Indira Gandhi fa «saltare» il governo di Charan Singh
Indira Gandhi fa «saltare» il governo di Charan Singh Ha ritirato l'appoggio dei suoi 71 deputati Indira Gandhi fa «saltare» il governo di Charan Singh DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE NEW DELHI — // governo di Charan Singh si è dimesso ieri mattina, meno di un'ora prima die i parlamentari incominciassero a discutere la mozione di fiducia. E' stata una resa drammatica: il premier tentava di leggere un'affrettata dichiarazione politica, i rappresentanti dell'opposizione tumultuavano e lo zittivano gridando: «Vergogna, vergogna». Il dibattito doveva iniziarsi alle dieci, ma tutti i programmi sono saltati quando Indirà Gandhi ha fatto sapere al primo ministro che gli ritirava l'appoggio dei suoi 71 deputati. All'improvviso. Singh si è trovato sema più maggioranza. L'India sembra prepararsi a nuove elezioni, interrompen ■ do per la prima volta nella sua storia il corso ordinario di una legislatura: ci sono molti rischi dietro questa decisione, e già un manifesto d'un gruppo d'intellettuali di New Delhi vede preoccupato «il riemergere di condizioni che legittimano un altro intervento autoritario». Charan Singh. che aveva appena battuto Dcsai. passando in pochi anni da notabile di provincia a figura dominante di questo stermi¬ nato Paese, deve ora cedere alla Gandhi. Charan Singh era stato nominato primo ministro il 28 luglio. Il suo nuovo partito, il Janata, (ateo, non aveva una maggiorama sufficiente di voti nella Camera Bassa, ma neppure il primo ministro dimissionario. Morarji Desai. sembrava potersi dire sicuro d'una maggioranza. Nell'incertezza, il presidente Sanjeeva Reddy aveva chiesto ad entrambi i leader di fargli avere un elenco dei deputati che assicuravano, all'uno o all'altro rispettivamente, il voto di fiducia. Ne era venuta fuori una storia equivoca, con quaranta nomi iscritti in entrambe le liste, e uno scaìnbio aspro di accuse e invettive. Alla fine Reddy aveva calcolato che la lista contenente meno «errori» era quella di Singh. e gli aveva dato l'incarico. Costituzionalmente, era un atto di assoluta correttezza, che ripeteva lo stile formale e il cerimoniale politico appreso nei lunghi anni del dominio coloniale inglese. Sotto però, nel modo e nel clima con cui si era arrivati a quella decisione, c'erano già i segni che la storia e la cultura dell'India stanno prendendosi una loro vittoria. Il modello politico che. dagli anni di Nehru. ha retto la vita parlamentare della democrazia indiana era quello del bipartitismo, «il Westminster style». Oggi questo modello appare consumato in una frammentazione di forze e di simboli dietro i quali è difficile ravvisare una reale rappresentatività. Il Congress Party di Gandhi, un tempo il partito dominante della Camera Bassa, è oggi divìso in cinque fazioni; i comunisti hanno due partiti, i socialisti almeno tre. All'Istituto di Storia dell'università qualcuno dice che «forse dovremmo studiare ora proprio il modello italiano». Ciò die appare specifico nel nuovo «modello indiano» è la netta prevalema del potere sulle ideologie. Le dimissioni e le defezioni sono una costante della storia parlamentare indiana, e il fascino del potere sembra attrarre irresistibilmente una classe politica concentrata in un'elite assolutamente minoritaria. Mai come Mimino Candito (Continua a pagina 2 in prima colonna)
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