La nonna e il ciondolo d'oro di Giovanni Arpino

La nonna e il ciondolo d'oro RIVINCITA DEL TALLONE AUREO NEL TEMPO DEI PETRODOLLARI La nonna e il ciondolo d'oro Ormai la nonna guata sospettosamente la collanina che tempo addietro regalò alla nipote per la prima comunione. Il padre ripone nel cassetto chiuso a chiave un vecchio orologio che non funziona da anni ma è pur sempre d'oro. La madre sfila al figlioletto il ciondolo della cresima: potrebbero rapinarglielo al primo angolo di strada, come mille volte hanno riferito le cronache, ma soprattutto non va esibito, rischiato. L'oro, dunque: con la sua leggendaria febbre. A Zurigo l'oncia ha superato i trecento dollari, un «tetto» —cosi dicono gli economisti — che avrebbe dovuto toccare solo nel 1980. Ma che diavolo è quest'oncia? Economisti a parte, ci aiuta il vecchio dizionario: per oncia inténdesi l'unità di misura inglese corrispondente a 1/16 di libbra e cioè 28,3 grammi. Il dizionario aggiunge: l'oncia come unità di misura in Italia si usa solo per l'olio di ricino e per il seme dei bachi da seta; dal latino «UTicta», dodicesima parte di un tutto. E adesso cosa tesaurizziamo: il baco? Ma grazie a quest'oncia cosi trafficata e pubblicizzata, una catenina, un ciondolo, il vecchio orologio rotto, rivivono. Certo non godiamo la libidine degli sceicchi che, sovraccarichi di petrodollari, comperano alberghi a Parigi e piramidi di lingotti, di diamanti. Però una febbriciattola è entrata nelle vene e nelle congetture delle nostre famigliole: non ha l'emblematicità dell'avventura di Charlot, ma conta come fenomeno di massa. Non siamo forse il popolo del piccolo, sterminato risparmio postale? A proposito di film: in una celebre storia di Clair, «La bellezza del diavolo', Mefistofele, omaggiato e invidiato per la sua capacità di trasformare pietre in oro, risponde: siete più bravi voi uomini, che avete trasformato l'oro in carta. Non dimentichiamolo, visto che il «tallone aureo» sbeffeggia il «tallone del dol¬ laro» e sbattendo insieme, a colpi di tacco, schiacciano quegli economisti che poco tempo fa ci insultavano per la nuova smania dei «beni-rifugio». Oggi un economista prudente torna a nuovi medioevalismi discorsivi ed ammette che l'oro conta, che il risparmiatore non è certo condannabile se lo desidera o nasconde. Il gesto più buffo e ammonitore rimane in ogni caso quello della nonna, della mamma, che sottraggono la catenina e il ciondolo. L'informazione giornalistica e televisiva sulla inavvicinabile oncia, di Zurigo (mentre lo sfondo emette immagini di carrelli carichi d'oro a Londra o a Forte Knox) produce illazioni. Quella collanina, ripensata in tinello, vale tre chili di filetto di bue o una radio nuova o soltanto un paio d'etti di groviera? Pesare per credere. Conosco un tale — non ha importanza sapere se si tratta d'un campione sportivo o di un letterato amante delle conferenze — che ha consumato centinaia di notti accettando inviti. Ogni invito prevedeva un pranzo sociale e la consegna di una medaglia. Porse minuscola, ma sempre d'oro. Prima della medaglia e dopo il pranzo, nell'intervallo costui doveva esibirsi in una chiacchierata. Oggi non accetta più inviti: l'oro immedagliato ha finito il suo corso. Ma questo tale ne ha messo da parte una decina di chili, a furia di medaglioni e «ledagli uzze, e ride come un vincitore della lotteria di Monza, si sente una furba formichina aurifera che ha anticipato tutti, persino i principi sauditi e i soliti giapponesi. E' questa antichità dell'oro che ci affascina. Nelle storie di fine secolo le buone ereditiere avevano dal padre, il giorno delle nozze, una forbice in regalo. Con quella forbice avrebbero ritagliato cedole bancarie. Ma dietro ogni cedola, ovvio, covava l'oro. Ripensare alle nostre madri che si affrettarono a regalare le loro «fedi» alla Patria, secondo mussoliniani ordini, crea sgomento. Oggi, a una richiesta simile, chi accorrerebbe per donare l'avanzo di una biro? Oggi l'oro ha riacquisito un prestigio mitico, come l'ebbero, millenni fa. l'olio e il vino e il sale mediterranei. Benissimo: nascondiamo l'unica collanina nel cassetto. Resterà 11, solitaria, a tesaurizzarsi, quasi fosse una corazza da indossare al momento buono, al momento dell'ultima bistecca acquistabile. Anche se, in quel giorno di definitiva crisi, una valanga di collanine non potrà venir scambiata con una pari valanga di bistecche. E' bello, tuttavia, che prima di vincere o perdere la sua eterna battaglia con un progetto economico americano o russo o cinese (chi lo sa?) questo oro crei novelle paure e rispolveri antiche speranze di salvaguardia. Si occulta negli armadi più anonimi, cosi come andò perso nei naufragi dei galeoni spagnoli o dei vascelli corsari. E' un mostro che incute soggezione proprio perché il suo potere è irraggiungibile come il fulmine di Giove. Dopo tanti organigrammi, pianificazioni e «computers» ci ritroviamo condannati «ad metalla». Però introvabili: hai un bel sognarti miniere. Per chi, come noi, nasconde solo quell'unica, arcaica catenina, si annunciano tempi interessanti. Il mattino avrà, come dice il proverbio, l'oro in bocca? Porse neppure in forma di protesi. Giovanni Arpino

Luoghi citati: Italia, Londra, Monza, Parigi, Zurigo