Quel gigante di Bruckner ha aperto le «Settimane» di Massimo Mila

Quel gigante di Bruckner ha aperto le «Settimane» Quel gigante di Bruckner ha aperto le «Settimane» STRESA — Anche senza il consueto apparato corale (che non mancherà invece per la conclusione, col Requiem di Mozart), il diciottesimo Festival internazionale di Stresa ha avuto degna inaugurazione in campo sinfonico con la presenza di un'importante orchestra tedesca, in un programma ben congegnato. L'orchestra è la «Staatskapelle di Dresda-, che si vanta d'essere la più antica del mondo, potendo esibire il documento autografo della propria fondazione, da parte di Maurizio di Sassonia, il 22 settembre 1548. Da allora non ha cessato mai di funzionare e nella lunga lista dei musicisti che ne sono stati a capo vanta nomi come Schuetz, Masse, Weber, Wagner. Ma è conosciuta anche come «l'orchestra di Strauss», poiché, lavorando anche per l'opera di Dresda, partecipò alle prime esecuzioni di Feuersnot, Salome, Elettra e Cavaliere della Rosa. Da pochi anni ne è competente e ancor giovane direttore Herbert Blomstedt, che per l'inaugurazione delle Settimane musicali ha diretto nel teatro del Palazzo dei Congressi, completamente esaurito, un programma assai adatto all'occasione. Il Concerto in do maggiore K.467 di Mozart si presta molto bene ad una cerimonia inaugurale. E' altrettanto cor¬ poso, dal punto di vista orchestrale, quanto il suo gemello in re minore K.467, ma non ne condivide la tensione tragica. E' festoso, brillante e, nel primo tempo, cavalleresco, quasi marziale: coi suoi bonari accenni di fanfara appartiene alla categoria del «concerto militare- così spesso illustrata dai concerti violinistici del piemontese Viotti. Se il pianista Peter Roesel ne avesse fornito un'esecuzione più disinibita, la funzione inaugurale sarebbe stata perfettamente adempiuta. Invece, il solista, tecnicamente ineccepibile, ha preferito toni di raccoglimento intimista e quasi crepuscolare, mettendo in valore specialmente la poesia delbellissimo «andante». A dare la piena misura della compagine orchestrale è valsa l'imponenza della Settima sinfonia di Bruckner, probabilmente la più bella e in ogni caso la più popolare delle nove (o undici, se si contano le due sema numero) che scrisse il candido organista storiano. La ricchezza dei contenuti espressivi, in continua alternanza d'entusiasmi mistici e di crisi mortali, di fervori e di aneliti, vi tende la forma sinfonica a misure gigantesche, che impongono all'ascoltatore un'attenta memorizzazione delle evoluzioni tematiche, sapientemente distribuite nel trascorrere delle tonalità. Ma la melodia fluente e l'intensi- tà dell'armonia ne rendono possibile anche un godimento per così dire, frammentario. Il turgido splendore dell'orchestrazione, che va dal timbro cavernoso di quattro tube wagneriane, mai usate fino allora in sede sinfonica, a miraggi di eterea leggerezza, parla con immediatezza comunicativa e gonfia il tessuto orchestrale in frequenti e gloriosi clangori di corale organistico. Dopo la serenità esaltata dell'enorme primo tempo, il presagio dell'imminente morte di Wagner stende un velo funereo sull'altrettanto enorme «adagio» (quello di cui Visconti fece così sapiente uso nel film SensoA mentre scherzo e finale sono tra i più gioiosi che Bruckner abbia mai scritto; ma, a dire il vero, non valgono — specialmente il finale — a controbilanciare adeguatamente la potente carica emotiva dei primi due movimenti, sicché la gigantesca sinfonia pencola un poco in avanti, come una nave troppo carica a prua. L'esecuzione è stata condotta, salvo errore, sulla moderna edizione critica, ormai generalmente adottata, dello Haas, cioè senza il sensazio naie e discusso colpo di piatti che cade come una mazzata sul terribile climax dell'«adagio». In origine Bruckner non lo prevedeva e fu Nikisch a suggerirglielo. Bruckner, ch'e ra un uomo modesto, sempre in devota ammirazione di fronte all'esperienza dei direttori d'orchestra, accettò il vistoso ritocco e lo inseri nel manoscritto della partitura Ma poi ci ripensò, e scrisse sopra: gilt nicht, non vale. Così adesso non sappiamo che pescipigliare. Non c'è stato bisogno del colpo di piatti per apprezzare lo splendore fonico dell'orchestra dì Dresda, specialmente gli ottoni, e la sicurezza del direttore Blomstedt, lungamente applaudito dal pubblico, come già il pianista Roesel dopo la prima parte del con- Massimo Mila certo.

Luoghi citati: Dresda, Sassonia, Stresa