Scavi preromani nella Valle dell'Orco

Scavi preromani nella Valle dell'Orco ALL'OPERA IN PIEMONTE GIOVANI VOLONTARI E STRUMENTI D'AVANGUARDIA Scavi preromani nella Valle dell'Orco TORINO — Fra le regioni italiane, il Piemonte non è la più fortunata, in fatto di archeologia: nulla di simile, alle statue, vasi, bronzi, tombe che testimoniano lo splendore della civiltà classica nel nostro Paese, dalla Magna Grecia alle rocche etrusche al tardo impero cristiano. I resti romani sono numerosi (la stessa Torino, Acqui, Alba, Aosta, Pollenzo, Industria, Libarna), ma è difficile che possano dirci qualcosa di decisamente nuovo sulla facies del mondo classico. Rivelazioni più interessanti potranno aversi dallo studio dei resti altomedievali, per esempio il sito longobardo di Belmonte, nel Canavese, che rappresenta forse il maggior insediamento barbarico nell'Italia nordoccidentale: alcuni ritrovamenti, umboni di scudi, daghe di ferro, statuette fittili, fibule, tripodi, mosi per cavalli, stadere, hanno un loro preciso valore per farci conoscere la vita quotidiana dì quelle popolazioni In armi. Ma quando vogliamo risalire ad epoche più remote, preromane, ci troviamo di fronte quasi al vuoto, tranne alcuni ritrovamenti discussi, ad esempio i graffiti di Caprie, o di ardua valutazione, per tanti motivi, come le palafitte del lago di Viverone. Una ricerca .preromana, è ora in corso da tre estati in una località della Valle dell'Orco, Salto di Cuorgnè, per iniziativa di un giovane professore di archeologia, Francesco Fedele, torinese e docente all'università di Sassari, e sotto la direzione della Sovrintendenza, Ne parliamo per due ragioni: la prima è J che si tratta di una ricerca-pi- ; Iota, vale a dire una indagine archeologica effettuata con i metodi più moderni (c'è an- j che l'immancabile computer) che si propone di ricavare «tutti, gli elementi possibili dalla esplorazione, in superficie e in profondita, della località scelta: è una doppia grotta (detta «Boira Fusca.) che dalle prime prospezioni risulta essere stata abitata dalla fine dell'era glaciale (circa diecimila anni avanti Cristo) sino all'epoca tardo medievale. La grotta stessa venne scoperta pochi anni fa da due cercatori dilettanti, dopo che sembra sia stata usata saltuariamente da partigiani durante la Resistenza. E la seconda ragione è proprio la partecipazione di ricercatori non professionisti i quali, guidati da uno scienziato, possono dare e danno un contributo essenzialissimo a queste imprese cosi difficili e anche faticose: bisogna arrampicarsi per un centinaio di metri per raggiungere il roccione che ospita la grotta, e lassù la vita non è comoda. Agli scavi partecipano una decina di studenti, tutti volontari e ospitati a Cuorgnè per lodevole iniziativa del comune, fra i quali due americani arrivati dalla università dello Iowa, negli Usa, che cominciano a parlare fra di loro, con accenti ammirati, dei metodi innovativi della «scuola torinese». Animatore e promotore del gruppo è Mario Zambelli; a fianco di altri gruppi di archeologi dilettanti, Zambelli (che di professione è medico) ha costituito una équipe, designata come «ad Quintum. —dalla località vicino a Collegno dove ha preso le mosse —che da anni svolge una brillante attività di ricerca: fra l'altro, si deve al gruppo «ad Quintum., che pubblica anche un prezioso bollettino annuale, l'identificazione del sito longobardo di Beimonte, del villaggio romano di Caselette, dell'insediamento preistorico (bronzoferro) di Borgone e altro ancora. Perché è tanto importante, questa ricerca a Boira Fusca? Perché per la prima volta sono state trovate tracce più antiche del neolitico nella zona occidentale del Piemonte. «I frammenti ricuperati, ci dice il prof. Fedele, ci permettono di stabilire, con assoluta certezza, che in questa zona vivevano cacciatori dell'età della pietra antica (paleolitico) quando ancora i ghiacci I stavano ritirandosi. E' una te- ra rivoluzione scientifica, che ci sentiamo di confermare grazie alle lance e alle frecce ritrovate». E aggiunge, con amarezza: «Purtroppo, subito dopo i primi ritrovamenti e prima che potessimo in qualche modo recintare il sito, vennero i soliti ignoti a portare via quello che potevano-. Di particolare interesse è il fatto che a Boira Fusca (che vuol dire «grotta nera, nel dialetto locale) si presenti una successione stratigrafica perfetta, dall'alto in basso, cioè rnrrdsgtccpfuqicda! giorni nostri sino al paleo- > slitico. che coincide con l'ulti- ?1dma presenza del ghiacciaio rilevabile in sito. Ciò permette ,, una datazione abbastanza 1 iesatta dei reperti, anche se non si può ricorrere, per il momento, a metodi di datazione chimica o radioattiva. E' possibile comunque risalire dai reperti medievali a quelli romani all'età del ferro a quella del bronzo all'età della pietra levigata a quella della ualiudtppietra grezza. I ritrovamenti ! mconsistono essenzialmente in j npunte di frecce, strumenti di Cbronzo e rame, cocci di cera- j bmica (che sembrano decorati i nin un modo che non ha ri- \ rscontro in altre parti d'Italia), nframmenti di scheletri, so- i nprattutto denti, ossa di ani- j fmali — fra i quali l'orso delle bcaverne — selci, di cui si igno- ra la provenienza se più o meno lontana, tracce di muratura e d'un focolare. Molto più importante dei reperti in sé, è il modo di studiarli. Il terreno (attualmente si sta scavando fuori della grotta, nel cosiddetto «deposito» esterno) viene esaminato centimetro per centimetro con la lente d'ingrandimento prima d'essere smosso, viene fotografato e catalogato con uno speciale metodo di «riquadratura a cordicelle», tutti i dati vengono riportati su un calcolatore elettronico che co¬ > stituisce da una parte l'archi- ?}° dl C1° cne «l lfa,tto e dal: 1 altra permette di elaborare ì dati stessi cosi da ricavarne ,, 1 i^a£oni per le prospezioni ulteriori. Scopo dei ricercatori è di arrivare a una visione «globale» degli insediamenti umani in questa zona (progetto: un'archeologia per la valle dell'Orco) avvalendosi di tutte le discipline, storia, antropologia, geografia, chimica, ! mineralogia, storia deUa tec j nica, merceologia, ecologia, Cose un po' aride, forse: ma j basta parlare per cinque mi i nuti con uno di questi giovani, \ ragazzi e ragazze, che passa no ore e ore chini su una baci i nella a lavare ed esaminare j frammenti di pietra, per Cam biare 'dea Umberto Oddone

Persone citate: Belmonte, Boira, Boira Fusca, Francesco Fedele, Fusca, Umberto Oddone, Zambelli