Le lettere della domenica

Le lettere della domenica Le lettere della domenica Direttore artistico terribile mestiere Non c'è dubbio che Massimo Mila, nel suo articolo «Il direttore artistico, un terribile mestiere», ha puntualizzato con estrema chiarezza i compiti del direttore artistico di un teatro lirico. Credo utile tuttavia una breve postilla, destinata al confronto tra i due sistemi di organizzazione teatrale: a repertorio e stagionale. Il rischio del teatro a repertorio non è soltanto di «assopirsi in un abitudinario conformismo di consuetudini municipali», ma anche di abbassare il livello degli spettacoli a una sorta di inaccettabile routine, magari con interpreti raccogliticci che si vedono per la prima volta solo in palcoscenico pochi minuti prima che la recita abbia inizio. Credo inoltre che almeno una parola di incoraggiamento meriti l'esperimento bolognese in atto da alcuni anni e ricalcato sull'aureo modello toscaniniano (allestimento di uno stesso spettacolo durante più stagioni consecutive, ma praticamente con il medesimo castdella «prima»). Sta di fatto che. soprattutto se esercitato fuori d'Italia in modo più libero da implicazioni politiche, il mestiere di direttore artistico conserva intatto il suo fascino, pur con tutte le innegabili difficoltà che esso comporta. Giorgio Gualerzi, Torino «Non nazionalizzate il professionista» Prendo spunto da articoli della Stampa («Dipendenti pubblici: vasta indagine degli iscritti ad Albi professionali»: «Umiliante pensione: ad un ingegnere meno di 200 mila lire al mese») per formulare alcune proposte. L'iscrizione all'Albo professionale dovrebbe essere accolta per i laureati che abbiano sostenuto l'esame di Stato e dopo una provata documentazione di aver esercitato pratica presso studi professionali, enti, società, industrie eccetera. Solo chi esercita la libera professione può essere iscritto all'Albo professionale. E' incompatibile l'iscrizione all'Albo per chi esercita altro lavoro o attività; ad esempio: dipendenti comunali, funzionari della Regione, del Genio civile o comunque d> enti statali. Sia assolutamente vietata l'iscrizione all'Albo per coloro che esercitano un qualsiasi altro lavoro e in particolare anche per coloro che sono già in pensione. Ritengo che una regolarizzazione della situazione creatasi sia a tutto vantaggio dei giovani laureati. Perdurando l'attuale stato di cose si potrebbe pensare che i nostri politici vogliano soffocare o eliminare la libera professione nazionalizzandola. Carlo Ferrari Sanremo (Im) Quel viaggio è finito in Procura Riprendendola da un'agenzia. La Stampa ha pubblicato con il titolo «Denuncia controllore che lo ha costretto a scendere dal treno» una notizia che mi riguarda. Infatti, in seguito a un mio esposto, la Procura della Repubblica di Venezia ha emesso comunicazione giudiziaria nei confronti del controllore per abuso d'ufficio, soppressione di atto pubblico e interruzione di pubblico servizio. Nella notizia sono però adombrate anche mie presunte irregolarità, che non corrispondono al vero: io ero munito di regolare biglietto Milano-Trieste, biglietto trattenuto dal controllore e da questi esibito agli agenti di Polizia ferroviaria di Mestre accorsi su mia richiesta, ma poi sparito. Inoltre, essendomi riservato di inoltrare l'esposto, avevo pagato le 2600 lire per la tratta Venezia-Mestre, ma il controllore, subito dopo la partenza da Mestre, pretendeva che pagassi anche la tratta Mestre-Trieste. L.Pillinini.Trieste Diffìcile libertà quotidiana Dice bene il lettore che domenica scorsa scriveva: «La vera libertà dev'essere conquistata dentro di noi. rispettando noi stessi e gli altri». Tuttavia s'è accorto che questa massima è un po' troppo ottimistica e ha riconosciuto che si tratta di «un esercizio lungo e difficile». Io vorrei soffermarmi su quel «difficile». Libertà, nel rispetto di tutti, significa anche poter parlare e fare liberamente, purché non si danneggi alcuno. Consideriamo soltanto l'ambiente di lavoro, per non allargare troppo il discorso: quante volte «possiamo» dire davvero ciò che si pensa? quante volte «possiamo» non obbedire, in modo civile ovviamente, a un ordine stupido? quante volte «possiamo» manifestare allegria o tristezza senza turbare l'ordine precostituito? quante volte «possiamo» compiere un gesto di solidarietà o di simpatia senza metter in moto meccanismi di diffidenza o rivalsa da parte di colleghi e dirigenti? Può darsi che i giovani, almeno loro, siano ancora immuni da questi condizionamenti, ma un padre di famiglia, che ha bisogno di quel lavoro e di quello stipendio, è costretto a passare la maggior parte della sua vita sforzandosi di soffocare la spontaneità, la propria capacità critica e qualsiasi spirito di iniziativa. Come pensionato (prima, probabilmente non avrei scritto), con quarantanni di lavoro dipendente alle spalle, domando: dov'è la libertà in tutto questo? Vico Ferrerò. Milano Antropologia nella Valle Orco Nell'articolo del prof. Umberto Oddone sulle ricerche di antropologia e archeologia nella Valle Orco, per il quale desidero esprimere la mia gratitudine, si sono insinuate omissioni e inesattezze su cui vorrei mi fosse concesso intervenire. Gli scavi sulla Rupe di Salto, che ho il privilegio di diri¬ gere per incarico della Soprintendenza Archeologica del Piemonte ora retta dalla dott. Liliana Marcando, si'inseriscono dall'anno scorso in un più vasto piano di ricerca scientifica, di promozione della cultura e di cooperazione sociale, denominato «Progetto Orco - Alto Canavese». Tale progetto è formulato come quinquennale ed è gestito dalla Unità di Preistoria e Paleoecologia umana da me formata presso l'Istituto di Antropologia dell'Università di Torino, e dal Comitato Ricerche e Studi Alto Canavese (Corsac). appositamente costituitosi a Cuorgnè. Una Boira Fusca non è dono del caso (si va e si «trova»). è stata invece prodotta dalla ricerca inesperta ma intelligente di due operai di Valle Orco. Dacché feci presente a chi di dovere il mio parere professionale sul presumibile interesse del sito nel 1973. i ricercatori hanno dovuto attendere quattro anni l'assenso all'iniziarvi ricerche, resi impotenti dal capriccio emozionale-burocratico di un funzionario di Stato. Il consenso è poi venuto per una motivata insistenza dei «dilettanti», fra cui il gruppo «Ad Quintum» ha esercitato un ruolo decisivo. La Boira Fusca non ha per ora dato punte di frecce né strumenti metallici. L'orso delle caverne, estintosi da noi prima della fine del Paleolitico, non è rappresentato nella grottina. Quanto ai procedimenti di scavo e di registrazione dei dati, quello che colleghi stranieri lusinghieramente chiamano «the Turin Method» è una variante innovativa radicata nella metodologia oggi comune alla migliore archeologia internazionale. Francesco Fedele, Torino Istituto di Antropologia e Etnografia Tecnici o politici al governo Passata la fase calda della crisi di governo, mi siano permesse alcune osservazioni sulla presenza dei tecnici nell'esecutivo. Chi è definito «un tecnico»? Un professore universitario, uno studioso: o anche, ma con più rare presenze, un manager di grandi aziende. Ebbene: da quando si dà per scontato che un ottimo teorico sia automaticamente un ottimo governante? Può anche succedere, ma le due funzioni non sono affatto interscambiabili, né l'Italia ha gran bisogno di bellissimi progetti di carta. Qualche garanzia in più può venire dai grandi ìnanagers, che in realtà, nel condurre un'azienda, fanno scelte politiche più degli stessi politici. Ma anche in questo caso possono rivelarsi buoni ministri soltanto di settori particolarmente caratterizzati, in cui possano impiegare la loro capacità specifica. Con tutto ciò non voglio sostenere che un politico sia meglio di un tecnico. Dico che è errato, o almeno imprudente, l'equazione: tanti tecnici uguale buon governo. Lino Verano.Novara La vita umana è anche progresso Mi associo alla tesi di Guido Ceronetti in «Sciogliere (e rifondare) i partiti», salvo quel passo che considera l'industrialismo «orrido demone». La visione catastrofica della tecnologia e dell'industria moderne è certamente una visione poetica da rispettare e. per alcuni versi, da accogliere. Ma se poeticamente si può sognare e sperare nel tutto idilliaco, la realtà concreta della vita e dell'uomo è cosa ben più triste, e comunque modificabile dalla poesia come dalla scienza. Non è pensabile rinnegare il lavoro, la scienza, l'industria, in quanto la vita è lavoro, trasformazione, adattamento, progresso. Renzo Manganelli, Firenze Era migliore la vecchia caccia Il Piemonte ha una sua nuova legge venatoria, dopo le pressanti richieste degli interessati. Non era necessaria, poiché quella esistente già presentava ciò che di meglio si era riusciti a fare in questa Italia di cacciatori-sparatori. Ora, con molti articoli e lun ghe perifrasi si cerca di giustificare la caccia persino nei mesi invernali e la cattura di specie per scopi diversi da quelli proposti. Abbiamo bisogno di una sola, brevissima legge: lasciamo vivere gli animali selvatici. Noi abbiamo estremo bisogno di loro, essi non hanno bisogno di noi. Berto Poma, Genova (e altre 9 firme) Servizio di leva senza rimpianti Ho letto l'articolo «Dietrofront e dintorni» nel quale Luigi Firpo descrive alcune operazioni proprie del servi zio di leva, ricordato quasi con un'ombra di rimpianto. In finale afferma che «l'esempio dell'esercitazione in ordine chiuso rivela che gli uomini si fabbricano, si foggiano, si plasmano come creta». Evidentemente Firpo dimentica che solo i regimi antistorici si arrogano la pretesa di formare gli uomini a loro piacere, disprezzando ogni più elementare diritto civile e politico, reggendosi sul sopruso legalizzato. In Italia la leva è un istituto retrivo e reazionario, svuotato di qualunque significato e utilità. Sarebbe, invece, un atto democratico e illuminato abolirla. Ezio Marinoni, Torino