La crisi dell'India di Mimmo Candito
La crisi dell'India La crisi dell'India (Segue dalla l'pagina) Swayamsevak Sangh*. Ma formazioni come questa sono abbastanza comuni nella vita politica indiana: gli «Akali* del Punjab, per esempio, i «Khaksar» della frontiera nordoccidentale, i «Razakar» del Nizam d'Hyderabad, i dravidici «Black Shorts* del Sud. La crisi vera stava sotto, nell'immobilismo del governo e nelle troppe compromissioni dell'eterogeneità della sua composizione. Il «Janata» aveva promesso 100 milioni di nuovi posti di lavoro in dieci anni. Ma dal 77 la disoccupazione è aumentata del 31 per cento, e da aprile l'inflazione (mantenuta sotto un valore annuale inferiore allo 0,9 per cento) è balzata già al 10,1 per cento. «La crisi economica può far precipitare l'equilibrio della fame mantenuto finora con una delicatezza estrema», dice un giovane professore di storia nei lunghi corridoi gotici dell'università. Quest'equilibrio aveva «il suo punto di appoggio nella mediazione formale che il modello politico del bipartitismo consentiva alle tensioni della nostra società. Se cede questo appoggio, nessuno sa esattamente cosa potrà sostituirlo». Le dimissioni dei deputati dallo «Janata* hanno provocato un rimescolamento generale del quadro politico, con la nascita di nuovi partiti e la ulteriore frammentazione dei gruppi già esistenti. La fine di quello che i politologi dell'università chiamano «il modello Westminster* ha aperto un processo d'instabilità estrema, dove la necessità di coalizioni di governo riporta in campo il gioco delle alleanze e sottolinea il primato del potere sulle ideologie. Dietro questa crisi di sistema pare però doversi leggere anche altro, un nuovo capitolo della crisi politica che ha travolto in tutta l'Asia meridionale i progetti di un populismo diventato forza egemone, e di governo, a cavallo dei primi Anni Settanta. Da Delhi a Colombo, Islamabad e Dacca un pezzo di storia va chiudendosi; quello che resta, in un intreccio di tensioni che vanno dall'India fino all'Afghanistan e al Pakistan, è un terreno di culture politiche estremamente pericolose. Cosa possa crescervi, e forse esplodere, nessuno ancora può dirlo. Mimmo Candito j
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