1900 ANNI FA DAL VESUVIO, ORA DALL'INCURIA E DAL TURISMO di Francesco Santini

1900 ANNI FA DAL VESUVIO, ORA DALL'INCURIA E DAL TURISMO 1900 ANNI FA DAL VESUVIO, ORA DALL'INCURIA E DAL TURISMO Pompei è distrutta un 'altra volta I luoghi che nemmeno la terrìbile eruzione riuscì a cancellare sono assediati dal cemento dell'edilizia abusiva - Gli zoccoli di turisti intruppati da guide improvvisate rovinano pavimenti irripetibili - I custodi insufficienti contro i trafugatoli; erbacce e barattoli invadono gli scavi - Entrare costa 75 lire, nei Musei vaticani 2000 - «Tra vent'anni sarà tutto finito» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ' POMPEI — Paavo Castrèn, il finlandese che della vita politica e sociale della Pompei romana è, nel mondo, il maggior conoscitore, mostra indignazione: «Tra vent'anni, dice, tutto sarà distrutto». Camicia a scacchi, scarpe di tela, si scaglia con- tro l'incuria che aggredisce il più straordinario complesso archeologico della civiltà romana. Maledice il flagello dell'ignavia e predice: «Tutto cadrà in rovina». Le pietre stesse di Pompei, le testimoniarne di un periodo restituito, sema trionfalismi, «nell'essenzialità quotidiana, scompaiono per colpa di chi è chiamato a difendere il patrimonio del Paese». / luoghi che nemmeno l'eruzione riuscì a cancellare finiscono sotto gli zoccoli rovinosi di turisti intruppati da «guide improvvisate, che nulla sanno» e aspettano all'ingresso, con un cappello in testa, disposte ad accompagnare un gruppo e a trasformarsi, nei tempi morti, in «guardiamacchine» abusi tri. L'alba è spuntata su un giorno che si annuncia eguale agli altri. Pompei, 24 agosto 1979: si celebra il millenovecentesimo anniversario della più famosa e tragica eruzione vesuviana. Una trasmissione televisiva in mondovisione invia, per satellite, le immagini di un film sulla catastrofe. La cultura ufficiale lancia i suoi appelli. Si ricorda la vita di una città prima della morte, si dimentica la vigilia di una seconda sepoltura. Pompei, riemersa dagli scavi, si cancella sotto i piedi di turisti ciabattoni: soffoca, stretta dalla nuova lava del cemento. La follia edilizia stringe gli scavi, s'arrampica sul pachiderma del vulcano addormentato. Gli zoccoli dei visitatori consumano pavimenti irripetibili, l'assalto della speculazione aggredisce falde nere di lava: centinaia di piccoli edifici, di casette, di ville, sorte nell'abusivismo. Il Vesuvio è ridotto a un immondezzaio. Sacchetti di plastica e lattine di bibite, cartacce e vetridi bottiglie. Turisti e cemento. Si costruisce sul Vesuvio che dorme, si prende all'assalto l'ingresso agli scavi. Caldo e schiamazzi. Macchine fotografiche e contrattazioni veloci con i venditori di cianfrusaglie. Si acquista di tutto. Riproduzioni del Foro e miniature assurde della Casa dei Vettii. Sugli stessi banchi, plastica e conchiglie; Grotte Azzurre e reggie di Caserta. Amorini e «mattoni del '79 dopo Cristo». Il primo pullman di giapponesi si ferma a Pompei per 45 minuti. Il programma è nutrito. Sono arrivati da Roma. A Napoli hanno dedicato due ore, ma c'è Sorrento che aspetta e poi, pronto, l'aliscafo per Capri. Un giro in barca alla Grotta Azzurra. Pranzo in piazzetta. Traghetto e, di nuovo, pullman, a Mergellina, per ritornare a Roma dopo una sosta a Caserta. Per Pompei non restano che tre quartid'ora. Un milione e mezzo di visitatori ogni anno, centomila vani abusivi ogni dodici mesi, per la seconda sepoltura di Pompei, mentre, da qualche tempo, circola l'idea di un ■•parco del Vesuvio-. In un'ottica di conservazione globale si tenta di far decollare un concetto di salvaguardia più vasto che blocchi il processo didegradazione. L'oltraggio non colpisce soltanto gli scavi ma s'allarga all'intero comprensorio, dal vulcano alle ville, dal mare all'entroterra, da Ercolano a tutta la fascia dei paesi nolani. Non ci sono soltanto i trafugatori abilissimi che nel gennaio del '77 strapparono undici affreschi o i turisti che ricoprono le strade di rifiuti e invadono di cartacce persino il pavimento della Villa dei Misteri, c'è, più vasta, l'assenza di chi dovrebbe conservare un patrimonio irripetibile. L'esercito dei visitatori s'è gonfiato, nel giorno del millenovecentesimo anniversario, di altre 18 mila unità. Hanno visto le erbacce inesorabili e prolifiche che invadono le case allineate, hanno lasciato cartacce e barattoli. I custodi, sparsi sui 40 ettari degli scavi, nulla possono. Mostrano, a interrogarli, un gusto raffinato, una competenza minuziosa. Grande è l'attaccamento al luogo di lavoro. Tutti ricordano il vecchio maestro, Giovanni, che dando inizio alla visita, per prima cosa, diceva ai turisti del suo gruppo: 'Pompei non si immagina, si vede!». Giovanni, che aveva conosciuto i nomi dell'archeologia mondiale, non c'è più. L'ha sostituito, nella responsabilità del servizio di custodia, Vincenzo Sicignano. Amareggiato da un turismo di massa che «squalifica ogni iniziativa», Sicignano mostra la guida del Monaco, ingiallita nell'edizione 1915. Indica la prima riga: «Ingresso, adulti, 1 lira; fanciulli, centesimi 50». Per lui il nodo è tutto qui: «Per entrare, dice, si pagano oggi 75 lire». La fila preme al botteghino. «Tutti con mille lire, e noi senza spiccioli, si allunga la coda, si perde tempo, si incassa poco». Paavo Castrèn annuisce: «I Musei Vaticani costano 2000 lire. Anche qui si faccia altrettanto. Con un milione e mezzo di visitatori ogni anno tutto sarebbe risolto». Poi riflette: «Se molti non venissero sarebbe meglio». E Vincenzo Sicignano aggiunge: «E' uno scandalo, il giorno del lunedi dell'Angelo, i visitatori si raddoppiano. I napoletani vengono qui per la gita di Pasquetta. L'ultima volta ho sorpreso, nel Foro, un gruppo che giocava al pallone, con le porte segnate dalle colonne centrali. Certo, con 75 lire si entra, mentre per rimanere mezz'ora a Capri, nel buio della Grotta Azzurra, si spendono 5 mila lire». Centottanta custodi, divisi in cinque turni, per 40 ettari «di controllo difficile», ricchi di nascondigli, di angoli morti. Il Foro, le Terme non ancora ultimate, l'Anfiteatro, i templi, le fontane, le iscrizioni sui muri, la pubblicità dipinta accanto alle botteghe, le pitture sulle pareti, gli oggetti quotidiani. Sicignano si stringe nelle spalle: «E' impossibile tener d'occhio tutto questo, facciamo del nostro meglio. Ma non sono io che debbo parlare, c'è 11 direttore». Stefano De Caro, 29 anni, direttore del più prestigioso complesso archeologico italiano ha il tempo di dire: «Qui ci sono soltanto io, solo». Ha vinto il concorso nel 1975: «Sono entrato un anno dopo, nel '76, ma sono l'unico archeologo addetto non soltanto agli scavi di Pompei ma anche a tutti i comuni del Nolano, da Boscoreale a San Giuseppe Vesuviano, a Palma Campania, a Nola ». Preso dalla funzione amministrativa, deve trascurare quella scientifica. Si completano, in questi giorni, gli scavi a Nord della casa di Marco Fabio Rufo. «Più che completare, dice Stefano De Caro, si sta chiudendo. Si va avanti dagli Anni 50, è meglio concludere in fretta». Il pericolo è ancora quello dei furti e dei quattrini che non si riescono a spendere. La legge speciale per Pompei, 3 miliardi in 5 anni, nulla ha risolto. Dice De Caro: «Un piccolo scavo non dà problemi ma un milione e mezzo di persone che circolano su quaranta ettari, diventano un problema della città, anzi della regione, del Paese». Paavo Castrèn è drastico: «Bisogna smetterla di scavare, è inutile. La necropoli di Porta Nocera, scavata dal Maiuri, non è stata ancora studiata. C'è la possibilità che venga affidata a un gruppo internazionale. Altrimenti, se non si arriva in fretta, andrà In rovina». La legge speciale per l'occupazione giovanile poteva risolvere parte dei problemi. Duecentododici ragazzi assunti per un anno, lasciati abbandonati a sé stessi, de'stinati a strappare le erbacce. «Ma con le mani perché non ci sono mezzi, tutto manca, pale picconi e rastrelli», dice Edoardo Italiano, concessionario del ristorante che sorge all'interno degli scavi. Ha trasformato il suo locale in self-service: «Anch'io mi sono adattato al turismo di massa, precisa, e spesso debbo intervenire non soltanto come concessionario del selfservice ma in mille altre funzioni». Luigi Fiorino, custode, regola la fila all'ingresso. «Il vero problema è la notte, dice, 18-20 di noi, lasciati su un territorio sterminato. Si chiude troppo presto, alle 17,30 ci sono ancora due ore di luce. Se lasciassimo ai turisti la possibilità di circolare fino alle 19,30 avremmo due ore in più di controllo da parte del pubblico. Via i visitatori, i ladri possono operare ancora alla luce del sole». Arrivano Paul Zanker e Agnes Allvogen Bedel. Zanker è tra i nomi più prestigiosi per la scultura romana, l'Allvogen Bedel si distingue per la pittura. Nel millenovecentesimo anniversario della distruzione di Pompei, i due studiosi calzano, anche loro, scarpe dì corda. Si soffermano nella casa dei Vettii. Il pavimento è in rovina: «Tutti passano, dice Zanker, tutto distruggono». L'Allvogen Bedel annuisce in silenzio. E' sera. Nella luce che si smorza, Stefano De Caro li accompagna nella casa a Nord della casa di Fabio Rufo. Si accendono ì riflettori della televisione. Qualcuno finge di scavare dinanzi alle telecamere. «Avete ripreso?», domanda Zanker stupito. «No, no, rassicuro De Caro, stiamo chiudendo ». Alle spalle di Pompei, il Vesuvio disegna il suo profilo e s'accende delle mille luci dell'abusivismo. «'A muntagna sta zitta», dicono i contadini della zona. Paavo Castrèn ripete le parole del Maiuri: •Scavare è facile, difficile è conservare». Poi riflette: «Neppure lui, Maiuri, che è stato per tanti anni il padre spirituale di Pompei, riuscì a opporsi al primo scempio del cemento: è vero, la monta' gna sta zitta, forse se tornasse a vomitare pomice, lapilli e cenere, la barriera abusiva del cemento salverebbe I Pompei. Ma è una considera1 zione troppo triste ». Francesco Santini