«Ho creduto in Eros e Thanatos ora sono rassegnato a morire»

«Ho creduto in Eros e Thanatos ora sono rassegnato a morire» L'ULTIMO COLLOQUIO COL FILOSOFO POCO PRIMA DELLA FINE «Ho creduto in Eros e Thanatos ora sono rassegnato a morire» Con Herbert Marcuse ho trascorso la primavera e buona parte dell'estate, in California, dopo averlo già incontrato durante l'inverno. Avevamo poi fissato un appuntamento in Germania. all'Istituto Max Planck, da dove saremmo partiti per l'Italia con una puntata a Saint-Paul-de-Vence. Marcuse voleva incontrarsi 11 con Chagall, non si erano più visti dai tempi della gioventù. Il desiderio insolito gli era venuto in maggio, mentre percorrevamo le autostrade deserte della California, un desiderio espresso con una specie di premonizione, la certezza di morire presto. «Ma Chagall-, gli dissi, «porta ancora molto bene i suol novantanni-. Mi sorrise, fumando il sub eterno sigaro. Era chiaro, le mie parole lo avevano confortato. Per il resto della giornata Marcuse fu di buon umore, commentando con accenti sarcastici gli automobilisti in collera che si pigiavano in file interminabili dinanzi alle pompe di benzina, fino al Sunset Boulevard di Los Angeles, dove il governatore dello Stato, John Brown, caracollava a cavallo con Jane Fonda in una manifestazione di protesta contro le grandi compagnie di petrolio. Il suo amico Brani Dijkstra. che stava guidando, gli fece notare: «Da ventanni predichi che i piccoli borghesi, i quali dappertutto hanno sostituito i proletari, finiranno un giorno per rivoltarsi contro i gran ìrusts. E' i fatta, e persino Jimmy Carter j ne dovrà ora tenere conto-. Marcuse si voltò verso di j me. «E pensare che tu hai i scrìtto che io ero un piroma- \ ne in pensione. In Francia e in Europa mi giudicate l'uo- I ino "che era stato del 1968", come se la rivoluzione e la j lotta per la giustizia dovessero arrestarsi. Il maggio 1968 era stato un sintomo, un brutale terremoto come la Comune di Parigi. Abbiamo 1 avuto Angela Davis e i Neri \ americani. Li abbiamo difesi, come le. donne oppresse, gli omosessuali, i vietnamiti. \ Adesso ci sono gli emigranti messicani che bisogna proteggere nel mio Paese, al pari di tutte le minoranze povere. j I II I j 1 \ \ La lotta non finirà mai. Deve isvilupparsi in ogni luogo, contro i nemici della libertà \all'Est e all'Ovest. Fra qualj che giorno dovrò tenere una. conferenza in Germania per difendere un prigioniero. Rudolf Bahro. Debbo anche sotI trarre alle grìnfie della polizia texana alcuni chicaneros che sono stati brutalizzati. E' mio dovere farlo e lo farò noI nostante sia così stanco. Ci I sono almeno due punti sui quali sono totalmente d'accordo con Voltaire e Marx: i bisogna battersi anche per consentire agli avversari di \ esprìmere liberamente il loro pensiero, e l'America, nonostante le sue malattie, resta il Paese dove grandi evoluzioni sono possibili-. Il marxismo sovietico? Herbert Marcuse non ha atteso le rivelazioni sui gulag per dipingerlo com'è. Nel suo ultimo libro, La dimensione estetica, che giudicava il suo lavoro più importante, una sorta di testamento filosofico e poetico dedicato alla gio¬ i adesso ventù mondiale, aveva scritto: «Certamente sono ancora marxista, ma come si può esserlo oggi a contatto con la nostra società. Ritengo che le idee del 1968preludano a lungo termine ad un cambiamento della società. Nel frattempo, non bisogna rassegnarsi. Occorre combattere lo scoraggiamento e tutto quanto esso comporta: la droga, la voglia di fare i barboni, il fanatismo, il rifiuto carico d'odio della bellezza, dell'intelligenza. Non è affatto vero che la beltà sia reazionaria e che lo spirito e 2humour siano borghesi, come per troppo tempo ha insegnato la brigata marxista dei russi e dei cinesi. Non è poi vero — e i giovani americani sono già molto avanzati su questo punto — che sia necessario essere mal vestiti, essere sporchi, o respingere l'amore e la visione poetica, anche lirica, delmondo-. In questi ultimi giorni avevo dunque raggiunto Marcuse a Monaco per la nostra tournée musicale che ci avrebbe dovuto portare a Spoleto, Verona e Venezia. Lui sperava di poter sentire i Solisti Veneti cantare Vivaldi, alla chiesa di Santo Stefano. Mi era apparso molto affaticato, non sopportava lo sbalzo di fuso orario fra San Diego e la Baviera. Mi disse: «Dovremo riprendere le nostre discussioni sulla nuovadestra e sui nuovi filosofi, che io considero come dei personaggi comici di Molière e degli snob. E' vero, vorrei rivedere Venezia, Padova, svolgere un'inchiesta su Negri e le Brigate rosse. Bisogna analizzare tutta questa violenza, tutta questa crudeltà, bisogna spiegarla, disinnescarla, trascenderla. • Ho però un po' paura di morire per quel caldo a Venezia, come il personaggio di Thomas Mann. Preferisco restare nella mia Germania se proprio me ne devo andare. Sai, per tutta la vita, non ho creduto che in Eros e in Thanatos, l'istinto dell'amore, l'istinto della morte. Penso che sia giunta l'ora del mio rendez-vous finale con la morte, e mi sono rassegnato-. Jean Marabini Copyright di -Le Monde» e per l'Italia de «La Stampa» i j Il filosofo Herbert Marcuse in una caricatura di David Levine ICopyright N.Y. Review pi Books, Opera Mundi e per l'Italia -La Stampa.)