Zanone: con il pri si può fare questo difficile matrimonio di Valerio Zanone

Zanone: con il pri si può fare questo difficile matrimonio Il segretario del pli sui rapporti con i repubblicani Zanone: con il pri si può fare questo difficile matrimonio La proposta è un'intesa di «democrazia liberale» per un confronto con de e psi Con questo intervento di Valerio Zanone, segretario del partito liberale, prosegue il dibattito sui rapporti trapliepri. La formazione del governo non è stata salutata da accoglienze trionfali, come era del resto facile prevedere; però si è subito dimostrata utile, anzi necessaria, per consentire la distensione dei rapporti fra i partiti dopo due mesi di polemiche e di strascichi post-elettorali. L'11 agosto, mentre Reggiani aggiornava su «Lo Stampar, l'annosa questione della parentela spirituale fra Cavour e Mazzini e fra i rispettivi discendenti politici, il segretario del partito repubblicano e il segretario del partito liberale concordavano di stringere la collaborazione fra i due partiti nell'ambito della Federazione liberaldemocratica europea e di stabilire contatti più assidui per l'esame dell'attività parlamentare e politica nazionale. I giornali hanno scritto che liberali e repubblicani hanno fatto pace, ma l'incontro alla Camera fra Biasini e me è stato un atto di chiarimento piuttosto che di pacificazione: la pace si può fare anche con i propri avversari, ma solo, con i propri simili si possono chiarire fondamentali affinità: e il rapporto fra i due partiti è un rapporto non fra avversari ma fra affini, perché entrambi, come ha riconosciuto Compagna su «La Stampar, del 14 agosto, appartengono all'area liberaldemocratica: sono varianti nazionali della liberaldemocrazia europea. Compagna ha voluto rivendicare il contributo importante che è venuto alla cultura liberale da intellettuali aderenti o vicini al partito repubblicano. Indubbiamente Compagna ha ragione: gli studi di Romeo su Cavour o quelli di Spadolini sull'età giolittiana sono elementi necessari per la storia del movi¬ mento liberale italiano, come gli studi di Matteucci offrono la traccia migliore per accostarsi al pensiero dei grandi classici liberali dell'Ottocento e del Novecento; e come gli scritti dello stesso Compagna e le annate di Nord-Sud sono contributi irrinunciabili alla letteratura del meridionalismo liberale. Siamo a Ferragosto, una stagione poco adatta a riordinare gli scaffali; ma anche senza chiamare a testimoni Croce e gli altri spiriti magni, non c'è dubbio che i liberali e i repubblicani (quanto meno i repubblicani come Compagna) sono tributari degli stessi Mattres à penser. Non credo dunque (né mai mi è riuscito di credere) che le ricorrenti divergenze polìtiche fra i due partiti risalgano a un dissidio spirituale insanabile, a una scissione delle coscienze originaria. Si può risalire (con qualche fatica in libreria) ai conflitti risorgimentali fra Cavour e Mazzini, ma la loro lontananza è grande, e il ruolo di protagonisti che entrambi ebbero nel processo per l'unità e l'indipendenza nazionale fa ormai premio sui contrasti con cui esercitarono quel ruolo. In termini attuali, voglio dire che l'affinità fra liberali e repubblicani, in quanto partiti superstiti ed eredi dello Stato risorgimentale, è più forte della differenza nel lascito di cui ciascuno dei due partiti è depositario. In conclusione, mi sembra difficile sostenere che il dissidio fra Cavour e Mazzini sia un elemento tuttora attivo nel conflitto politico. E' lecito sospettare che il richiamo all'incompatibilità fra Mazzini e Cavour serva a nobilitare con le ragioni della storia meno antiche e meno solenni incompatibilità fra viventi. Piuttosto, sarei tentato di indicare la biforcazione fra liberali e repubblicani in una fase più prossima, a metà degli Anni Cinquanta; quando il considerevole gruppo di scrittori e studiosi che si raccoglieva intorno al «Mondo» di Pannunzio lasciò il partito liberale, per tentare una sfortunata impresa radicale e trovare poi in buona parte rifugio nel partito repubblicano. Da quell'episodio nascono oltre vent'anni di incomprensioni politiche, anche di acredini personali. Ne nasce o rinasce anche una particolare vocazione, già avvertibile nel disciolto Partito d'Azione, a rivendicare quasi con compiaciuto orgoglio un ruolo di minoranza straniera in patria: a cercare la propria cittadinanza spirituale in una «altra Italia» immaginata come rispecchiamento correttivo dell'Italia reale. E' un atteggiamento moralmente e psicologicamente comprensibile, ma politicamente poco costruttivo. Ciò che oggi è necessario, e forse anche possibile, è una nuova intesa di democrazia liberale, che nelle prospettive politiche di medio termine, possa confrontarsi e collaborare con la democrazia cristiana e la democrazia socialista da posizioni di forza meno sproporzionate. Per arrivarci, liberali e repubblicani possono e devono fare affidamento sulle affinità fondamentali che li accomunano più di quanto antiche e recenti controversie possano dividerli. Compagna invita i liberali a una riflessione sulla politica dei redditi: e la riflessione è già avvenuta, con risultati soddisfacenti, quando i due partiti hanno collaborato insieme alla stesura del programma liberaldemocratico per le elezioni europee. Ma una politica perequatrice dello sviluppo economico richiede due condizioni tutt'altro che garantite nella presente situazione italiana, dopo mesi e anni di inerzia della funzione governativa: la rimessa in moto del processo di accumulazione produttiva (nelle comunicazioni del nuovo governo alle Camere, il termine è ricomparso superando abituali interdizioni ideologiche) ; e la presenza anche nei rapporti economici e sociali di una democrazia efficiente, di uno Stato rispettato perché rispettabile. Se si vuole arrivarci, a me pare che liberali e repubblicani, le due varianti nazionali della liberaldemocrazia europea, non debbano più indulgere al sentimento amaramente orgoglioso delle minoranze straniere in patria, e debbano porsi con fiducia razionale l'obbiettivo di una graduale trasformazione del sistema politico: una graduale riduzione del partito cattolico a posizioni meno dominanti, una nuova comprensione e collaborazione fra democrazia liberale e democrazia socialista, una nuova intesa fra i democratici liberali. Valerio Zanone

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