Partito dall' Ucciardone l'ordine di assassinare il vicecapo del carcere?
Partito dall' Ucciardone l'ordine di assassinare il vicecapo del carcere? Partito dall' Ucciardone l'ordine di assassinare il vicecapo del carcere? uniiiiiiniiiMiiMMiMiiMMiiiiMiiiiiiuiiiMiMiiiiniDAL NOSTRO CORRISPONDENTE PALERMO — Testimone di un caso di violenza avvenuto dentro il carcere dell'«Ucciardone». il maresciallo Calogero Di Bona. 35 anni, vicecomandante degli agenti di custodia, è sparito misteriosamente martedì sera: su quell'episodio era stato interrogato sabato scorso dal sostituto procuratore della Repubblica, Giuseppe Prinzivalli, e adesso gli inquirenti battono questa pista per individuare i suoi assassini. Perché, ormai, carabinieri e polizia sono convinti che si tratti di omicidio. Le speranze di ritrovarlo vivo, già deboli, si sono assottigliate ancora di più alle 13 di ieri quando è stata ritrovata l'automobile delio scomparso. La «500», bianca, era posteggiata in via dei Nebrodi, vicino all'incrocio con via Alcide De Gasperi. Gli sportelli erano aperti e questo viene considerato un segno, dal momento che è una circostanza ricorrente nei casi di «lupara bianca». Così anche questa storia sembra rientrare tra i cruenti misteri dell'«Ucciardone». La traccia seguita dagli investigatori parte proprio da uno dei «bracci» del carcere palermitano dove, qualche settimana fa, un detenuto avrebbe picchiato una guardia e sarebbe stato punito con sei giorni di cella di rigore. Il carcerato, però, avrebbe scontato la punizione in infermeria. Questo fatto la dice lunga sul suo rango; è Michele Micilizzi, trentenne, di Pallavicino, condannato a 24 anni per l'omicidio dell'agente Cappiello, ucciso il 2 luglio 1975. A termini di regolamento, il fatto doveva essere segnalato alla Procura della Repubblica ma, ufficialmente, dall'«Ucciardone» non è partita alcuna denuncia. Di avvertire la magistratura s'è incaricato invece un anonimo che ha inviato un esposto. Così s'è iniziata un'inchiesta che ipotizzava il reato di violenza a pubblico ufficiale per il detenuto, e quello di omissione di iiiiinninnniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiii atti d'ufficio per gli agenti di custodia che non avevano informato il giudice com'era invece loro dovere. Il sostituto procuratore della Repubblica, Prinzivalli — cui era stato affidato il caso — aveva interrogato tutti coloro che nella vicenda erano in qualche modo coinvolti. In ultimo aveva ascoltato il maresciallo Di Bona. Pare che da lui, in particolare, volesse sapere dov'era finito il registro delle punizioni ai detenuti. Che cosa abbia risposto il vicecomandante non si sa. Se quest'episodio è davvero all'origine della scomparsa del sottufficiale lo stabilirà l'inchiesta del sostituto Pietro Grasso e del procuratore aggiunto Gaetano Mantovano. E' certo però che gli inquirenti, finora, ritengono quest'ipotesi la principale. Le indagini sono scattate all'alba di martedì, quando Rosa Cracchiolo, moglie dello scomparso, è andata ad avvertire i carabinieri che il marito non era tornato a casa. Con la sua collaborazione, e interrogando un gran numero di persone, sono state ricostruite le ultime ore di libertà del maresciallo. Alle 13 di martedì, finito il suo turno di servizio aH'«Ucciardone». egli aveva raggiunto la moglie e i tre figli nella sua abitazione di via Sferracavallo 164, una delle prime case della borgata marinara Dopo il pranzo il giovane maresciallo s'era coricato come d'abitudine. Poi, a pomeriggio inoltrato, era uscito assieme ai suoi familiari che aveva accompagnato presso parenti, proseguendo verso piazza Sferracavallo. Lì, tra le 18 e le 19, è stato visto per l'ultima volta al bar «Profeta». All'ora di cena. Rosetta Cracchiolo s'è impensierita. Col marito erano rimasti d'accordo che sarebbe ripassato a prendere lei e i bambini per tornare a casa e invece non si era fatto vivo. Le prime ricerche le ha compiute la moglie, accompagnata dai parenti. Antonio Ravidà
Luoghi citati: Palermo
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