Traffico che uccide
Traffico che uccide La città ha ripreso il volto "normale,, La strada è un servizio pubblico: bisogna smetterla di considerarla pista da competizione Traffico che uccide Primo agosto - 26 agosto: morti a Torino, per il traffico stradale, quattro. E'il periodo delle grandi ferie, la città ha rallentato il ritmo della sua vita affannosa. Il sette, un giovane è travolto e ucciso dal tram: il 9, una donna è investita da un'auto in largo Toscana: il 20, una pensionata di 88 anni muore urtata da una vettura in corso San Maurizio; il 22, un sindacalista resta ucciso in uno scontro. Anche la statistica delquotidiano olocausto sull 'asfalto cade apicco. Poi, il grande rientro. Lunedì una bimba di tre anni è travolta, muore nella giornata di ieri all'ospedale, mentre una donna viene straziata da un camion in corso Giulio Cesare. Altri due ragazzi di 8 e 15 anni, coinvolti in incidenti stradali sulle vie della città, sono moribondi. La città ha ripreso il suo ritmo di vita «normale-, e «normale- ridiventa il prezzo che si paga, sulle strade, in vite umane: in due giorni, due morti e due in pericolo di vita. Ma è davvero «normale- ? Tre anni fa, quando la sorellina di un nostro collega fu falciata da un'auto mentre andava a scuola, prendemmo un impegno: di non trascurare più, nella cronaca della vita cittadina, queste vittime innocenti, la tragedia quasi quotidiana che colpisce tante famiglie. Forse, qualche volta l'impegno è stato trascurato: quel che accade con monotona, anche se tragica, regolarità finisce per indurre una specie di assuefazione, come se la sensibilità si ottundesse, quasi a difesa istintiva contro un'angoscia troppo spesso ripetuta. Ma ora che, con la ripresa del traffico e del lavoro, sale anche il numero dei morti sulla strada, ci parrebbe di tradire quell'impegno se non sottolineassimo la gravità di questo tributo. Che non costituisce affatto il prezzo «normale- di un ritmo di vita pulsante e affrettato, ma piuttosto il salario di un'indisciplina crescente, di una mancanza di controllo e di severità. Le trasgressioni al codice si moltiplicano e diventano sempre più gravi. Se una volta la sosta abusiva era la più diffusa, ora si attraversano gli incroci con il semaforo rosso, certi dell'impunità; non si rispettano precedenze, né limiti di velocità. Sembra che il guidatore medio ritenga di essere solo ad usufruire di quel servizio pubblico e comune che è la strada, che si comporti senza alcun rispetto, come se altri utenti, pedoni ciclisti o automobilistiche siano, non esistessero. Per qualche giorno, l'adozione dei «Multanova- e una pioggerellina (in verità molto sporadica) di multe salate, era parsa incutere un salutare rispetto. Che è durato quanto le rose. Ora le nostre strade si stanno di nuovo trasformando in piste di Monzao di Indianapolis, tra l'indifferenza generale* Bisogna cominciare dalle piccole cose a insegnare il rispetto per lo Stato, le istituzioni pubbliche, i beni collettivi, tra i quali sono anche le strade e la sicurezza del traffico. Si ricominci a impartire qualche lezione di educazione stradale: iniziando magari da quegli automobilisti che non rispettano la linea d'arresto al semaforo, ma si spingono in mezzo all'incrocio, spiando frenetici l'opportunità di attraversare malgrado il m. gì min i iiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Luoghi citati: Indianapolis, Torino
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