L'Arno, un bellissimo malato

L'Arno, un bellissimo malato I rapporti dell'uomo col fiume; non più fonte di vita, ma pericolo L'Arno, un bellissimo malato Una volta era definito d'argento; ora, infestato dalle alghe, è verdognolo-marroncino - La situazione è particolarmente grave nella «zona del cuoio», dove centinaia di concerie riversano nelle acque i loro micidiali veleni - L'assessorato all'Igiene e alla Sanità ha cominciato a revocare permessi di scarico DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE FIRENZE — Era «d'argento», in una canzone di parecchio tempo fa. Ora è verdognolo-marroncino, il colore delle alghe che lo popolano, una delle tante manifestazioni dell'inquinamento che rende l'Arno un fiume-fogna. Siamo ad uno stadio gravissimo, allarmante. E infatti stanno avvenendo prese di posizione che possono avere conseguenze di enorme peso: l'assessorato all'Igiene, Sanità e Ambiente della Provincia ha iniziato ieri a spedire le revoche alle aziende industriali e artigiane dei permessi di scarico nel fiume, il che può significare la chiusura delle fabbriche, con conseguente cassa integrazione per migliaia di lavoratori. E la Procura della Repubblica di Pisa, competente per la parte terminale del fiume, ha ordinato un'inchiesta tecnica lungo tutto il corso, cioè anche nelle province di Firenze e Arezzo, per accertare lo stato di salute delle acque e vedere se esistono responsabilità penali. Dalle sorgenti, sulle pendici del monte Falterona, alla foce, che è a Bocca d'Arno, corrono 250 chilometri. Un percorso che ad ogni passo reca la testimonianza di questa violenza dell'uomo sulla natura: gli scarichi delle cloache e gli scarichi industriali. Si incomincia su, nell'Aretino, e via via si prosegue verso valle con un ritmo sempre crescente che raggiunge il suo apice nella zona del cuoio, dove centinaia di concerie vomitano nelle acque ormai asfittiche i loro micidiali veleni di rifiuto. L'Arno è un fiume a carattere torrentizio, risente molto dei periodi di magra e dei pe- riodi di piena, può passare da un minimo di tre metri cubi al secondo ad un massimo, quello tragico dell'alluvione del 4 novembre '66, di 4 mila metri cubi-secondo. Questo ricordo della disastrosa inondazione di tredici anni fa ci offre l'occasione per sottolineare che, nonostante sia trascorso tanto tempo, non è stata ancora realizzata alcuna di quelle opere che dovevano garantire la regolamentazione delle acque, ad esempio, dodici laghi di espansione; sono soltanto stati alzati degli argini e in questo periodo si stanno abbassando le platee di due ponti, il Santa Trinità e il Vecchio. Dei 143 miliardi che erano stati previsti se ne è spesa soltanto una decima parte. E anche questo è un segno dell'abbandono, della trascuratezza, del maltrattamento di cui è oggetto l'Arno. Il carattere torrentizio del fiume fa si che il grado di inquinamento sia diverso da momento a momento a seconda della portata d'acqua: il B.O.D. 5, la richiesta biologica d'ossigeno per la presenza di inquinamento organico, può quindi essere molto variabile a seconda della diluizione, come pure il C.O.D., la richiesta chimica di ossigeno per gli inquinamenti chimici, da Firenze in giù. Ogni tratto ha, comunque, ai fini dell'inquinamento, una sua fisionomia precisa data dalla presenza di una determinata specie di alghe. Il «Centro di studio dei microorganismi autotrofi» presso la facoltà di Agraria fiorentina, ha appena ultimato una lunga indagine sulle alghe dell'Arno, nell'ambito del progetto finalizzato del Cnr «Promozione della qualitàdell'ambiente». E. spiega il prof. Valdemaro Ballon;, responsabile della ricerca, è risultato, appunto, che via via che si scende lunjgo il corso compaiono nelle acque del fiume comunità di alghe microscopiche tipiche dei vari gradi di inquinamento. Gli apporti organici e mi¬ nerali danno origine all'eu ' trof izzazione, una catena di ! nutrizione che determina le fioriture delle alghe che rendono l'acqua dell'attuale colore verdognolo-marroncino. Perché si è giunti ad uno stadio cosi avanzato di inquinamento lo spiega l'assessore provinciale alla Sanità e Ambiente, dott. Renato Righi. «Nella sola provincia di Firenze, le aziende autorizzate a scaricare nel fiume sono circa \Quattromila, metà di compe j tema dei Comuni, metà della 1 Provincia. Di queste quattro \mila solo il 10 per cento è [provvisto di depuratori. Una .parte ha provveduto in diver I sa maniera a diminuire il gra do di inquinamento delle ac que di emissione. Comunque il SOper cento non rispetta la ta bella C della legge Merli, che j era la prima tappa, a tre anni dall'entrata in vigore della legge. La scadenza di questa tappa era il 13 giugno scorso. Il governo l'aveva prorogata al 13 dicembre del 79 con un decreto che però non è stato convertito in legge, per cui tutte queste aziende sono ora inadempienti e noi siamo costretti a denunciarle alle varie preture revocando le autorizzazioni di scarico già concesse». Questa situazione, come si i diceva, è drammatica perché può portare alla chiusura di ; fabbriche (nel comprensorio | del cuoio lavorano 14 mila persone. 20 mila solo nel settore pratese del tessile). Di qui la necessità assoluta di varare la legge di proroga, ma anche, sottolinea l'assessore, di approntare una riforma della legge Merli e stanziare delle somme perché possano essere realizzati dei piani di risanamento del fiume. All'ing. Pier Luigi Giovannini, coordinatore del dipartimento Assetto del territorio della Regione, chiediamo quali sono le prospettive per l'Arno. Spiega che la Regione ha già avviato diverse opere e ora si sta cercando di creare dei consorzi di aziende per la realizzazione di tutti i depuratori necessari. A monte di Firenze, Arezzo (90 mila abitanti) ha in costruzione un depuratore che sarà ultimato entro l'anno. Firenze ha realizzato quattro piccoli impianti «strategici» che servono tre ospedali e una caserma; nella zona di Signa, sulla destra dell'Arno, dovrebbe sorgere un impian¬ to di depurazione sufficiente per 600 mila abitanti e uno sulla sinistra per 200 mila. Il Bisenzio. che si immette nell'Arno a valle di Firenze, raccoglie gli scarichi dell'industria della sua vallata e queste acque, attraverso sette gore, raggiungono l'Ombrone. Un tempo le gore servivano per far funzionare le industrie tessili pratesi, ora servono per raccoglierne gli scarichi sicché si sono tramutate in fogne. E' in costruzione un impianto che dovrebbe depurare cinque delle sette gore, ma sarà assolutamente insufficiente; e la Regione vorrebbe che il potenziamento fosse fatto dagli industriali. Dopo Firenze, all'altezza di Empoli, si immette nell'Arno l'Elsa che porta 1 rifiuti di notevoli insediamenti civili e industriali. Su questo affluente si stanno costruendo tre impianti di depurazione che raccoglieranno l'80 per cento del carico inquinante. Poi si arriva alla zona del cuoio, il cui centro più importante è Santa Croce. Trecento concerie, un solo depuratore assolutamente inadeguato. Altre concerie sono a Ponte a Egola (sinistra Arno), dove i conciatori si sono accollati l'onere del progettato depuratore e il Comune, con finanziamenti della Regione, costruirà fognature. A Pontedera la Piaggio ha realizzato un impianto che raccoglierà anche i liquami della città. Iniziative, come si vede, ce ne sono, ma i tempi sono lunghi: per costruire un depuratore occorrono almeno diciotto mesi. 'Il fiume è pesantemente inquinato — dice l'ing. Giovannini — ma non senza speranza. Il problema però deve essere visto in una prospettiva molto ampia. Bisogna portare avanti il piano che deve servire sia alla difesa dalle alluvioni, sia agli approvvigionamenti per tutti gli usi, civili, industriali, agricoli, e al risanamento delle acque attraverso la rialimentazione estiva. Cioè costruire entro breve tempo i preventivati laghi a monte che trattengano le acque d'inverno e le distribuiscano nelle stagioni di scarsità». A proposito della proroga dell'applicazione della tabella C legge Merli, l'ing. Giovannini dice che la Regione è contraria allo slittamento della legge, mentre è favorevole a proroghe concesse alle aziende caso per caso, sulla base di precisi progetti e intenzioni di realizzare gli impianti di depurazione. «Altrimenti ogni slittamento produce un rinvio del problema e l'Arno di rinvìi non nepuòpiù sopportare». Renio Lugli

Persone citate: Aretino, Bocca, Giovannini, Pier Luigi Giovannini, Renato Righi, Valdemaro Ballon