Ogni tre giorni all'ospedale un tossicomane in overdose

Ogni tre giorni all'ospedale un tossicomane in overdose E accaduto durante il periodo delle grandi ferie Ogni tre giorni all'ospedale un tossicomane in overdose «Una media terribilmente elevata — dicono i medici delle Molinette — ma sono stati tutti salvati, tranne uno» - È importante soprattutto tenerli in vita; ci sono casi di guarigioni spontanee che si sono verificate anche dopo anni Scomodo, ma tragicamente attuale, il problema della droga che uccide si è riproposto con dolorosa arroganza anche nei giorni sonnolenti del Ferragosto, attraverso la morte di un giovane tossicomane stroncato da over-dose. L'eroina non concede vacanze, purtroppo, e la fine di Gianni Cottura, ventitreenne ..Gesù» di Cuneo, aggiunge ancora un anello alla catena, già troppo lunga, di esistenze spezzate da una siringa in un impeto folle di autodistruzione. Le difficoltà di arginare e prevenire questa piaga in continuo aumento sono note, ma l'episodio in questione ha sollevato interrogativi inquietanti che investono anche il terreno dell'assistenza sanitaria di pronto soccorso. Spesso respinto o guardato con sospetto, il tossicomane in over-dose rischia di arrivare all'ultima spiaggia senza vedersi assicurato nemmeno il diritto alla vita? Medici e strutture sono effettivamente preparati a questo tipo di emergenza? Quanto incide la ..scomodità» del malato tossicodipendente nel palleggio tra reparti che talvolta si fa per questi pazienti? A sgomberare subito il campo da sospetti di tipo tecnico giungono le dichiarazioni dei rianimatori delle Molinette, che soltanto tra il 20 luglio e il 20 agosto hanno dovuto assistere e salvare nel loro reparto dieci tossicomani in over-dose. «Un caso ogni tre giorni — sottolinea un aiuto del professor Pattono — cioè una media terrìbilmente elevata: li abbiamo trattati con Norfin. un farmaco che conosciamo bene anche noi, e sono usciti tutti di qui con le proprie gambe». I dipartimenti di emergenza degli ospedali cittadini sono dunque in grado di diagnosticare e curare senza problemi le crisi acute da over-dose di droga pesante? «Certo, non c'è nessuna necessità di reparti speciali. Dopo aver "intubato" il soggetto per assicurare la ventilazione si fa la diagnosi e. in caso di over-dose, si procede all'iniezione di Norfin: trenta secondi più tardi il malato già s'è ripreso. Ovviamente bisogna poi tenerlo in osservazione alcune ore, e allora possono sorgere i problemi». Tecnicamente tutto bene, quindi, finché il tossicomane non riacquista lucidità accusando, talvolta, crisi di carenza. Allora, spiegano i medici della rianimazione, di fronte a reazioni spesso violente si renderebbe necessario l'intervento di specialisti delle equipes comunali o di operatori dei centri antidroga, che meglio conoscono i problemi, anche psicologici, del tossicodipendente. «E' la stessa esigenza — conferma il professor Morgando. responsabile del servizio neurologico al pronto soccorso delle Molinette — cìie si presenta nel caso di semplici cure mediche a tossicomani affetti, per l'uso di droga, da epatiti, flebiti o polmoniti. Molti medici, dichiarandosi disposti a curarli nei propri reparti, manifestano però ansia e perplessità per i problemi di un rapporto a loro sconoscitito». Se vi fosse dunque maggior collaborazione tra le équipes del Comune e il personale ospedaliero cesserebbero anche quei dolorosi e incivili casi di ..palleggiamento» del tossicomane tra vari reparti? «Certamente — ammette il prof. Morgando — perché l'appoggio dì operatori esperti toglierebbe a medici e infermieri l'ansia di non saper affrontare e risolvere i diversi problemi delle tossicodipendenze. Il dilagare della piaga della droga è stata una cosa nuova che ha colto di sorpresa un po' tutti, ed è quindi necessario un certo "volontarismo" del personale ospedaliero per superare queste difficoltà: irrigidirsi su regolamenti o competenze non serve certamente anulla». L'organizzazione dei servizi di assistenza sanitaria garantisce insomma attraverso i centri comunali e i dipartimenti d'emergenza (con un medico, un chirurgo e un rianimatore di guardia 24 ore su 24). interventi immediati anche per le intossicazioni acute da droga. «E senza voler essere troppo ottimista — aggiunge il prof. Morgando — posso dire che, dopo la depenalizzazione dell'uso di droga e la concessione del diritto all'anonimato, i tossicomani torinesi hanno cominciato ad accostarsi con fiducia agli ospedali, nei momenti di difficoltà. Voglio aggiungere, per esperienza, che di solito le reazioni violente di questi giovani sono causate da maltrattamenti subiti o dall'azione di rigetto dell'ambiente nei loro confronti. E' importante, comun¬ que, che la violenza non sia premiata: le istituzioni devono essere ferme e darsi linee comuni di intervento, come è stato fatto per l'uso del metadone». Sì sono raggiunti risultati nella prevenzione e nella cura dopo il passaggio alle somministrazioni esclusivamente orali del metadone? «Non bisogna farsi illusioni perché, sia con le endovene sia con lo sciroppo, quasi tutti continuano a "bucare". Il metadone serve a far consumare un po' meno eroina, ad evitare la disperazione quando manca il denaro e, per gli operatori, a mantenere un rapporto col gioitane tossicomane». Per ora. conclude Morgando. il risultato più importante è non far morire questi ragazzi. Dagli Stati Uniti arrivano notizie di guarigioni spontanee dopo anni, perché l'eroina piace solo all'inizio: sopravvivere è già un passo avanti. Roberto Reale

Persone citate: Gesù, Morgando, Pattono

Luoghi citati: Cuneo, Stati Uniti