Questa sera o domani già l'incarico di Luca Giurato

Questa sera o domani già l'incarico Questa sera o domani già l'incarico ROMA — Pandolfi ha rinunciato all'incarico di formare il governo al termine di una delle giornate più convulse e caotiche della storia della Repubblica. La crisi è ora ad una svolta drammatica. Pertini potrebbe rinviare il governo Andreotti alle Camere per chiedere una fiducia che non ha e che non avrà mai oppure affidare, tra domani e venerdì, un nuovo incarico senza consultazioni. In queste ore di tensione, di incertezza e anche di preoccupazioni gravi, nessuno è in grado di fornire indicazioni precise. Ma sembra ormai inevitabile la carta, sempre rinviata, dell'incarico ad una delle massime autorità della Repubblica per un governo Istituzionale. Il nome è quello di Amintore Pantani. Il presidente del Senato, giorni fa, prima dell'incarico a Pandolfi, attraverso un suo portavoce, fece sapere In via del tutto riserva¬ ta che non avrebbe mai accettato di guidare un governo balneare ma solo un esecutivo con una maggioranza solida. Ora, per Pantani, il dilemma torna d'attualità, in una situazione ancora più deteriorata. Di certo, se verrà chiamato, Fanfani avrà da Pertini il più ampio dei mandati, ma, visto li peggioramento dei rapporti tra i partiti dell'ex maggioranza, è escluso che egli possa riuscire a metterne insieme una vera. L'unica strada sembra quella di un governo «al di sopra delle parti», piaccia o non piaccia agli avversari di Fanfani, che son tanti, da piazza del Gesù alle Botteghe Oscure. Pandolfi, dopo il colloquio con il Capo dello Stato, ha fatto la seguente dichiarazione: «Devo constatare che il mio tentativo di formare il nuovo governo non è riuscito. Ringrazio dal profondo del cuore il presidente della Repubblica per la fiducia e il so- stegno che mi ha fatto l'onore di accordarmi Credo, nonostante tutto, di non averli demeritati». Il colloquio tra il Capo dello Stato e Pandolfi è durato un'ora e dieci minuti. Erano le 20,10 e si chiudeva un tentativo che non ha mai avuto una seria possibilità di riuscita. Pandolfi era atteso al Quirinale ieri mattina alle 10,30 per sciogliere la riserva e consegnare la lista dei ministri del tripartito di tregua dc-psdi-pri allargato all'area liberale (il professor Cavallo alla ricerca scientifica) e a quella socialista (il professor Giannini alla pubblica amministrazione). Ma, a quell'ora, era in tutt'altra sede, ed aveva avuto tre incontri difficili. Il primo con il repubblicano Bruno Visentini, al quale era stato offerto il ministero del Tesoro. Visentini (che nei giorni scorsi, durante il tentativo Craxi, aveva attaccato duramente i socialisti) ha detto a Pandolfi che avrebbe accettato, ma a due condizioni: «no» all'eventuale passaggio di un ottimo ministro come Franco Maria Malfatti dalle Finanze al Bilancio; richiesta, senza appello, di spostale Nicolazzi dall'Industria ad un altro qualsiasi dicastero. Pandolfi teneva molto a Visentini nel posto che stava abbandonando per assumere la guida del governo; lo hanno però lasciato perplesso e sconcertato tante condizioni, che in pratica esoneravano la sua autorità di presidente incaricato. A Visentini, Pandolfi ha detto che «prendeva atto» delle richieste. Dopo Visentini — mentre al Quirinale cominciava la lunga attesa e, assai più lontano, all'Eur, dal Comitato centrale del psi cominciavano a partire i primi «no» al governo Pandolfi —11 presidente incaricato riceveva nel suo studio Pietro Longo. Pandolfi gli ha subito detto che non c'erano difficoltà per una riconferma in blocco della delegazione socialdemocratica; rimaneva aperto, però, il «problema Nicolazzi», sollevato anche da Visentini senza alternative. Longo ha subito, detto che non gradiva veti da nessuno; però, vista la situazione generale, non era certo questo il momento di questioni di principio. Per Nicolazzi, la scelta definitiva sarebbe stata le Partecipazioni statali. Longo poneva però a Pandolfi quesiti politici, che tutti o quasi, la sera prima, in pie¬ na lotta per la lista dei ministri, avevano sottovalutato. Al di là della struttura, c'erano almeno due «nodi» politici che nessuno era riuscito a sciogliere. I liberali, dopo il veto dei repubblicani ad un parlamentare del pli nel governo, avevano annunciato l'astensione o il voto contrario. I socialisti, visto che Pandolfi, a loro giudizio,. stava fermando una riedizione del tripartito senza Andreotti e non quel governo scolorito, di decantazione e di tregua, che Luca Giurato (Continua a pagina 2 in quarta colonna)

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