Kabul: gli Usa, la Cina e i loro amici aiutano i «briganti» dell'Afghanistan

Kabul: gli Usa, la Cina e i loro amici aiutano i «briganti» dell'Afghanistan Viaggio nel Paese dove l'Islam è in lotta con il regime Kabul: gli Usa, la Cina e i loro amici aiutano i «briganti» dell'Afghanistan NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE KABUL — Prima di arrivare nella sala dove il primo ministro Ibrahim Amin ci concederà un'intervista, con altri quattro giornalisti siamo sottoposti a una minuziosa perquisizione corporale. Poi il primo ministro esce dall'ufficio, dove domina un ritratto di Lenin, e si siede a un tavolo dove già ci sono quattro giornalisti sovietici. Seduti accanto ad Amin, pensiamo che quest'uomo dall'aspetto di tranquillo borghese — abito blu, cravatta nonostante il caldo — conduce una vita molto pericolosa (quando uscirà i soldati, baionette puntate sui passanti, faranno sgomberare i marciapiedi per paura di un attentato). E'presto chiaro che l'intervista è soltanto un pretesto per ripetere quanto si può già leggere sulla stampa ufficiale. Le precise domande su esecuzioni e ribellione vengono sviate. I giornalisti sovietici, d'altra parte, sono là per occupare il terreno e fare domande «costruttive» sul piano quinquennale e la produzione agricola. Uno di essi si rivolge in russo ad Amin, che risponde nella stessa lingua. Il regime, spiega il primo ministro, non lavora che per il bene del popolo, che «gli è favorevole al 98 per cento, perché il 98 per cento appartiene alle classi lavoratrici». A sentire questo, possono sorgere dubbi sulla sincerità di chi lo dice. Fra i Paesi accusati di ap- poggiare i «briganti» afghani ci sono Egitto, Cina, Stati Uniti, Arabia Saudita, ma soprattutto Iran e Pakistan. Amin ha parole particolarmente dure — e non sempre infondate — per «i leader fanatici dell'Iran, che si servono della religione a fini politici». Ma quando parla dei «criminali chiamati rifugiati politici» nel Pakistan, non accusa apertamente il governo di Islamabad ma gli «ambienti reazionari » di quel Paese. L'Afghanistan, che riceve importanti aiuti militari sovietici, ha intenzione di aderire al Patto di Varsavia? Risposta: «Noi facciamo parte del movimento dei non-allineati. Il presidente Taraki andrà di persona al prossimo vertice dell'Avana per svelare l complotti dell'imperialismo. E' il motivo per cui non vogliamo integrarci in nessun blocco militare». Afa che cosa potrebbe aggiungere un'adesione formale? L'Afghanistan dipende totalmente dall'Urss. Sono piloti sovietici quelli che il 5 agosto hanno domato la ribellione di Kabul, e sono sovietici i piloti che decollano dalla base di Begram per bombardare la frontiera col Pakistan. A Kandahar sono stati contati, in fila, cento Mig. Sono «consiglieri» sovietici quelli che cadono sempre più numerosi in imboscate e che vengono orrendamente mutilati. Nelle province ci sono «doppioni» sovietici dei governi locali che esercitano di fatto il potere. Sovente si sente dire che i russi si sono impegolati in Afghanistan come gli americani nel Vietnam. Si dice anche, nei circoli diplomatici di Kabul, che essi cerchino una via d'uscita. Nonostante i legami con Mosca, Taraki e Amin continuano a cercare aiuti esteri purché essi non siano «condizionati». Quest'aiuto è stato, in un anno, di 120 milioni di dollari: 50 dalla Banca mondiale, 30 dalla Banca asiatica di sviluppo, il resto soprattutto dai fondi del Kuwait e di Abu Dhabi per i Paesi in via di sviluppo. E'possibile che la Banca mondiale, spinta dagli Usa, riduca i suoi impegni. L'Arabia Saudita, sebbene accusata di aiutare i ribelli, contribuisce per mezzo della Banca asiatica, forse per evitare che Kabul cada interamente in mano sovietica. Germania e Francia si stanno defilando, anche se i rapporti commerciali con Parigi continuano a essere sostenuti. Alla fine di luglio i diplomatici occidentali si sono riuniti e hanno deciso che per il momento non era il caso di imitare gli americani, che il 23 luglio avevano deciso lo sgombero progressivo delle loro famiglie. «La decisione degli americani è essenzialmente politica — dicono a Kabul —. Hanno voluto mettere in imbarazzo Taraki sottolineando l'insicurezza del suo Paese». Jean de la Guérivière Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» (I precedenti articoli sono stati pubblicati il 9 e V11 agosto).

Persone citate: Ibrahim Amin, Lenin