Venticinque anni fa moriva De Gasperi
Venticinque anni fa moriva De Gasperi Venticinque anni fa moriva De Gasperi (Segue dalla l'pagina) cana con l'aiuto determinante del partito comunista (ma non dei socialisti né dei repubblicani). Era quello il prezzo obbligato per sconfiggere le tendenze integraliste fermentanti nel mondo cattolico, per garantire il lealismo della Chiesa alla Repubblica. La difesa puntigliosa e aggressiva della «centralità democristiana», rispetto alla sinistra marxista non meno ! che alla destra qualunquista [ o nostalgica, consenti a De j Gasperi di gettare le basi per un lungo periodo di «leadership» o di «egemonia» del suo J partito. E' la parabola che comincia con l'estromissione di comunisti e socialisti dal governo nel maggio 1947, che tocca il suo apice con la vittoria elettorale del 18 aprile 1948, che si traduce nella feconcia esperienza del centri-1 smo, cioè della stretta allean- i za con le forze di democrazìa laico-riformatrice, commisu- ; rata ai ritmi e alle scadenze della guerra fredda (con lo stalinismo imperante ad Oriente e Togliatti immobilizzato nella linea cominformista, e per di più un partito so- ; cialista che ha commesso lo storico errore del «fronte popolare» del '48, perdente in partenza nonostante la testa di Garibaldi). Il mancato scatto della legge maggioritaria, nel giugno 1953, segna la fine dell'epoca centrista e anticipa l'agonia politica di De Gasperi, torna- ! to eroicamente alla segreteria del partito dopo sette anni di presidenza del Consiglio (quasi a ricominciare da capo). Il 19 agosto 1954, col governo Scelba-Saragat in carica, la morte di De Gasperi accentua i fermenti di insofferenza e di impazienza della de. S'inizia da allora la ricerca di una formula sostitutiva al centrismo, ma sempre in funzione dell'egemonia democristiana, in qualche modo anticipata dall'ultimo De Gasperi, l'alleanza di centro-sinistra, l'apertura ai socialisti (vivo De Gasperi, si sarebbe chiamata l'operazione Nenni). Il centro-sinistra trionferà solo dieci anni dopo la morte di De Gasperi, grazie alla sagace mediazione di Moro. L'unificazione socialista, per un momento, a metà degli Anni 60, sembrerà porre in pericolo l'egemonia democristiana, e la correlativa «centralità»: presidente della Repubblica Saragat, vicepresidente del Consiglio Nenni, cosegretari De Martino e Tanassi, si delineava una forza socialista autonomista e occidentalista capace di richiamare una parte dei consensi moderati sempre affluiti al partito democristiano, in funzione di diga al partito comunista, e quasi in un dialettico rapporto sotterraneo con l'antagonista pei. Nel '69, la sciagurata scissione socialista restituì tutte le carte alla de, quindici anni dopo la morte di De Gasperi. Come la de abbia utilizzato quelle carte, fra il '69 e il '74, cioè il referendum sul divorzio, è storia che non appartie¬ ne più alla prospettiva degasperiana. E' storia che ci porta direttamente alle tensioni e alle contraddizioni di oggi, a tutte le incertezze e a tutti gli interrogativi sulla centralità e sull'egemonia di domani. E l'ultimo capitolo è quello, accidentato e indecifrabile, che parte dall'assassinio di Aldo Moro e che arriva alla decomposizione attuale. In questo momento ripenso a quanto Moro scriveva, due anni fa esatti, in occasione del ventitreesimo anniversario della scomparsa dello statista trentino: «Nessuno potrebbe chiedere al De Gasperi del biennio '45-47 di darci consigli per il difficile presente». La de, adesso, appare veramente sola. Giovanni Spadolini
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