Filosofi a Vienna

Filosofi a Vienna I CINQUANTANNI DEL «CIRCOLO» Filosofi a Vienna Se. come per le persone, vi fosse un'anagrafe dei movimenti filosofici, risulterebbe dai suoi atti che in questo mese di agosto il Wiener Kreis, ormai da tempo defunto, compirebbe cinquant'anni. Proprio nell'agosto del '29 venne infatti registrata ufficialmente la sua nascita con la pubblicazione a Vienna di una breve monografia, il manifesto programmatico: La concezione scientifica del mondo. Il Circolo di Vienna (di cui l'editore Laterza ha recentemente pubblicato la traduzione italiana). Il nome preso dal gruppo di studiosi che elaborarono una delle più importanti e note correnti del pensiero contemporaneo, il neopositivismo logico, era così consacrato pubblicamente per la prima volta. Ma le «anagrafi» concettuali riservano delle sorprese. Quella monografia era anonima, sebbene la prefazione portasse, per conto dell'«Associazione Ernst Mach» le firme di Hans Hahn, Otto Neurath e Rudolf Carnap. Sono questi tre. dunque, un matematico, un economista ed un logico, i «genitori» del Circolo di Vienna? Non sarebbe esatto crederlo, se è vero — come ha scritto qualche anno fa la vedova di Neurath. Marie Reidemeister. senza essere smentita — che l'estensore di quello scritto fu solo suo marito. Ma non si può nemmeno ritenere Neurath. che pur ne fu il gran propagandista, l'autentico «padre» del Circolo di Vienna. La monografia era infatti destinata, come omaggio, a Moritz Schlick. titolare della cattedra viennese di filosofia delle scienze induttive, quando nell'ottobre fosse ritornato da un ciclo di lezioni in California. Schlick era berlinese e s'era laureato in fisica con Planck; ma i suoi brillanti lavori epistemologici e sul significato fisolofico delle teorie einsteiniane l'avevano nel '22 fatto chiamare a Vienna, alla cattedra ch'era già stata di Mach. Le lezioni ed i seminari, dapprima e poi le riunioni che dal '25 egli aveva incominciato ad organizzare il giovedì sera a casa sua, tra allievi (come Feigl e Waismann) e colleghi di varie discipline, furono il vero primo germe del futuro Circolo. Ciò che accomunava questi uomini di età, formazione e interessi diversi era la predilezione del rigore mentale e della precisione concettuale: tali caratteristiche, tipiche del pensiero scientifico, dovevano per essi venire assunte dai filosofi, anche a costo di sacrificare le componenti emotive e valutative della filosofia tradizionale, della «metafisica» come visione del mondo. In un momento in cui la scienza — e soprattutto la fisica, con la teoria della relatività e la meccanica quantistica — mutava a fondo certe radicate strutture conoscitive, la filosofia non poteva sottrarsi' ad una svolta altrettanto radicale. Non si trattava, tuttavia, della semplice ripresa dello scientismo positivistico ottocentesco: lo impediva, oltre allo sviluppo delle stesse scienze della natura, anche quello più recente della matematica e della logica, che sempre più mettevano in luce il carattere «linguistico» della scienza, così come d'ogni forma della cultura umana. Schlick fece sue le distanze espresse in un libro breve ed ermetico, uscito nel '21, e che doveva poi diventare un classico del pensiero novecentesco: il Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein. In esso l'esigenza della scientificità per la filosofia veniva soddisfatta concependo questa come analisi critica delle capacità di significarla del linguaggio conoscitivo. Così, i «viennesi» più anziani, come Hahn. Frank e Neurath. che già nel primo decennio del secolo, da giovani laureati, avevano auspicato una filosofia scientifica sulle tracce dell'insegnamento di Mach, vedevano ora nello sviluppo dato da Schlick ai temi wittgensteiniani la possibilità di attuare il loro programma. Ma. in tal modo, la situazione «anagrafica» del Circolo di Vienna si complica; non solo perché la nascita nel '29 è preceduta da una «gestazione» di lunghezza abnorme, bensì anche per la questione della «paternità». E" fuori dubbio che Schlick ne fu il centro motore, ma per anni si ritenne «padre putativo» del Circolo il Wittgenstein, nato a Vienna nell'89 e più giovane di sette anni rispetto a Schlick. Non si faceva molto caso al fatto che Wittgenstein disconoscesse con vigore crescente questo figlio che gli veniva at tribuito. Solo dopo la sua morte, nel '51, e la pubblicazione postuma delle opere da lui scritte dopo il Tractatus e non stampate, ci si potè rendere ben conto di uno dei più divertenti paradossi della cultura. Wittgenstein, che s'era formato, scientificamente e filosoficamente, in quella irripetibile ricchezza intellettuale che caratterizzò la Vienna del tramonto asburgico, riteneva sì, nel Tractatus, la filosofia un'analisi del linguaggio: ma da mistico. Per lui. fissare i limiti di quanto si può dire scientificamente è indicare ciò che non è dicibile ma importante, il valore; per i neopositivisti, invece, delimitare lo scientificamente dicibile, comporta respingere nell'insensato tutto ciò che la scienza non dice. ★ ★ La conclusione più plausibile sulla «gestazione» del Wiener Kreis è quindi ch'esso è un frutto tardo della «grande Vienna», fiorente tra Ottocento e Novecento, in congiunzione con un «fraintendimento» della concezione wittgensteiniana della filosofia quale analisi del linguaggio. Fraintendimento geniale e felice, in qualche modo, poiché diede origine a stimolanti riflessioni sulla struttura del linguaggio scientifico; e che, in ogni caso, lasciò un'impronta inconfondibile nei lineamenti del neonato. La singolarità del Circolo di Vienna non sta. del resto, soltanto nella sua nascita. Altrettanto singolare è la sua «precocità»: se la gestazione fu molto lunga, la crescita fu folgorante. Già prima che Schlick morisse nel '36. ucciso da un pazzo sulla scalinata dell'Università, il gruppo dei viennesi, al quale s'erano uniti gli studiosi berlinesi tacenti capo ad Hans Reichenbach. aveva acquistato fama internazionale. La fondazione della rivista Erkenntnis, l'organizzazione di congressi sulla filosofia scientifica accentrarono in breve l'attenzione della filosofia mondiale sul neopositivismo. Tuttavia, altrettanto rapido del successo e della diffusione, fu anche il processo di disgregamento interno. Il Circolo di Vienna non ebbe mai l'unità di una «scuola»; ed a ciò si devono il fascino ed il vigore iniziali. Il vessillo della «filosofia scientifica», tuttavia, riusciva ad unificare i neopositivisti soprattutto nella polemica. Le divergenze non potevano non affiorare quando si passava a fasi più costruttive. C'erano anche differenze di carattere e di atteggiamento generale fra i membri del Circolo; ed era nota, ad esempio, l'insofferenza reciproca fra l'aristocratico Schlick. che amava l'equitazione ed offriva splendidi ricevimenti assieme alla ricca moglie americana, ed il sanguigno Neurath, il marxista ch'era stato un capo della fallita rivoluzione bolscevica in Baviera nel '19. Ma le fratture interne furono essenzialmente teoriche; sicché già a due anni dalla nascita, nel '31, si andava delineando netta la contrapposizione tra la posizione iniziale di Schlick e dei suoi discepoli più fedeli e la corrente di Neurath e di Carnap, che vedeva in essa ancora residui «metafisici» e proponeva versioni più radicali nella «concezione scientifica del mondo». Seguire questo proliferare di differenziazioni equivarrebbe a narrare buona parte della storia della filosofia nell'ultimo mezzo secolo. V'è tuttavia ancora un aspetto che merita d'essere richiamato: la brevità della vita del Wiener Kreis. L'occupazione nazista dell'Austria nel '38 segnò la fine del Circolo non ancora decenne, anche se l'attività dei suoi membri continuò soprattutto negli Stati Uniti. La dispersione geografica favorì ancor più la perdita della fisionomia originaria e la varietà di trasformazioni del neopositivismo. Si comprende così come molti considerino ormai questo come un movimento compiuto, sebbene la sua eredità sia tuttora fruibile nella riflessione contemporanea. V'è stato addirittura chi. come il Popper, si è attribuita Succisione» del neopositivismo già nel '34. l'anno di pubblicazione della sua «Logica della ricerca». Quale che sia la verità in questo «giallo», la vita breve e travagliata del Circolo di Vienna ci ha lasciato qualcosa di prezioso di là da pregi e difetti teorici: riallacciandosi, come scrisse Schlick poco prima della morte, all'insegnamento di Socrate, il Circolo ha rinverdito, in un'epoca dominata troppo spesso da passioni ideologiche, il gusto della chiarezza intellettuale. Francesco Barone