Rosalynn, first lady invadente di Ennio Caretto

Rosalynn, first lady invadente ANCHE LA MOGLIE DI CARTER È BERSAGLIO DI CRITICHE Rosalynn, first lady invadente Fino a ieri era considerata un modello di riservatezza, ora i giornalisti americani l'accusano di intromettersi troppo negli affari di Stato, di essere l'eminenza grigia del governo - Una serie di affermazioni ingenue: «Io e Jimmy abbiamo deciso...», «Ascolto la gente e lo informo» - La difficile misura tra presenza e assenza dalla scena pubblica DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — La scorsa settimana, una feroce vignetta è apparsa su alcuni giornali americani. Raffigurava il presidente Carter, in piedi su un palcoscenico, impappinato in un discorso, e nella buca del suggeritore, pronta a mettergli le parole in bocca, c'era sua moglie, la First Lady Rosalynn. All'ufficio stampa, e soprattutto al direttore della Casa Bianca Hamilton Jordan, la satira è spiaciuta: per la prima volta, la consorte del presidente, rimasta sempre «al di sopra della mischia», veniva attaccata, e non solo come forza politica, ma anche sul piano personale. L'episodio è sintomatico del cambiamento avvenuto in America, più tra i giornalisti che tra il grosso pubblico in verità, nei rapporti con Rosalynn Carter. Sino a ieri additata come esempio di riservatezza e di avvenenza, di sposa e di madre, tanto da essere chiamata «la magnolia», in omaggio al fiore della «sua» Georgia, la First Lady è oggi accusata di eccessiva ingerenza negli affari di Stato. I giornalisti la considerano l'eminenza grigia del governo, una specie di cardinale Richelieu di suo marito, e a lei fanno risalire la responsabilità dell'infelice rimpasto ministeriale dello scorso luglio. I sospetti e i risentimenti verso Rosalynn — infondati in buona parte — sono condivisi dal Congresso, dove il partito all'opposizione, i repubblicani, all'approssimarsi delle elezioni dell'SO, soffia sul fuoco. E'il Congresso che Ita trovato una nuova definizione della presidenza carteriana: «La presidenza di mamma e di papà», un ironico accenno, oltre che all'ipotetica eguaglianza di poteri dei due coniugi, alla loro insistenza sui temi morali e re-, ligiosi. E'sempre il Congresso che, con qualclie rozzezza, si rivolge in privato alla First Lady come la presidentessa. Il senatore repubblicano Stevens, quello che defini il presidente «malato», esprime lo stesso concetto in modo ancora più brutale: «In casa, i calzoni li deve portare lei». Qualche colpa, per questa perdita dì simpatia, l'ha anche Rosalynn Carter. La sua funzione di rottura nella crisi di luglio è stata chiara a tutti, e s'è ingigantita con la successiva «fuga» di alcuni retroscena. Si è appreso che il consigliere della Casa Bianca Pat Caddell aveva inviato a lei, insieme al Presidente, il memorandum che originò il terremoto. Che fu lei a spingere il consorte a cancellare il discorso alla radio e alla televisione annunciato al ritorno dal vertice economico di Tokyo. Che per accontentare lei Carter si liberò del più amato dei ministri, l'italo-americano Califano. avverso ai suoi progetti. tn un rapido tour in quattro città Usa, a cose ormai fatte, la First Lady ha accresciuto il disagio generale con una serie di asserzioni ingenue. «Io e Jimmy abbiamo deciso...» ha detto. E ancora: «Io comunico con la gente, e poi informo Jimmy...». Oppure: «Tavolta ho più senso politico io di lui...». Ne è uscita l'immagine — non vera — di un Presidente incapace di scegliere senza il consiglio della moglie. Involontariamente, ella ha proposto al pubblico non l'esempio di un leader risoluto, ma di un uomo esitante. Uno dei ministri costretti a dimettersi non s'è lasciato sfuggire l'occasione. «Rosalynn partecipa alle riunioni di gabinetto» ha affermato «e Carter pende dai suoi appunti». Tanta influenza non sarebbe negativa in sé. se la «magnolia» non fosse anche nota per il suo inflessibile carattere, e gli americani non fossero già stati scottati da prime signore troppo forti. Ma è comune dominio che la volontà di Rosalynn è «di ferro», che ella non perdona ai nemici politici (soprattutto se si chiamano Ted Kennedy) e che è temuta persino dalla «guardia georgiana» della Casa Bianca, i fedelissimi che fecero vincere a Carter le elezioni del '76. «L'ambizione che nutre per il marito è smisurata» ha spiegato il solito ministro. «L'ultima richiesta di lealtà, cioè obbedienza, èsua ». Dietro Rosalynn Carter, per i più sospettosi, ci sono le ombre di «presidentesse» come Edith Wilson, Florence Harding e Eleonora Roosevelt. Alla prima, ingiustamente, fu imputato di aver impedito la ratifica americana della pace di Versailles e l'ingresso nella Lega delle Nazioni dopo il grande conflitto mondiale: il presidente stava male, peggiorava quotidianamente, ed ella assunse di fatto il controllo del Paese. Sulla seconda — e fu aperta calunnia — circolò la voce che avesse avvelenato l'anziano consorte nell'estate del '23. per proteggerne la reputazione da una pioggia di scandali. La terza venne soprannominata dagli avversari «la linguaccia» per i suoi interventi non sempre a proposito. Questi paragoni fanno torto alla signora Carter, che di solito rimane tra le quinte, e il cui rapporto col Presidente è profondo amore e stretta collaborazione. «Mamma e papà», come sono ora malignamente soprannominati, tengono un comportamento normale per le coppie del profondo Sud. La loro estrazione ed etica, le loro abitudini di vita e familiari hanno strutturato il matrimonio come una vera partnership. Sin dal giorno delle nozze, con l'azienda di noccioline dei Carter, allevando i figli, amministrando la casa. Rosalynn si è dimostrata una donna di qualità eccezionali. Il Presidente si fida più di lei che di chiunque altro. All'inizio, anzi, la loro intimità nel lavoro era ritenuta «un asso nella manica» per la Casa Bianca. La First Lady con una prassi «rivoluzionaria», faceva — e fa tuttora — una colazione alla settimana nello studio del marito, e un week-end riassuntivo a Camp Daind. Si presentava con una cartella di annotazione e di suggerimenti, «materiale di riflessione», dichiarava il portavoce Jody Powelì, «per le riunioni di governo». In aree che le stanno particolarmente a cuore, l'assistenza sanitaria, l'istruzione, lo sviluppo dei Sud America, Carter le affidava — e le affida — importanti incarichi. Non poche riforme interne della previdenza, né poche missioni diplomatiche erano dirette da lei. I rari «incidenti di percorso» venivano ignorati, o ridimensionati con facilità. Una volta, un governo «latino» protestò che la «dignità maschile» dei suoi ministri era rimasta offesa «dall'imperio» con cui Rosalynn Carter si era rivolta loro. Il suo invio a Roma, come rappresentante ufficiale degli Stati Uniti per la morte del Papa, provocò qualche scontento. Ma la Casa Bianca attribuì il borbottio al «machismo» eccessivo dell'America del Sud c alla suscettibilità del mondo cattolico, e gli eletto- ri si mostrarono d'accordo. In fondo, erano cose o divertenti, o d'importanza secondaria nelcontesto Usa. Interpretando in modo troppo attivo la sua qualifica di First Lady. Rosalynn si è scontrata a lungo andare con il riflusso antifemminista e antiburocratico che caratterizza l'attuale umore dell'America. In una Casa Bianca già tacciata di parrocchialismo per lo strapotere della guardia georgiana, ella figura come un intruso in più. Le aspirazioni americane di oggi, dopo l'oppressiva presidenza di Nixon e quella grigia di Ford, sono simili alle aspirazioni del '59-W dopo il periodo conformista di Eisenhower: mirano a un rinnovamento non solo dei costumi ma anche degli ideali, quali le nuove frontiere kennediane. L'America cerca la sua guida in uno statista di grandi visioni storiche, proiettate sul futuro, non in una «magnolia» per quanto di ferro che vuole salvare un presidente che l'ha delusa. L'handicap maggiore di questa donna capace non è tanto il suo sesso, contro cui ('establishment americano malgrado tutto continua a discriminare, quanto la sua posizione di moglie del capo del governo e dello Stato. Essa è più ingrata perfino di quella del vicepresidente, un mezzo protagonista della politica Usa, naturalmente con qualche grande eccezione, costretto in genere a un ruolo secondario. Il dilemma tra la presenza e l'assenza dalla scena pubblica non è mai risolto, e nell'ultimo ventennio nessuna delle prime signore ha pienamente soddisfatto gli americani. Non Jacqueline Kennedy, che ha avuto il torto di essere troppo avvenente e troppo sventata; non Lynda «Bird» Johnson, che pure aveva seguito la carriera del marito fin dai primissimi anni ed era molto preparata; non Patricia Nixon. sofferente per le ombrosità del marito; e soprattutto non la moglie di Ford, affetta damlcolismo. Se è di qualche consolazione a Rosalynn Carter, il suo è un dramma che alla Casa Bianca si ripete regolarmente. Ennio Caretto Rosalynn Carter a Roma con la figlia Emy