ai visitatori una preziosa stufa Franklin bianca a fiorì che vale più di un milione ma che tuttora, DAL NOSTRO INVIATO CASTELLAMONTE — Che cos'è 11 coupet? Alla Mostra della ceramica che si è aperta a Castellamonte. i coupet sono centinaia, di tutte le misure, ma gli stessi artigiani che li hanno plasmati li chiamano impropriamente (scambiando il contenitore per il contenuto) tófeje, vale a dire le pignatte di terracotta in cui si cuociono i faseui, i fagioli borlotti e la quaietta, la cotenna. Quanti in Piemonte possono dire di aver gustato una autentica, saporosa tófeja cotta nel forno a legna, un tempo vanto e simbolo della cucina canavesana? Il sindaco di Castellamonte, Ezio Mattioda, un architetto che fu allievo della «Regia scuola d'arte» (oggi trasferita e trasformata in un più moderno istituto professionale), ricorda i tempi in cui, con il fratello, veniva mandato dalla madre a ritirare le tófeje al grande forno comune e le riportava a casa con cautela, infilando una corda nei manichetti e passandoci poi dentro un bastoncino per poterle tenere senza scottarsi, avendo cura di non posarle sulla neve, altrimenti, addio delizia! Oggi nella piccola patria delle pignatte un patrimonio artigianale di secoli — terraglie utili e insieme bellissime nel loro color ruggine cui a volte gli acidi di ferro danno gradevoli venature nocciola e verdastre — sono per cosi dire svilite, ridotte a oggetto inerte da arredamento a buon prezzo (le tófeje costano dalle 5 alle 10 mila lire), confuse tra gli altri pretenziosi soprammobili. I pignaté sono ormai pochissimi e della ricchezza in terracotta, ancora abbondante un secolo fa, tra breve non rimarranno che cocci. Renzo Igne e Nicola Miletti ogni tanto vanno alla discarica lungo l'Orco a recuperare le formelle che un tempo rivestivano le stufe Franklin famose nel mondo. La gente che le ha non le valuta e quando si rompono le butta via (mentre sarebbe facile aggiustarle). Le soffitte, a quanto pare, sono piene di tesori. In un pollaio c'è una statua bellissima. Una splendida ghirlanda di frutta corre lungo un balcone: sta sgretolandosi. E ai limiti del paese, accanto alla chiesa di San Rocco, la più deliziosa costruzione kitsch che si possa immaginare — un castello rosso tutto merli, comignoli, fregi e statue, costruito nel secolo scorso da un tipo originale tornato dalle Indie e poi regalato dai suoi eredi al Comune — è puntellata. Qualche spirito ameno ci ha appiccicato sopra il cartello «Parlamento europeo». Sarebbe invece una sede ideale per un Museo regionale delle terrecotte del Canavese — un museo che per il Piemonte potrebbe rappresentare una attrattiva altrettanto valida delle enoteche —, ma il restauro supera i 100 milioni e il Comune non ha fondi sufficienti. Anche il castello crollerà o dovrà essere abbattuto e del passato d'arte — quando dalle decine di piccoli laboratori vicino alle cave uscivano migliaia di coupet, di picieui (le brocche con beccuccio che mantengono fresca l'acqua e servivano ai contadini nei campi), di sciónfette per la bagna cauda, di vasi decorati con ghirlande, di scaldaletto di inguri (cordiali stufette bucate che scaldavano stando in mezzo alle stanze), di fregi architettonici, di duj (per conservare i salami), di crudeli tupinote per offrire ai passeri un nido (da cui poi era facile toglierli e mangiarli), di grotteschi marni, i nanetti sproporzionati che popolavano i tetti — non resterà se non il rimpianto. Pietra Ligure - U he però bisogna restaurare - Un patrie di cultura che meritano attenzione cazione di mattonelle da pavimento che potrebbero offrire ampie possibilità di lavoro locale. E le cave attorno al paese, le uniche con Oattinara, offrono una materia prima praticamente inesauribile. Un'altra proposta di Castellamonte che ha tutte le premesse per realizzarsi è quella di mandare a Torino in ottobre, la stagione della tófeja, i suoi pignaté in una rassegna regionale della ceramica piemontese allestita sotto i portici del centro dove tutti possano riscoprire questo filone di arte popolare che si inserisce a buon diritto nel discorso dell'antico Piemonte da rivalutare. anche se sono lontani i tempi in cui ne partivano per il mondo due treni la settimana, ha un vasto mercato. I due soli che la fabbricano con gli stampi originali, Elvio Salvlo e Leo Camerlo, ricercati e vezzeggiati come primedonne, non si presentano neanche in fiera temendo di non poter accontentare tutte le richieste. Ma le prospettive suggerite dalla mostra sono ricche di promesse. Cuocendola e ricuocendola, quella argilla, «materia affascinante e misteriosa» come la definisce Igne, ha rivelato di essere in grado di sopportare una cottura anche di 1200 gradi con effetti di eccezionale resistenza. Ottima per la fabbri¬ Vittoria Sincero n'impiegata di Torino e uno studente Sono Irma Bettegazzi ca distribuiranno la PIEVE VERGONTE — 'Sorelle, affidiamo a voi il servizio pastorale per le comunità di Megolo e Rumianca». ^Ringraziamo il Signore e accettiamo questo servizio, impegnandoci a compierlo fedelmente*. Con questo scambio di reciproci impegni, ieri mattina, durante la messa solenne celebrata per la festa patronale di S. Lorenzo, il vescovo ausiliario di Novara, mons. Francesco Maria Franzi, ha affidato la cura delle due piccole parrocchie ossolane a suor Irma Maria Bettegazzi e a suor Silvana Ubezio in un chiesa stracolma di gente, mentre sul piazzale antistante risuonavano le melodie del corpo musicale di Formarco. Il vescovo, che concelebrava la messa con il parroco di Pieve Vergonte, don Giacomo Bignoli, da cui dipendono canonicamente le frazioni di Megolo e di Rumianca, aveva sottolineato durante l'omelia come l'avvenimento non fosse niente di straordinario: 'Soltanto un'esigenza di dividere i compiti fra sacerdoti e fedeli al servizio delle comunità, per far fronte alla crescente carenza di clero che ci imporrà di fare così anche altrove». Ma che con la cerimonia sì stesse verificando qualcosa di inedito nella storia della diocesi novarese appariva evidente. Suor Irma, cui all'ultimo momento è stata affiancata anche suor Silvana, stava assumendo, di fatto, le funzioni di parroco, in una cerimonia d'ingresso in tutto simile a quella per i sacerdoti. La presenza del vescovo stava a sottolinearlo; c'erano poi le autorità locali e la gente che applaudiva, e un pullman venuto da Albonese. presso Pavia, dove suor Irma aveva passato dieci anni, a insegnare nell'asilo. C'era il sindaco, dottoressa Liliana Fasola, con la delegazione ufficiale e tutte le suore della Congregazione dell'Immacolata Regina Pacis di Mortara, che non riuscivano a nasconde¬ rplgnvVocsprpnrMpatbeoSLtntgp ini e mezzi per f i e Silvana Ubezio - A Ma Comunione e spieghere la gioia e l'orgoglio per la promozione toccata a una di loro. Suor Irma Maria Bettegazzi ha 47 anni ed è ossolana, nata ad Anzino, piccolo villaggio dì montagna nella Valle Anzasca; è la terza di otto fratelli: tre maschi e cinque femmine, di cui tre suore. Dopo un decennio presso l'asilo di Albonese è rientrata nella casa madre per seguire il corso d'aggiornamento pastorale e prepararsi alla nuova missione di Megolo, dove è arrivata poco più di un mese fa. Da oggi assisterà i malati, farà il catechismo ai bambini, distribuirà la comunione, leggerà e spiegherà il Vangelo nelle omelie, coadiuvata da suor Silvana, 52 anni, di Ceretto Lomellina, finora insegnante di scuola materna a Torino. La convenzione stipulata fra la Curia e la Congregazione, stabilisce che compiranno il servizio pastorale fmvcsdcgtdrOCccpaadsgagtpan Durante un'ascens egolo e a Rumianranno il Vangelo finché resteranno a Megolo. E' la prima volta in Piemonte che questo compito viene affidato ad una monaca: qualche precedente era stato finora attuato in Italia dalla linea conciliare del cardinale Lercaro, a Bologna. Nel Novarese si ha soltanto il caso di un laico, padre di famiglia, collaboratore pastorale per la diocesi di Orfengo, nella parrocchia di Cameriano. Ma è una prassi che, anche sulla base dei risultati che fornirà resperimentopilota di Megolo, è destinata ad espandersi per far fronte alla crescente diminuzione del clero: nella sola Ossola sono una quindicina i villaggi di montagna sotto i 200 abitanti in cui il servizio religioso dovrà essere «surrogato» dalla presenza di laici perché sembra ormai che anche di suore non ce ne siano più in abbondanza. Audenzlo Martlnazzl ione in Val Gesso Nel paese dei pignattari si è aperta la mostra artigianale Per fronteggiare la mancanza di religiosi Nel paese dei pignattari si è aperta la mostra artigianale Per fronteggiare la mancanza di religiosi Perché non creare a Castellamonte Due monache vice-parroco il museo regionale della ceramica? nelle Comunità All'Ossola Sono Irma Bettegazzi e Silvana Ubezio - A Megolo e a Rumian L'ambiente c'è: un suggestivo castello cmonio d'arte popolare e una tradizion Eppure Castellamonte è tenacemente aggrappata alla sua antica fama: lo dimostra la rassegna ambientata nel cortile della scuola e nella piazza a cui fa da sfondo il maestoso slargo antonelliano. La mostra — 19 anni e questa volta il patrocinio della Regione —. come ha detto l'assessore Domenico Marchesotti, è tra le prime cinque in Italia. Tra gli espositori è anche un premio internazionale, Nanni Valentini di Arcore, con le sue leggerissime ciotole che da sole sono per glj intenditori. In un esemplare unico è anche proposta ai visitatori una preziosa stufa Franklin bianca a fiorì che vale più di un milione ma che tuttora, DAL NOSTRO INVIATO CASTELLAMONTE — Che cos'è 11 coupet? Alla Mostra della ceramica che si è aperta a Castellamonte. i coupet sono centinaia, di tutte le misure, ma gli stessi artigiani che li hanno plasmati li chiamano impropriamente (scambiando il contenitore per il contenuto) tófeje, vale a dire le pignatte di terracotta in cui si cuociono i faseui, i fagioli borlotti e la quaietta, la cotenna. Quanti in Piemonte possono dire di aver gustato una autentica, saporosa tófeja cotta nel forno a legna, un tempo vanto e simbolo della cucina canavesana? Il sindaco di Castellamonte, Ezio Mattioda, un architetto che fu allievo della «Regia scuola d'arte» (oggi trasferita e trasformata in un più moderno istituto professionale), ricorda i tempi in cui, con il fratello, veniva mandato dalla madre a ritirare le tófeje al grande forno comune e le riportava a casa con cautela, infilando una corda nei manichetti e passandoci poi dentro un bastoncino per poterle tenere senza scottarsi, avendo cura di non posarle sulla neve, altrimenti, addio delizia! Oggi nella piccola patria delle pignatte un patrimonio artigianale di secoli — terraglie utili e insieme bellissime nel loro color ruggine cui a volte gli acidi di ferro danno gradevoli venature nocciola e verdastre — sono per cosi dire svilite, ridotte a oggetto inerte da arredamento a buon prezzo (le tófeje costano dalle 5 alle 10 mila lire), confuse tra gli altri pretenziosi soprammobili. I pignaté sono ormai pochissimi e della ricchezza in terracotta, ancora abbondante un secolo fa, tra breve non rimarranno che cocci. Renzo Igne e Nicola Miletti ogni tanto vanno alla discarica lungo l'Orco a recuperare le formelle che un tempo rivestivano le stufe Franklin famose nel mondo. La gente che le ha non le valuta e quando si rompono le butta via (mentre sarebbe facile aggiustarle). Le soffitte, a quanto pare, sono piene di tesori. In un pollaio c'è una statua bellissima. Una splendida ghirlanda di frutta corre lungo un balcone: sta sgretolandosi. E ai limiti del paese, accanto alla chiesa di San Rocco, la più deliziosa costruzione kitsch che si possa immaginare — un castello rosso tutto merli, comignoli, fregi e statue, costruito nel secolo scorso da un tipo originale tornato dalle Indie e poi regalato dai suoi eredi al Comune — è puntellata. Qualche spirito ameno ci ha appiccicato sopra il cartello «Parlamento europeo». Sarebbe invece una sede ideale per un Museo regionale delle terrecotte del Canavese — un museo che per il Piemonte potrebbe rappresentare una attrattiva altrettanto valida delle enoteche —, ma il restauro supera i 100 milioni e il Comune non ha fondi sufficienti. Anche il castello crollerà o dovrà essere abbattuto e del passato d'arte — quando dalle decine di piccoli laboratori vicino alle cave uscivano migliaia di coupet, di picieui (le brocche con beccuccio che mantengono fresca l'acqua e servivano ai contadini nei campi), di sciónfette per la bagna cauda, di vasi decorati con ghirlande, di scaldaletto di inguri (cordiali stufette bucate che scaldavano stando in mezzo alle stanze), di fregi architettonici, di duj (per conservare i salami), di crudeli tupinote per offrire ai passeri un nido (da cui poi era facile toglierli e mangiarli), di grotteschi marni, i nanetti sproporzionati che popolavano i tetti — non resterà se non il rimpianto. Pietra Ligure - U he però bisogna restaurare - Un patrie di cultura che meritano attenzione cazione di mattonelle da pavimento che potrebbero offrire ampie possibilità di lavoro locale. E le cave attorno al paese, le uniche con Oattinara, offrono una materia prima praticamente inesauribile. Un'altra proposta di Castellamonte che ha tutte le premesse per realizzarsi è quella di mandare a Torino in ottobre, la stagione della tófeja, i suoi pignaté in una rassegna regionale della ceramica piemontese allestita sotto i portici del centro dove tutti possano riscoprire questo filone di arte popolare che si inserisce a buon diritto nel discorso dell'antico Piemonte da rivalutare. anche se sono lontani i tempi in cui ne partivano per il mondo due treni la settimana, ha un vasto mercato. I due soli che la fabbricano con gli stampi originali, Elvio Salvlo e Leo Camerlo, ricercati e vezzeggiati come primedonne, non si presentano neanche in fiera temendo di non poter accontentare tutte le richieste. Ma le prospettive suggerite dalla mostra sono ricche di promesse. Cuocendola e ricuocendola, quella argilla, «materia affascinante e misteriosa» come la definisce Igne, ha rivelato di essere in grado di sopportare una cottura anche di 1200 gradi con effetti di eccezionale resistenza. Ottima per la fabbri¬ Vittoria Sincero n'impiegata di Torino e uno studente Sono Irma Bettegazzi ca distribuiranno la PIEVE VERGONTE — 'Sorelle, affidiamo a voi il servizio pastorale per le comunità di Megolo e Rumianca». ^Ringraziamo il Signore e accettiamo questo servizio, impegnandoci a compierlo fedelmente*. Con questo scambio di reciproci impegni, ieri mattina, durante la messa solenne celebrata per la festa patronale di S. Lorenzo, il vescovo ausiliario di Novara, mons. Francesco Maria Franzi, ha affidato la cura delle due piccole parrocchie ossolane a suor Irma Maria Bettegazzi e a suor Silvana Ubezio in un chiesa stracolma di gente, mentre sul piazzale antistante risuonavano le melodie del corpo musicale di Formarco. Il vescovo, che concelebrava la messa con il parroco di Pieve Vergonte, don Giacomo Bignoli, da cui dipendono canonicamente le frazioni di Megolo e di Rumianca, aveva sottolineato durante l'omelia come l'avvenimento non fosse niente di straordinario: 'Soltanto un'esigenza di dividere i compiti fra sacerdoti e fedeli al servizio delle comunità, per far fronte alla crescente carenza di clero che ci imporrà di fare così anche altrove». Ma che con la cerimonia sì stesse verificando qualcosa di inedito nella storia della diocesi novarese appariva evidente. Suor Irma, cui all'ultimo momento è stata affiancata anche suor Silvana, stava assumendo, di fatto, le funzioni di parroco, in una cerimonia d'ingresso in tutto simile a quella per i sacerdoti. La presenza del vescovo stava a sottolinearlo; c'erano poi le autorità locali e la gente che applaudiva, e un pullman venuto da Albonese. presso Pavia, dove suor Irma aveva passato dieci anni, a insegnare nell'asilo. C'era il sindaco, dottoressa Liliana Fasola, con la delegazione ufficiale e tutte le suore della Congregazione dell'Immacolata Regina Pacis di Mortara, che non riuscivano a nasconde¬ rplgnvVocsprpnrMpatbeoSLtntgp ini e mezzi per f i e Silvana Ubezio - A Ma Comunione e spieghere la gioia e l'orgoglio per la promozione toccata a una di loro. Suor Irma Maria Bettegazzi ha 47 anni ed è ossolana, nata ad Anzino, piccolo villaggio dì montagna nella Valle Anzasca; è la terza di otto fratelli: tre maschi e cinque femmine, di cui tre suore. Dopo un decennio presso l'asilo di Albonese è rientrata nella casa madre per seguire il corso d'aggiornamento pastorale e prepararsi alla nuova missione di Megolo, dove è arrivata poco più di un mese fa. Da oggi assisterà i malati, farà il catechismo ai bambini, distribuirà la comunione, leggerà e spiegherà il Vangelo nelle omelie, coadiuvata da suor Silvana, 52 anni, di Ceretto Lomellina, finora insegnante di scuola materna a Torino. La convenzione stipulata fra la Curia e la Congregazione, stabilisce che compiranno il servizio pastorale fmvcsdcgtdrOCccpaadsgagtpan Durante un'ascens egolo e a Rumianranno il Vangelo finché resteranno a Megolo. E' la prima volta in Piemonte che questo compito viene affidato ad una monaca: qualche precedente era stato finora attuato in Italia dalla linea conciliare del cardinale Lercaro, a Bologna. Nel Novarese si ha soltanto il caso di un laico, padre di famiglia, collaboratore pastorale per la diocesi di Orfengo, nella parrocchia di Cameriano. Ma è una prassi che, anche sulla base dei risultati che fornirà resperimentopilota di Megolo, è destinata ad espandersi per far fronte alla crescente diminuzione del clero: nella sola Ossola sono una quindicina i villaggi di montagna sotto i 200 abitanti in cui il servizio religioso dovrà essere «surrogato» dalla presenza di laici perché sembra ormai che anche di suore non ce ne siano più in abbondanza. Audenzlo Martlnazzl ione in Val Gesso