Delitti e castighi alla tv cinese di Renata Pisu

Delitti e castighi alla tv cinese UN CODICE LEGALE PER IL NUOVO CORSO DI PECHINO Delitti e castighi alla tv cinese Sono lezioni sceneggiate di procedura penale, che rispettano tutte le regole del gioco: «Signori della Corte! Signori giurati!...» - A volte un po' di pathos - Non basta più una confessione per giustificare una condanna a A giorni alterni la televisione cinese trasmette un programma di 20 minuti dedicato al codice penale che entrerà in vigore il primo gennaio del ! 1980. La stampa pubblica det! tagliati resoconti di processi j che si svolgono davvero a porj te aperte (e si sottolinea come si tratti di una innovazione rispetto al recente passato) davanti a un pubblico di centinaia di persone che assistono ; non in veste di «masse» accu: satrici ma piuttosto come attenti studenti di legge. Sono infatti processi che ; assomigliano a lezioni di procedura penale drammatizzaj ta, come quello che si è svolto ! a Pechino due mesi fa a carico di un operaio accusato di furto ai danni dell'Istituto di tecnologia dell'Accademia delle scienze. O come quello di un operaio edile di 23 anni, ac- I cusato di tentato omicidio nei confronti di un caposquadra che si era rifiutato di concedergli un turno di riposo dopo che si era ferito alle mani. In questo caso la difesa (secondo la nuova procedura l'imputato deve scegliersi un difensore, altrimenti ne viene nonùnato uno d'ufficio) è stata assunta dalla sorella dello stesso imputato, non un'avvocatessa ma un'operaia anche lei. Dicono che la sua oratoria è stata efficace e che la pena del fratello è stata ridotta da 10 a 8 anni. Il resoconto del processo, pubblicato dalla rivista Gioventù cinese, è una lettura interessante. Tutte le regole del gioco {-Signori della corte signori giurati!' eccetera) sono state meticolosamente rispettate. L'avvocatessa ha toni degni della miglior scuola di retorica e il fatto che sia la sorella dell'imputato aggiunge pathos al suo intervento, diventa lei «eroina» della vicenda mitigando l'aridità della procedura, rito nuovo per i cinesi, con un profumo ancora vagamente «rivoluzionario». E' Antigone e Porzia, l'umanizzazione del diritto, il suo fondamento. La lezione è perfetta, punto culminante della campagna che è stata lanciata in tutto il Paese per propagandare il nuovo codice penale. Ma se si trattasse soltanto di ripristinare una legalità calpestata, come oggi si dice in Cina, all'epoca della banda dei quattro, tanto sforzo propagandistico parrebbe eccessivo. C'è in effetti una ragione più profonda, il desiderio di trasformare ai fini della «mo dernizzazione» un modo di convivenza civile ben più antico e radicato, una società che da millenni, come ha lapidariamente detto Marcel Granet. si regge -senza dio e senza leggi-. Come? In pratica ignorando le due categorie / > La mostra in Basilicata fondamentali che hanno invece improntato, solidali anche se a volte antagoniste, la nostra civiltà giudaico (Dio) j romana (diritto) e cristiana (il I «dare a Cesare quel che è di i Cesare... - enunciazione conciliante, sintesi e nodo dal quale ancora si dipanano sviluppi). Un dio i cinesi se lo erano dato. Mao. non delle leggi. ! Hanno provato a vivere con un Dio (idea di Lin Piao?) ma senza leggi: ora stanno provando a vivere senza Dio ma con delle leggi. Ma come si vi- I ve senza dio e senza leggi? si potrebbe rispondere: mica male, purché la società sia i statica, o meglio, tendente al' la stasi. Basta «conformarsi», j non infrangere quei valori che la tradizione ha posto nella più antica notte dei tempi j (e che hanno quindi trascendenza divina) e comportarsi \ secondo i riti, l'equivalente j della codificazione. La convivenza civile è quindi regolata da una rete avviluppante di | norme etiche con un ovvio margine di elasticità ma sen! za possibilità, neanche psicologica, di dichiararsi orgogliosamente «reprobi». Chi non si conforma (e ci sono stati sempre cinesi che non si sono conformati) invece di assaporare l'amaro ma esaltante gusto della colpa, assapora quello più passivo della vergogna. Tuttavia, mentre la colpa si può viverla e espiarla anche da soli, nel ; rimorso della coscienza, la vergogna pretende testimoni I costanti e implacabili, folti | più di Dio e delle leggi messi I insieme. E ancora: il duali| smo tra Dio e leggi, può favoi rire una possibilità individuale di riscatto, di scelta di campo, che l'integralismo (confuciano? cattolico? socialista j realizzato?) invece nega. Ne j deriva che il castigo si commiI na sempre a confessione avvenuta (la -perdita della faccia-. ovvero il senso della ver¬ gogna... si può morire in Cina -divorati dalla vergogna-). Non si castiga nessuno se non ha confessato e tutti i mezzi sono buoni. Esempi? Quelle riunioni di lotta (che oggi il nuovo codice proibisce) in cui il reo non confesso viene circondato da centinaia di persone urlanti che si dichiarano soddisfatte soltanto quando sono riuscite a fargli abbassare la testa, non metaforicamente ma proprio fisicamente, mento sul petto. Ma torniamo al nuovo codice e vediamo cosa stabilisce: esplicitamente dichiara che l'accusato non può assolutamente essere condannato in base a una sua confessione e che. invece, può essere condannato anche se non confessa, purché si abbiano prove sufficienti per stabilirne 'a colpevolezza. Inoltre proibisce di -raccogliere prove ricorrendo alla minaccia, all'inganno o a altri metodi illegali, compresa la tortura, largamente diffusa all'epoca della rivoluzione culturale-. Tuttavia nel nuovo codice almeno due disposizioni dimostrano come in definitiva sia frutto di una concezione del rapporto cittadino-potere o. meglio, della convivenza civile, radicata e preesistente, preesistente anche all'immissione del marxismo-leninismo. Ling Yun. viceministro della pubblica sicurezza, ha dichiarato che il nuovo codice penale non si rifà a nessun codice borghese (anche se il suo principale esplicitato obiettivo è -proteggere la proprietà sia pubblica che privata-) e che prevede una pena minima che nessun altro codice al mondo contempla e cioè: affidare il colpevole alla supervisione delle masse. E' ancora la «vergogna», a pensarci bene, che viene tira- ti in ballo. Cosi nel caso, an- che questo contemplato dal nuovo codice, di condanna al- la pena capitale con rinvio dell'esecuzione di due anni, da commutarsi in ergastolo in caso di provata redenzione ideologica del condannato, è l'integralismo che torna a galla, affidando non più alle «masse» ma a carcerieri, sorveglianti, ufficiali di pubblica sicurezza, segretari del comitato locale di partito, il giudizio definitivo: cioè non alla legge ma alla morale, in definitiva all'ideologia dominante. Da noi. invece' Per l'accordo stabilitosi tra Dio e leggi che ci tengono tuttavia a sottolineare le rispettive sfere di competenza, il prete può accompagnare alla morte il condannato senza ridere e senza piangere, mentre il giudice può sentirsi tranquillo, anche se ha condannato un uomo che in cuor suo ritiene innocente. Perché, a volte, si sa, I •Summa lei, summa injuria-. Renata Pisu

Persone citate: Ling, Mao, Marcel Granet

Luoghi citati: Basilicata, Cina, Pechino