Gli intrighi della camorra per i pomodori al macero

Gli intrighi della camorra per i pomodori al macero In Campania distruzioni illegali per 10 miliardi Gli intrighi della camorra per i pomodori al macero Uno stesso camion pieno di ortaggi viene pesato diverse volte, con targhe differenti: così si incassano più volte le sovvenzioni dalla Cee - Il ministro Marcerà ha chiesto l'intervento della Guardia di Finanza per impedire frodi e truffe ROMA — «Avevamo chiesto di far scoppiare lo scandalo — mi dicono alla Confagricoltura — ma il ministero, all'ultimo momento, non se l'è sentita, e ha deciso di aprire i centri di raccolta per distruggere i pomodori. Però, almeno adesso Marcora s'è deciso a chiedere l'intervento della Guardia di Finanza per impedire le frodi. Inoltre, il ministero ha precisato die le distruzioni dovranno essere limitate alle situazioni eccezionali". Qual è lo scandalo? E' un insieme di camorra, di «arraffa tu che arraffo io», di povera gente che in qualche modo deve vivere, o con il contrabbando o con l'orticello di pomodori che non si sa a chi vendere. ..Ma l'agricoltura è una cosa seria — mi dice un funzionario della Conf ragricoltura — e noi dobbiamo tutelare l'interesse dei produttori^. Succede, invece, che in Campania anche il barbiere, anche l'operaio, anche lo spazzino coltiva pomodori, tutti hanno il loro orticello: «Se, poi, non troviamo da venderli, ci sono i soldi della Cee, l'Aima (Azienda di Stato per gli interventi sui mercati agricoli) li ritira, ci dà 70 lire il chilo, e li distrugge. Per noi va bene cosi». E cosi va da anni. Ma per i rappresentanti dei veri agricoltori, così come per i sindacati e anche per il ministro Marcora non va bene affatto. Tant'è vero che il nostro ministro, lo scorso anno ha convinto la Cee a cambiar sistema, per metter fine alla distruzione di tanta ricchezza (quest'anno, nella sola Cam pania si butteranno via alme no 10 miliardi, in pomodori). Il nuovo sistema è questo: non dare soldi per ritirare i pomo dori quando scendono al di sotto del prezzo d'intervento (fissato dalla Comunità), ma concedere premi all'industria di trasformazione affinché ritiri il prodotto e lo lavori. In questo modo, si pensava, non verrà più distrutto nulla: le industrie, con un premio di circa 106 lire il chilo, saranno invogliate a mettere in scatola più pomodori, anche i pelati e il concentrato perché si vendono bene, in Italia e all'estero. L'anno scorso il sistema ha funzionato. L'industria ha ritirato tutti i pomodori — sia dagli agricoltori, che dai produttori improvvisati — e. mi dicono alla Confagricoltura, ha anche fatto dei grossi af fa- i. Tra l'altro, come sostengono Benvenuto Benvenuti e Sergio Civinini nel loro saggio Chi ruba sulla spesa», molte industrie non rispettano la legge n. 96, secondo la quale il prodotto sgocciolato (cioè i pomodori pelati) non dovrebbe essere inferiore al 65 per cento del peso lordo della scatola: da un'indagine svolta a Roma, i tre quarti delle marche esaminate avevano nelle confezioni soltanto il 30-40 per cento di pomodori, il resto era un'allungatissima brodaglia. Dopo i buoni affari del 1978. quest'anno tutti si son voluti buttare su quell'«affare d'oro « che erano i pomodori, e così il sistema non ha più funzionato. Considerato che l'anno scorso l'industria non rifiutava nulla (neanche i pomodori con la muffa), metà Campania s'è messa a coltivare pomodori, facendo crescere l'offerta di quasi il 50 per cento. «Impossibile — dicono gli esperti della Confagricoltura — programmare una produzione che è suddivisa in mille rivoli. Lo si può fare in Emilia-Romagna, dove la produzione è in mano ad agricoltori professionisti, ma in Campania ognuno fa quel che gli pare». Questa è la prima colpa, ed è dei produttori. Poi ci sono quelle dell'industria di trasformazione. Anche se sono stati fatti degli accordi, quando l'offerta è sovrabbondante, viene la tentazione di tirare sul prezzo. Cosi, quest'anno, in Campania, l'industria s'è fatta preziosa: «Non posso ritirare tutti i pomodori, non ho i cestelli per la raccolta». Con i cestelli entra in scena la camorra. I piccolissimi produttori non sono organizzati, quindi devono ricorrere a «qualcuno» che dia loro i cestelli per raccogliere i pomodori. Se quel «qualcuno» non è l'industria, sarà la camorra, che preferisce definirsi «intermediazione», ma che comunque screma un bel po' di lire per ogni chilo. Del resto, sono molti a imbrogliare, sostiene la Confagricoltura: tra gli stessi produttori c'è gente disonesta che consegna per la distruzione non soltanto prodotti di prima qualità (come disposto dalla Cee). ma anche quelli di scarto, che nessun mercato accetterebbe e che quindi gli stessi produttori dovrebbero dare ai maiali. Ultima truffa, quella dei camion carichi di pomodori che arrivano ai centri di raccolta (e distruzione), dove li pesano, registrano il numero di targa e li avviano alle fosse di scarico; ma alcuni autocarri, invece di dirigersi verso le ruspe, entrano nell'aia d'una cascina compiacente dove qualcuno sostituisce la targa: cosi gli stessi pomodori vengono pesati (e pagati) più volte. «Un camion con lo stesso carico — mi dice un esperto della Confagricoltura — cambia anche quattro, cinque targhe». Per questo la Confagricoltura ha chiesto di mandare la Guardia di Finanza a controllare che i pomodori da distruggere siano quelli di prima qualità e che non si truffi con le doppie o triple pesate. L'organizzazione degli agricoltori aveva addirittura proposto al ministro di non aprire nessun centro di ritiro: Marcora, in un primo tempo, pareva d'accordo, ma poi ha dovuto cedere a molte pressioni. Cosi, però, sono state violate le disposizioni della Cee. che a-eva concesso i premi all'in' stria di trasformazione proprio per evitare distruzioni. Probabilmente non ci darà i soldi o per l'una o per l'altra operazione, oppure ci chiamerà in giudizio, come ha fatto lo scorso inverno per lo scandalo dei mandarini (sono stati ritirati dall'Aima anche quelli bruciati dal gelo); o come pare voglia fare per le pesche: alcuni produttori disonesti producono deliberatamente merce da buttare, ad esempio non sfoltendo i frutti sui rami, ma lasciandovi tutti quelli che la pianta può sostenere: cosi, naturalmente, si ottengono pesche grosse come ciliegie, con un velo di polpa tra l'osso e la buccia. Non fa nulla se nessuno le vuol comprare: si mandano ai centri di raccolta, si incassano i soldi della Cee e si truffa la Comunità, lo Stato e il cittadino-contribuente. Livi0 Burato

Persone citate: Benvenuto Benvenuti, Burato, Marcora, Sergio Civinini

Luoghi citati: Campania, Emilia, Italia, Roma, Romagna