Anche nella compassata Londra si comincia ad occupare le case

Anche nella compassata Londra si comincia ad occupare le case Un fenomeno che interessa le zone più periferiche Anche nella compassata Londra si comincia ad occupare le case Frattanto le famiglie che affittano sono in allarme: il governo conservatore vuole «privatizzare» l'edilizia pubblica - Il padrone di casa si sostituisce allo Stato DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE LONDRA — Nella sua corsa alla smobilitazione del settore pubblico e alla restaurazione del privato, il governo di Margaret Thatcher ha messo le mani su un tasto esplosivo, quello della casa. Privatizzare le Poste di Sua Maestà, come qualcuno aveva proposto, sarebbe al confronto uno scherzo. Nell'autunno verrà presentato un progetto fondato sulla drastica riduzione dell'edilizia pubblica sovvenzionata e sull'aumento dei canoni sociali, con probabilità di raddoppio. Sei milioni e 600 mila famiglie, oltre un terzo della popolazione del Regno Unito, pagano mediamente circa 50 mila lire mensili per occupare case di proprietà pubblica spesso dotate di un piccolo giardino. Se i canoni venissero raddoppiati, come propongono i conservatori, «si avrebbe un attacco alla società intera, non soltanto al settore pubblico dell'edilizia», dice il deputato laborista Alan Roberts. già presidente del Comitato municipale per la casa a Manchester. L'opposizione è capeggiata da ..Shelter... associazione nazionale per i senza casa con compiti analoghi a quelli del «Sunia... ma rigorosamente apartitica, con statuto di ente morale e base volontaristica (una «Charity»). Nella sede di •Shelter» affittata dalla parrocchia in Waterloo Road 157. Christian Wolmar mi illustra le dimensioni del conflitto innescato dai conservatori. Una delle conquiste del passato era stala la graduale scomparsa della figura del padrone di casa, cioè del privato che dà in affitto i suoi alloggi Chi aveva qualche risparmio comprava la casa: il 53 per cento delle abitazioni esistenti (20 milioni e 500 mila, di cui 15 milioni in villette unifamigliari) è goduto in proprietà. Chi ha salari bassi si rivolge alle amministrazioni locali: costruiscono buone case, a volte ottime, affittate a canoni sociali. Oggi, tenendo conto dei sussidi-casa, con sei sterline la settimana (44 mila lire mensili) si vive in una villetta o in un alloggio di tre stanze, bagno, cucina, avendo magari un ritaglio di verde. Tutto questo richiede un'enorme quantità di denaro pubblico. La spesa per l'edilizia sovvenzionata e per i sussidi si aggira sugli ottomila miliardi di lire l'anno. Era già diminuita degli anni migliori, come il 1970. quando le abitazioni iniziate da enti pubblici furono 173 mila, contro le 107.400 del 1978. Ora il governo conservatore vuole ridurre la spesa pubblica per la casa, dimezzando le abitazioni sovvenzionate. Chi darà un tetto ai 200 mila londinesi iscritti nelle liste di attesa?». Tony Aldous. uno degli scrittori più attenti alle vicende urbanistiche del suo Paese, già critico del Times e autore di libri di denuncia come Good-bu Britain, mi accompagna nella visita ai più recenti quartieri di iniziativa pubblica. realizzati dal «Grcater London Council» |(possiede nella capitale oltre 200 mila alloggi) sulla riva destra del Tamigi, dove un tempo si affastellavano docks abbandonati. Siamo poco lonta- ni dal ponte della Terre di Londra, mezz'ora dal centro. Blocchi di appartamenti a molti piani, di disegno pulito, sono disposti lungo il fiume con larghi spacchi verdi, articolati su terrazze e giardini interni. Viali alberati a senso unico, parcheggi esterni e sotterranei, campi di gioco per i bambini, asili. In una città come Milano o Torino questo sarebbe un quartiere di privilegiati, affitti sulle 400 mila mensili. «Per un appartamento standard, 89 metri quadri, dotato di tutti i servìzi, l'affitto varia tra le 12 e le 20 sterline settimanali» mi dice Tony, aggiungendo: «Perù la gente che vive qui non è contenta. Gli inglesi odiano gli appartamenti, le case a molti piani. Preferiscono sempre la casetta singola con giardino. La politica delle torri, come noi definiamo i palazzi a molti piani, è stata un fallimento». Una parentesi sulla struttura pubblica per l'edilizia. A partire dal dopoguerra, e con torte accentuazione nei perio- | di in cui i laboristi ebbero il ! potere, la politica inglese per j la casa si era fondata sulla prevalenza dell'edilizia pub-1 blica. affidata ad enti locali paragonabili ai nostri Comuni o alle nostre Province, alle »new towns». a associazioni j senza fine di lucro, e finanziata largamente dallo Stato. Grande impulso avevano dato le leggi per la casa del 1964. del 1969 e del 1974 (quell'anno i laboristi ritornarono al potere). Nel 1970 ben 180.100 abitazioni paragonabili alle nostre Iacp vennero ultimate e 153.800 vennero iniziate. Nel 1975 173.800 abitazioni iniziate nel settore pubblico. 163 mila consegnate. Poi il declino, fino ai minimi del primo semestre 1979: soltanto 39.500 abitazioni iniziate da amministrazioni pubbliche, contro 63.300 del settore privato. Il capovolgimento aveva avuto inizio nel 1976-77 quando i conservatori strapparono ai laboristi molti Consigli comunali (uso il termine impropriamente per facilità d'intesa) ai quali sono affidate l'iniziativa per le case sovvenzionate e la loro gestione. I poteri locali sono molto ampi. Una amministrazione comunale può anche espropriare abitazioni tenute sfitte (in Inghilterra le case vuote sono circa 750 mila comprendendo le «seconde case», meno di un quarto degli alloggi inutilizzati in Italia). La stessa amministrazione distribuisce i sussidi-casa che arrivano a dimezzare l'affitto quando la famiglia non ha entrate sufficienti. Gli inglesi appartenenti alle fasce economicamente più deboli si erano abituati da anni a contare sulla casa a canone sociale e su una forte protezione attuata sia col blocco degli affitti (vale per tutti i contratti risalenti fino al 1957. eccettuando gli alloggi di lusso) sia con l'equo canone o fair rent che viene stabilito da un pubblico ufficiale e che resta immutato per tre anni. Anche l'acquisto di una casa era facilitato dall'ampia disponibilità di villette e appartamenti costruiti da enti pubblici o associazioni senza fini ! di lucro, a costi relativamente bassi: da 25 a 30 milioni in una new town o in un sobborgo modello. I conservatori sembrano decisi a cambiare tutto. «Propongono di vendere gli alloggi pubblici agli attuali occupanti in affitto, offrendo sconti fino al 30 percento se il contratto ha più di vent'anni. Ma dimenticano che le famiglie in affitto sono le più povere, non possono trovare i capitali necessari all'acquisto», mi dicono alla «Shelter». L'Associazione, fortemente critica nei confronti del nuovo governo, prevede un'ondata di occupazioni abusive nei prossimi mesi. A Brixton. un sobborgo meridionale di Londra, ecco un esempio di occupazione abusiva, attuata in questi giorni da decine di famiglie bianche e di colore. Brixton. benché si trovi a venti minuti dal centro, è una città che ha ben poco della Londra visitata dai turisti. Appena uscito dalla stazione dell'Underground mi trovo immerso in una folla di neri, frammisti a minoranze bianche. I negozi e i grandi magazzini sono vistosi, ricolmi di merci coloratissime (la vetrina dell'orologiaio tutta orologi grandi e dorati). Al fondo di un viale ecco una serie di case a quattro-cinque piani, in j mattoni rossi, col prato verde | attorno. Un cartello, con lo I stemma di Londra, indica | «Tulse Hill Estate». L'intero blocco appartiene al Greater London Council. che ha costruito le case, le scuole, gli j asili, e mantiene il vicino par-| co. Nessuna scritta, nessuna : insegna che riveli l'occupazione in atto. Tutto è avvenuto silenziosamente: glisquatters si sono installati negli appar.amenti vuoti, hanno messo le tendine ai vetri e i gerani sui balconi. Anche le lotte per la casa vengono qui ovattate, con scarsa eco sui giornali. Ma il giro di vite che è nelle intenzioni dei conservatori, potrebbe avere effetti imprevedibili, tanto più nel momento di cre-j scita delle tensioni razziali, accentuate dalla difficoltà di trovare casa quando si ha lai pelle scura. Mario Fazio in il ih uhi limi il imi li iti li uni li mi li mi il mm i"

Persone citate: Alan Roberts, Britain, Christian Wolmar, London, Margaret Thatcher, Mario Fazio, Tony Aldous