RICORDO D'UN UOMO POLITICO

RICORDO D'UN UOMO POLITICO RICORDO D'UN UOMO POLITICO Il siciliano Sturzo Luigi Sturzo nel ventesimo anniversario della sua morte è stato ricordato, a cura dell'Istituto che da lui prende il nome, oggi presieduto da Gabriele De Rosa, con una messa di suffragio. Il miglior modo di ricordarlo: discorsi in sede di partito o in un'aula parlamentare, avrebbero certamente avuto note stonate. Se pur fondatore, nel 1919. di un partito. Sturzo sta a sé. non è inquadrabile né tra gli uomini di Stato, né tra coloro che hanno indicato una nuova direttiva politica, fosse pure utopistica, né tra gli agitatori di masse, gli uomini molto popolari in vaste cerchie. L'essere prete, e buon prete, che. maltrattato in altissimo luogo, mai pronunciò una parola, accennò ad un gesto non pur di rivolta, ma di resistenza a chi lo percuoteva, neppur questo segna la caratteristica della sua persona. Se mai. la scorgerei nella sua sicilianità. Sarà una mia stramba idea, ma vedo in lui l'antitesi di Pirandello, due opposti che sorgono dalla medesima matrice. Pirandello vede il tragico della vita e lo mostra crudelmente, come una beffa; chiuso nel suo scetticismo intorno alla capacità dell'uomo di conoscere mai cosa sia il vero, costretto a muoversi costantemente nella incertezza, ha anche una radicale sfiducia nella possibilità che gli uomini migliorino, ricevano più luce. Guarda senza pietà le decadenze, le miserie umane, le sconfitte immeritate: non ama il fratello uomo. Sturzo. soprattutto nella prima parte della sua vita, dalla nativa Caltagirone. contempla le medesime miserie, le stesse mediocrità, le piccole invidie paesane: ma crede nell'uomo; dalla povera umanità che ha dinanzi, irretita nelle clientele locali, i poveri soggetti ai potenti, crede si possano trarre quelli che poi chiamerà i «liberi e forti». La sua sicilianità appariva in parole, in gesti, in certi richiami di atavica saggezza, nel forte senso della parentela, delle amicizie (vedo ancora Caronia per anni accompagnatore, quasi infermiere dell'amatissimo Sturzo. che lo contraccambia di pari affetto). Ma la sua visione si andrà sempre più allargando, dalla Sicilia al Mezzogiorno, dal Mezzogiorno all'Italia. dall'Italia alla contemplazione di tutto l'Occidente. Dell'indipendentismo siciliano che ancora trapela nella giovanile pubblicazione La croce di Costantino, con l'infelice frase (siamo ancora sotto Umberto 1) «I cenci tricolori» all'accettazione dello Stato italiano ed alla passione di ripu Urlo, risanarlo. La fiducia che il bene genera bene, che le mi nuscole organizzazioni economiche di tipo cooperativo da lui suscitate, per sottrarre i più poveri allo strozzinaggio, alle angherie dei ricchi, assurgano attraverso collegamenti, mantenendo i medesimi fini, ad istituzioni che pesino nella vita regionale e nazionale. Giacché per ora — i primi anni del secolo — lo Stato non può essere sottratto a governanti irriducibilmente avversi alla Chiesa, si promuovano autonomie locali: che vi sono Comuni e province dove non alligna l'anticlericalismo. Ma poi. quando verranno governi — Luzzatti e Giolitti. per cui Sturzo avrà sempre diffidenza, ricambiata da una invincibile ostilità dell'uomo di Dronero — e lo Stato si preoccuperà sempre più dei problemi del lavoro per avviarsi a divenire poi lo Stato assistenziale, allora anche i cattolici devono militare, partecipare agli organi più importanti di questo nuovo Stato. Ora la sicilianità di Sturzo è più di superficie (ma nulla del passato va perduto: nessuna simpatia per i Savoia, mai si sentirà parlare d'intermediari tra Sturzo ed il Quirinale): ora è tra i settentrionali che Sturzo trova i più fidi, i più esperti collaboratori: Meda. Jacini. Longinotti. Mauri, quegli che apparirà poi il maggiore. De Gasperi. Non è stato avverso all'intervento italiano del 1915; all'inizio del '19. in una Italia che si dibatte tra difficoltà reali — svalutazione della lira, sia pur minima di fronte alla odierna, disoccupazione, indisciplina, violenze —. con politici che non sanno dimenticare i rancori di ieri, ha l'intuito che molti italiani aspirino a qualcosa di nuovo, e lancia l'appello ai «liberi e forti». Prime elezioni con la proporzionale, successo inatteso. Ma risveglio di ostilità: dei cattolici intransigenti. che scorgono quasi un tradimento in un partito che non pone nel surodl'sGtagmtpdmdtlupdni1csmSctsemsnlnA(zcc suo programma la questione romana e l'abolizione in massa di tutte le leggi eversive dell'Ottocento; di tutte le Sinistre: della faziosità fascista: di Giolitti. vecchio uomo di Montecitorio, che non può adattarsi alla idea di un partito capeggiato da chi non siede in Parlamento e per di più veste l'abito talare: di Nitti. che ha ampi progetti che spera di realizzare da solo, tra cui il Ravvicinamento col Vaticano. E poi... tra i cento deputati del Partito Popolare ci sono ottimi uomini di governo, colti, lungimiranti: ma anche piccoli uomini, i soliti provinciali preoccupati di raccogliere voti di preferenza, e quindi zelanti nel rendere favori, procurarsi impieghi. Né l'Italia del 1919-20, né quella d'oggi, accetterebbero uomini che avessero la purezza, gli scrupoli morali, di un Minghetti. di un Sella, di un Silvio Spaventa, che poterono rimanere deputati perché c'era l'elettorato ri- stretto, il prestigio dei grandi nomi (ma pur questi dovettero per restare alla Camera rappresentare, nelle varie legislature, collegi diversi). E poi... contro la forza la ragion non vale; il fascismo non vuole riforme, ma il potere, tutto il potere; fare terra bruciata delle leghe, delle cooperative bianche, delle casse rurali cattoliche, che erano le grosse basi del Partito Popolare. Storia ben nota: il Vaticano vuole l'accordo col fascismo: la sua difesa va solo a quanto dipende dall'Azione Cattolica, strettamente subordinata ai Vescovi ed alla S. Sede. Non resta a Sturzo che l'esilio, ove terrà alta la bandiera della libertà, della dignità della vecchia Italia postrisorgimentale. senza unirsi mai ad altre correnti della r sistenza in esilio, accettando la solitudine pur di non venire a compromessi. Anche dopo la caduta del fascismo, la sconfitta dell'Italia, l'avvento della Repubblica, la S. Sede gli resta non benevola; gradirà che ritardi il ritorno in patria; Sturzo non avrà mai quella udienza pontificia che pur sarà concessa a gerarchi fascisti, assolti od amnistiati o mai perseguitati. Sì. ha piena fiducia in De Gasperi. Sceiba è suo conterraneo: ma ormai Sturzo è stanco, malato. Come tutti gli esuli che tornano in patria, trova una Italia che non è più la sua. Neppure i fedelissimi gli danno quel Paese pulito, con le leggi chiare, i conti bene in ordine, ch'egli voleva. Presago, scrive duri articoli contro il disordine amministrativo, le gestioni fuori bilancio, il danaro pubblico speso senza adeguati controlli, senza che risulti dal bilancio statale. E' un vinto. Chi non fu mai con il suo Partito né con quello che credette esserne la continuazione, può ben inchinarsi al ricordo dell'idealista sconfitto. A.C. Jemolo

Luoghi citati: Caltagirone, Dronero, Italia, Sicilia