Anaïs Nin: donna tra rinunce, paure di Dacia Maraini

Anaïs Nin: donna tra rinunce, paure Lo stupendo «Diario» dal 1939 al '44 Anaïs Nin: donna tra rinunce, paure Anais Nin: «Il Diario» 1939-44, ed. Bompiani, pag. 369, lire 7000. Quando si parla di femminismo molte persone dicono: io sono d'accordo però non mi piacciono le donne che imitano l'uomo. Dimostrano cosi di ignorare che alla base del femminismo c'è il rifiuto dei modelli maschili. Il movimento delle donne ha teorizzato la diversità non l'identità con l'uomo, ma una diversità che riesce ostica, nuova, estranea perché viene scoperta e definita dalle donne secondo idee che non hanno niente a che vedere con quelle tradizionali. Però l'equivoco rimane. Perché, come dice Simone De Beauvoir, quando una donna si comporta come un essere umano, subito la si accusa di volere imitare l'uomo. «7o non volevo rubare la creazione dell'uomo' scrive Anats Nin in quel bellissimo libro che è il Diario della sua vita. «Non volevo rubare all'uomo la sua folgore... creazione e femminilità mi sembravano incompatibili. L'atto aggressivo della creazione era una questione maschile». •Non aggressivo ma attivo», la corregge la sua psicanalista. E Anais comincia a ripensare alle paure della sua vita, prima fra tutte quella appunto di dispiacere ai suoi amanti, padri e figli, sottraendo loro l'atto di volontà virile per eccellenza: l'arte. Otto Rank che era stato suo psicanalista prima della straordinaria Jaeger, le aveva detto che 'le donne non possono inventare». E lei aveva mortificato, censurato la sua immagine per aderire al pensiero di lui, che poi è il pensiero di fondo di molti psicanalisti a cominciare da Freud. •Ti senso di colpa che deriva dalla creazione nella donna è fortissimo, continua Anais Nin, la creazione legata alla femminilità è una minaccia per lei, una minaccia al suo rapporto con l'uomo... in una donna che ama l'uomo come 10 amo io, diventa paralizzante... Il femminile e il materno hanno sviluppato protezione e nutrimento e non guerre distruzione e rivoluzioni in nome di mondi nuovi. Io provavo senso di colpa per il desiderio che avevo di scrivere della gente che amavo, per la volontà che avevo di mettere a nudo 11 carattere del padre. Henry (Miller) non considerò mai le conseguenze dei suoi ritratti letterari. Io invece li sento come un pericolo per l'amore »... Per questa paura rinuncia a scrivere romanzi, a inventare. L'invenzione è il fuoco di Prometeo sottratto agli dei; se la donna lo tocca ne rimane bruciata. Cosi Anais permette alla sua fantasia di incanalarsi soltanto nei diari, ingannando l'arcigna musa della poesia, quasi che, da buona massaia, si limitasse a fare l'elenco dei piccoli fatti quotidiani casalinghi: una innocua modesta cronaca quotidiana senza pretese. D'altronde questa cronaca parla soprattutto di uomini: gli uomini figli della sua vita, gli amici fratelli come Henry Miller, John Dudly, Ganzalo, Roberto Duncan, Kenneth Patchen, sempre 11 a chiederle prestiti, amicizia, pranzi, ospitalità, consigli, fiducia, consolazione, senza mai ricambiare. Salvo Henry Miller che prima prende a man bassa da lei facendole fare debiti su debiti e poi quando la vede sull'orlo del collasso, capisce di averla sfruttata e cerca di riparare mandandole regali (ma ormai lui guadagna e lei è sempre senza soldi), scrivendole lettere molto affettuose e tenere. Gli altri, come il giovane e bellissimo Dudly. discendente dal famoso amante della regina Elisabetta (la regina di Shakespeare per intenderci) le portano via soldi, tempo, fatica, amicizia, devozione. Dudly fra l'altro non può amarla perché è omosessuale e quando lei non ha più niente da dargli, l'abbandona accusandola di egoismo. Ma nessun figlio ingrato distoglie Anais dalla sua generosità eccessiva e maniacale (lavora fino alle tre di notte per scrivere dei racconti pornografici che le fruttano poche decine di dollari), la sua casa è sempre aperta a chiunque voglia saccheggiarla, il suo cuore sempre pronto per chi voglia affetto, protezione, tenerezza, comprensione. •Afi sono mutilata, scrive nel gennaio del '43. sogno di donne cinesi coi piedi fasciati. Io mi sono fasciata spiritualmente. Ho associato la creazione alla crudeltà, all'assenza di scrupoli, all'indifferenza... Mi fa orrore la donna mascolina con ambizioni di carriera. Creare mi sembrava una tale affermazione della parte più forte di me che non sarei stata capace di dare a tutti quelli che amo la sensazione di essere più forti, ed essi mi avrebbero amata di meno. Un atto di indipendenza sarebbe stato punito con l'abbandono, sarei stata abban¬ donata dai miei esseri amatilo ho sempre protetto gli uomini dalla mia forza, ho nascosto le mie capacità come una forza malefica che avrebbe travolto e ferito gli altri». «E'il ruolo materno che ti è stato imposto», le spiega la psicanalista quando Anais accorre da lei dopo essere rimasta paralizzata per le scale di casa senza poter andare né avanti né indietro, in preda a un attacco di pianto: -Non facevo che piangere senza ragione». «Tu cerchi un rapporto dì dare e avere... Non puoi più dare soltanto». Ma ormai è troppo tardi. Anais Nin non riuscirà più ad affrancarsi dal suo senso di colpa per «avere messo a nudo il padre», sia pure parzialmente, sia pure con tutta la dolcezza di una figlia innamorata. L'affascinante pianista di successo che la portava in giro per il mondo facendo concerti, e di colpo le abbandona lei e la madre a Parigi senza un soldo per un capriccio d'amore, aveva lasciato in lei l'orrore dell'abbandono, del tradimento. E per non tradire, si lascia depredare e divorare. Quante donne creative hanno provato gli stessi sensi di colpa di Anais Nin. Da Emily Dickinson che ha scelto la reclusione a vita, a Virginia Woolf e Silvia Plath che hanno scelto il suicidio. Altre si sono rifugiate in nevrosi ossessive, malattie inguaribili, angosce mortali, lacerate fra l'amore per la gioia sensuale della creazione e la paura della creazione stessa vista come perdita di femminilità, cioè di quella passività (come sacrificio di sé) che nel mondo dei padri viene richiesta alle donne perché siano veramente donne. Dacia Maraini

Luoghi citati: Parigi