Quando venne l'ora della Polonia di Giuseppe Mayda

Quando venne l'ora della Polonia NELL'AGOSTO DEL '39 SI SPALANCA L'ABISSO IN EUROPA Quando venne l'ora della Polonia L'attacco era stato deciso da Hitler per il 26 agosto, ma l'esitazione di Mussolini e l'alleanza Londra-Varsavia convinsero il Fuehrer a rinviare l'invasione d'una settimana - I nazisti contavano di spezzare il fronte democratico, in Francia si diffondeva il disfattismo: «Morire per Danzica?» - Ma la città anseatica e il Corridoio non erano che un pretesto In una bella giornata estiva di quaranfanni fa, martedì 22 agosto 1939, un gruppo di altissimi ufficiali tedeschi salì in auto al ••Nido dell'aquila«, sull'Obersalzberg, la residenza montana di Hitler: il «Signore della Guerra- li aveva convocati d'urgema per un importante annuncio. I capi delle tre armi, Brauchitsch, Goering e Raeder, e uno stuolo fra i più noti generali d'armata, da Rundstedt a Leeb, da Kluge a Reichenau, da List a Blaskowite, a Witzleben (quest'ultimo destinato di lì a cinque anni ad essere impiccato con una corda da violino, per ordine del suo stesso Fuehrer) fecero cerchio, in piedi, nel grande atrio della casa di Hitler. Il Signore della Guerra parlò a lungo. Disse che «probabilmente nessun uomo avrà mai più l'autorità che io possiedo» e quindi, questo, era il momento buono per agire contro la Polonia e risolvere, una volta per tutte, la questione di Danzica: la Germania pretendeva che l'antico porto anseatico, creato «città libera- dal trattato di Versailles, tornasse alla grande patria germanica e che il Reich potesse costruire un'autostrada e una ferrovia a doppio binario attraverso il Corridoio per allacciare la Germania con Danzica e la Prussia Orientale. «Per noi — disse Hitler — è facile prendere una decisione. Non abbiamo nulla da perdere; anzi, solo da guadagnare». Spiegò che la Gran Bretagna era uscita duramente provata dalla grande guerra e anche le posizioni della Francia si erano indebolite: «Questo complesso di elementi favorevoli non esisterà più fra due o tre anni. E io non posso sapere quanto tempo mi resta da vivere: perciò meglio la guerra adesso che sono ancora giovane ». Il Fuehrer disse che le probabilità di un intervento anglo-francese a fianco della Polonia erano minime: «Gli uomini di Monaco li ho visti, non rischieranno. Non si va a farsi uccidere per un alleato». Quali misure militari avrebbero potuto prendere Londra e Parigi? «Un attacco alla Sigfrido — rispose il Fuehrer — è improbabile. Una marcia verso il Nord, attraverso il Belgio e l'Olanda, non condurrebbe a una rapida vittoria e non sarebbe d'aiuto alla Polonia^. E qui Hitler svelò la sua carta. Ribbentrop era a Mosca per firmare un patto di non aggressione con l'Urss: «Cosi, ora, la Polonia si trova nella posizione da me desiderata mentre l'Oriente, in caso di un blocco economico, ci fornirà grano, bestiame, cuoio, zinco». per la «demarche- di Mussolini («Gli italiani si stanno comportando esattamente come fecero nel '14» disse a Goebbels) decise che doveva guadagnare tempo e che il «giorno Y» andava rinviato. Mentre l'interprete del Fuehrer. Schmidt. stava riaccompagnando A ttolico alle porte della Cancelleria, vide Keitel uscire trafelato dallo studio di Hitler e lo udì dire al suo aiutante, con voce ec- citata: «L'ordine di avanzata i a a -j - j deve essere bloccato». Ai lontani confini con la Polonia, però, qualche reparto era già in movimento: sul fronte Sud le truppe motorizzate del corpo di Kleist furono fermate soltanto facendo atterrare alla frontiera un ufficiale di Stato Maggiore con un aereo « Fieseler Storch-. Ancora una volta però Hitler sembrava convinto che l'avrebbe spuntata, come in Renania, come in Austria, come in Cecoslovacchia. Da oltre un anno Gran Bretagna e Francia dimostravano che la loro volontà di «appeasement- di fronte all'espansionisìno nazista poteva spingersi fino alla paura: la resa di Monaco nella questione cèca (che Churchill, dai banchi dell'opposizione, aveva bollato con celebri parole: «Abbiamo subito una disfatta totale e senza attenuanti... Ci troviamo dinanzi a un disastro di prima grandezza...»^ ne era stata la prova più evidente. Il punto debole dell'alleanza occidentale appariva la Francia dove, dinanzi all'esperimento socialista del fronte popolare, la destra non si era vergognata a proclamare «Meglio Hitler che Blum» e dove la grande opinione pubblica era pronta, si, a scongiurare una nuova guerra ma non a compiere i sacrifici necessari a salvare la democrazia. «Mourir pour Danzig?». scriveva Marcel Déat. su «L'Oeuvre-, in quell'estate, e concludeva che «morire per Danzica» era «da idioti». In Gran Bretagna, in-' vece, il clima generale fra le due guerre era stato in prevalenza socialista e pacifista ma il governo aveva mostrato apertamente di avversare le sinistre e la sua condotta era j in gran parte condizionata dal timore di un'altra crisi economica come quella del | '31 che aveva permesso ai laboristi e ai comunisti di fare tanti proseliti: per cui, fino all'aprile 1938. il gabinetto di Sua Maestà aveva stabilito che il normale sviluppo commerciale non fosse intralciato dal riarmo. te non considerarsi in guerra con l'Urss quando Stalin invase la sua parte di Polonia). Ventiquattro ore dopo aver rinviato l'aggressione — indicata in codice come «Caso bianco- — Hitler fissò un nuovo «giorno Y- per venerdì 1" settembre e Haider, capo di Stato Maggiore dell'esercito, annotò nel diario, il 26 agosto: «Progetti. Noi chiediamo Danzica, un corridoio nel Corridoio e plebiscito (...). i L'Inghilterra forse accetterà. la Polonia probabilmente no». Quel giorno — mentre Roosevelt inviava messaggi urgenti a Hitler e al presidente polacco Moscicki, invitandoli ad appianare le divergenze sema ricorrere alle armi, e Papa Pacelli, in un appello radiofonico, scongiurava «nel nome di Cristo» i «potenti ad ascoltarci», il Fuehrer scrisse di nuovo a Mussolini chiedendogli «quali strumenti bellici e quante materie prime» gli occorrevano perché potesse entrare in guerra. inutile»A' due giorni dopo il Fuehrer mosse un'altra pedina tentando di incunearsi fra Parigi e Londra dichiarando all'ambasciatore inglese Henderson di essere pronto a sostenere l'impero britannico e a impegnarsi per la sua sopravvivenza. Insomma: le due parti, in quella settimana decisiva, si scrutarono muovendosi in cerchio, «come i lottatori che cercano il punto debole prima di agguantarsi», ha scritto A.J.P. Taylor. Gli inglesi replicarono ad Hitler offrendosi di combinare negoziati diretti tra Germania e Polonia, se il Fuehrer prometteva di condurli pacificamente. Hitler fece sapere che non ci sarebbe stato conflitto se l'avesse avuta vinta su Danzica: la sua risposta era disonesta perché a lui premeva soltanto isolare la Polonia e non evitare la guerra, ma neanche gli inglesi erano perfettamente corretti perché sapevano benissimo che, una volta allontanato il pericolo di un conflitto armato, sarebbe stato letteralmente impossibile strappare ai polacchi qualsiasi concessione. Ormai, quindi, soltanto un miracolo poteva salvare la pace ma «il tempo dei sogni — scrisse Orwellsul "NewStatement"—è ormai finito». Giuseppe Mayda Un reparto della Wehrmacht alza la sbarra della dogana in un posto di frontiera polacco presso Gleiwitz, in Slesia. Era il 1° settembre 1939, la guerra cominciava