Flash su una guerra rovine e personaggi di Francesco Rosso

Flash su una guerra rovine e personaggi IL RISORGIMENTO NELLA FOTOGRAFIA Flash su una guerra rovine e personaggi «Non è una storia completa di quei tempi che io vi scriverò: molte ne furono già scritte, altre se ne scriveranno, e non arrive¬ rete a leggerle tutte». Giovanni •Visconti Venosta, scrivendo I queste parole intorno al 1850 j nei suoi Ricordi di gioventù fu buon profeta, benché egli vivesse in quei tempi e guardasse dall'interno gli avvenimenti che andava raccontando. Quanti mai volumi, tesi di lau- rea. studi analitici siano stati i scritti sul Risorgimento Italia- j no, quante biografie dei suoi ' protagonisti. famosi e umili, continuino a arricchire le bi- blioteche è impossibile dire | qui. parlando di un nuovo, e j dawero singolare libro che | porta la sua pietra, ben solida i al ciclopico monumento di car-1 ta stampata eretto a onore di quel Risorgimento Nazionale che si dà per concluso a ogni I guerra, salvo a riaprirlo al prossimo conflitto. Il libro di cui stiamo parlando si affida soprattutto alla fo- ; tografia. immagini esaltanti del primo Risorgimento. Teatri di guerra, personaggi che dell'Unità Nazionale hanno fatto il loro credo al quale tutto hanno sacrificato, molti anche la vita, e altri che contro quell'idea di Unità hanno ferocemente combattuto, sono la materia prima de II Risorgimento nella fotografia, volume suggestivo di Lamberto Valli (Einaudi) nel quale non sai se ammirare di più la sensibilità nella scelta delle immagini, o la sapienza nella cernita dei testi messi a commento. Ciò che subito colpisce fin dalle prime fotografie è lo scempio che le pur primitive armi di quei tempi (siamo nel 1849. durante le battaglie per difendere la Repubblica Romana) riuscivano a provocare. Sono documenti agghiaccianti: scheletri di palazzi, di ville signorili, rivelano che la battaglia di Roma fu combattuta con feroce accanimento dai soldati garibaldini, e che tutte le prose scritte per esaltare ad esempio la resistenza di Giacomo Medici e dei suoi soldati, al Vascello, risultano vuote parole a confronto dell'immediatezza delle fotografie con la visione del grande palazzo ridotto a ammasso di rovine dalle cannonate francesi. Lamberto Valli non è nuovo a queste fatiche, e se già col volume dedicato all'arte fotografica del grande Nadar aveva rivelato sicurezza di giudizio nella scelta del materiale, in questa nuova fatica supera ancora quel limite già altissimo nella collocazione del materiale fotografico ch'egli è riuscito a reperire negli Archivi pubblici, nelle raccolte private, nelle Biblioteche. Egli ha composto quasi un film sul Risorgimento, dal 1849 al 1880. e se non è possibile dire che l'intero arco storico sia completo nei detta- gli. si può affermare che si trat- ta di opera fondamentale per comprendere un po' di più fenomeno Risorgimento attraverso i suoi protagonisti, messi uno dopo l'altro in successione cronologica perfetta. S'incomincia con la gloria nella battaglia per la difesa di Roma, si finisce con l'agonia degli Dei. ch'è peggio della loro morte. Tutte le fotografie avvincono, taluna anche per la bellezza pittorica, come il Cimitero di Solferino dopo la battaglia, un quadro in cui aleggia l'atmosfera rarefatta dei pittori novecentisti, ma so- rò i ritratti scelti da una iconografia non troppo abbondante per alcuni, ricchissima per altri, i veri protagonisti del volu- me. Giuseppe Garibaldi, giu stamente. campeggia; lo incon triamo a Roma, poi al capanno ravennate dove sostò durante la fuga verso Venezia, a State Island (N.Y.) dove nel 1850. con Antonio Meucci. proprio quello del telegrafo, lavorò in una fabbrica di candele steari- che. eppoi lungo tutto l'itine rario risorgimentale: col mai leolo destro ferito dai bersa glieri all"Aspromonte, in con valescenza a Pisa, a Caprera, a Mentana, Garibaldi apre l'epopea esal tata |n questo libro e la conclu da tristemente. Sua è l'ultima fotografia del volume, e il testo racconta della sua visita a Mi lano nel 1881 per la commemorazione di Mentana e l'inaugurazione del suo monumento. «Pare Sant'Ambrogio, mormorava il popolo milanese... Pure, quella reliquia d'eroe non s'arrendeva ancora, accettava tutti gli inviti...». Come a dire che anche gli eroi dovrebbero scomparire nel massimo della loro gloria, non invecchiare. Non è possibile citare tutti i protagonisti di questo volume, sono in totale 210 fotografie, ed i ritratti rappresentano i due terzi dell'opera. Alcuni personaggi hanno trovato in amici, o semplici contemporanei, i loro agiografi, altri hanno incontrato l'ironia di scrittori sottili, che Lamberto Valli ha argutamente riprodotto. Mazzini. Saffi. Induno. don Tazzoli. Tito Speri. Manin. Pisacane. Orsini. De Cristoforis hanno il loro giusto rilievo accanto a Nino Bixio. Rosalino Pilo. Giuseppe Cesare Abba. Nullo. Crispi. Nievo l'ungherese Tiirr. cioè i protagonisti dell'avventura dei Mille, in cui si affaccia un personaggio incredibile, fra Giovanni Pantaleo, occhi accesi, il viso quasi sepolto dai molti peli scarruffati della barba e dei lunghi capelli: una faccia di onesto bandito travestito da frate vien da pensare guardando la fotografia. A Salemi. lasciato il monastero, la tonaca e la croce, si mescolò ai Mille, e Garibaldi, in una delle sue lettere, da convinto anticlericale gli scrisse: «Non in nome dell'Italia sola, ma dell'Umanità, vi ringrazio per la coraggiosa risoluzione d'aver svestito l'assisa nemica del prete». Di questi documenti ironici e ghiotti il volume è foltissimo. Vittorio Emanuele II è ritratto con Ros Vercellana. la «bela Rustn». che Henry d'ideville definiva «di nessuna distinzione... Inrpossibile immaginare una donna vestita con un cattivo gusto più completo». Nella fotografia, la Contessa di Mirafiori si appoggia gravemente sulla spalla del Re Galantuo- I mo quasi in gesto di possesso, i Segue la lettera che il re scrisse ! alla figlia Clotilde Maria Bo naparte. per giustificare la sua relazione morganatica. Una lettera sgrammaticata, da scolaro di seconda elementare, a dimostrare ch'egli aveva più dimestichezza col dialetto piemontese che con l'italiano. Infatti, il re conclude la lettera con: «Il tuo misero padre. Vittorio, detto il "dìsgrassià"». Le fotografie di Vittorio Emanuele II sono numerose, più di quante ne siano state de¬ dicate a Giuseppe Mazzini ! l'Apostolo dell'Unità Repub blicana. e a Camillo Benso di !!jj Cavour, definito «Il tessitore». | di cui esiste un solo esemplare fotografico. E un solo esemplare ciascuno hanno Costantino j Nigra e la sua magica pedina Virginia Oldoini contessa Verasis di Castiglione, la bella Nicchia seduttrice di Napoleo- 1 ne HI e di altri meno famosi. | Una sola fotografia è dedicata | anche a Massimo d'Azeglio, con una scelta da I miei ricordi e l'udienza con Carlo Alberto, quando alla fine il Re Tenten- l na lo abbraccia: «Un abbraccio ) che aveva qualcosa di studiato, dì freddo, direi di funebre, che mi gelò: e la voce interna non ti fidare mi risorse dal cuore». Ma i ritratti che più rendono pensosi sono quelli di Francesco D. di Borbone e di sua moglie Maria Sofia, sgomenti dopo la caduta di Gaeta, quello di Pio TX pacioso e furbastro e. j soprattutto, quella del cardina- j le Giacomo Antonelli. Temi- ! nenza grigia del Papa: un volto ! asciutto, occhi penetranti, labbra tese in un sorriso ambiguo. «Antonelli è un uomo grande e magro, che ha sulla faccia nera e giallastra un'espressione sei- j vaggia e nello stesso tempo demoniacamente astuta» scrive il tedesco Theodor Mundt. E fu con quel personaggio che eb- \ bero a trattare i combattenti dell'Unità d'Italia. Francesco Rosso i