Lo stratega delle follie di Carter

Lo stratega delle follie di Carter Un'eminenza grigia dietro il rimpasto governativo di Washington Lo stratega delle follie di Carter Opinione pubblica e giornali criticano la sostituzione di cinque ministri: «spettacolo da circo», «il presidente dev'essere esaurito» • Si accusa il suo più fido consigliere, Jordan, direttore della Casa Bianca, di avere tramato due anni e mezzo per concentrare il potere nelle mani della «guardia georgiana», gli uomini cui Carter deve la nomina NEW YORK - Glielo avevano già fatto una volta. Dopo che la rivoluzione in Iran aveva rovesciato lo Scia, e gli Stati Uniti gli avevano rifiutato asito politico, riconoscendo invece il regime dell'ayatollah Khomeini erano andati a rispolverare le sue dichiarazioni di alcuni mesi prima. «L'Iran è un'Isola di stabilità in una regione in tumulto*. «L'America ha bisogno di alleati come lo Scià». E (mentre lo abbracciava in fotografia): «Saremo sempre al fianco del nostro amico, lo Scià» Adesso, che su 12 ministri più 3 sema portafoglio ne ha cambiati 5. e che ha ridotto il governo al rango di esecutore della volontà dei propri consiglieri, la cosiddetta guardia georgiana cioè gli uomini che nelle elezioni del '76 lo hanno portato da Atlanta in Georgia alla Casa Bianca, adesso sono ricorsi allo stesso truccò. Citano la sua affermazione solenne tre giorni dopo l'insediamento al potere: • Non vt sarà una sola circostanza, sotto la mia presidenza, in cui il personale della Casa Bianca dominerà o si collocherà In posizione superiore al governo*. Evidentemente, i giornali americani non amano Carter, o meglio se ne sono disamorati. Già critici del suo comportamento negli ultimi mesi appunto dalla crisi iraniana (nessun presidente era mai stato bombardato da tanti sondaggi di opinione, tutti negativi e nessun suo rivale mai osannato come Ted Kennedy) gli sono divenuti molto ostili la settimana scorsa, quand'egli ha tirato fuori le unghie. Il rimpasto governativo è stato chiamato «il massacro», «la notte del lunghi coltelli». »una vendetta mafiosa», -spettacolo da circo». Praticamente, i giornali hanno ignorato i commenti favorevoli pochi in verità, per concentrarsi sulle proteste, come quella del senatore Vena che lo aveva visitato a Camp David: «Il presidente è ammalato forse ha un esaurimento nervoso» arerà detto il senatore. Buona parte di questa ostilità è di riflesso, e investe il presidente rimbalzando dal direttore della Casa Bianca, Hamilton Jordan. Jordan e l'uomo che è uscito vincitore dagli eventi della scorsa settimana. Egli è un formidabile stratega. Già nel '72. quando Carter era governatore della Georgia, e Niron pareva inamovibile da Washington, piani/teò il trionfo del suo superiore. Carter ha una fiducia cieca in lui A Jordan é permesso quasi tutto. Si é separato dalla moglie, e Carter non gli ha detto niente. Ha avuto due scontri con la polizia, rifiutandosi di pagare numerose multe, finché, superate entrambe le volte le 100 mila lire, gli hanno bloccato la macchina, e Carter ha taciuto. E' stato pesante con le donne, insultando due splendide ragazze in un bar. e sbirciando nel seno della moglie dell'ambasciatore egiziano -per ammirare le piramidi-, e Carter sempre zitto. I giornali americani hanno invece ora riso ora protestato, e Jordan se lo è legato al dito. Da freddi i suoi rapporti con la stampa sono diventati gelidi e l'astio è dilagato. I retroscena degli eventi della scorsa settimana non sono tali da consentire una rappacificazione. Jordan è accusato di aver tramato per due anni e mezzo per esautorare il governo e concentrare la gestione della cosa pubblica nelle mani della guardia georgiana. L'accusa gli ì mossa anche dal Congresso, che lo detesta come detestò il direttore della Casa Bianca di Niron. Haldeman. finito in carcere per il Watergate. Il ministro dei Trasporti uscente Adami afferma che cercò d'imporgll due -fedelissimi- della guardia come sottosegretari, e quello del Tesoro Blumenthal che tentò di vanificare le sue iniziative economiche. L'atteggiamento dei repubblicani è ancora più rigido. Essi definiscono Jordan -il vero presidente-, irridono alla sua età, 34 anni disconoscono la sua preparazione. Minacciano di farne una questione costituzionale perchè Jordan e la guardia georgiana, a differema del governo, si sottraggono al controllo del Congresso, non possono essere chiamati a testimoniare. In realtà, Jordan ha concepito e condotto magistralmente in porto l'operazione • tutti gli uomini del re-, nel giro di unsolo mese, l'ultimo. Egli è intervenuto quando si è delineata la crisi di governo, ed è scoppiata la lotta per il potere. L'operazione scattò a Tokyo, durante il vertice economico delle sette nazioni più industrializzate, alla fine di giugno. Il giorno che l'Opec annunciò l'aumento f N del prezzo del greggio. Jordan, che lo accompagnava, presentò al presidente Carter un memorandum, compilatoda un altro georgiano rimasto a Washington. Eizenstat. il consigliere della politica interna. Eizenstat chiedeva al presidente di non andare in vacamo alle Hawaii, ma di rientrare subito, contrariamente a quanto programmato. Sottolineò i seguenti punti: I) la mancanza di benzina aveva provocato incidenti gravi con risse e saccheggi in più di una città: 2) la popolarità di Carter era la più bassa della storia americana: 3) la crisi petrolifera minacciava di diventare il suo Vietnam e il suo Watergate: 4) la situazione poteva essere rovesciata con uno sfoggio di forza e di decisione: 5) a questo scopo, erano necessari un piano energetico e un rimpasto di governo. La colpa, disse Jordan, era dei giornali e del Congresso, i primi per i loro reportages negativi il secondo per il suo rifiuto ad approvare le misure proposte dalla Casa Bianca. Bisognava prendere il toro per le corna, e capovolgere la situazione. Il primo luglio. Carter tornò a Washington. Il 5 avrebbe dovuto tenere un discorso cruciale alla radio e televisione, ma Jorda n glielo sconsigliò. Gli suggerì di consultare prima gli esperti la gente comune. Il presidente si rinchiuse a Camp David, e in due settimane ricevette 100 persone. Ma escluse alcuni ministri e Kennedy. Dalle consultazioni. Carter trasse la sensazione già sottilmente instillatagli dal suo collaboratore. L'America si aspettava qualcosa di grande, decisivo, un appello all'unità, una dimostrazione di e/ficiema. Ma essi non sono possibili notò Hamilton Jordan, se all'interno del governo proseguono le divisioni Tre erano le teste da fare saltare: Califano. il ministro dell'Istruzione, sanità e previdenza, che seguiva la politica di Kennedy anziché quella di Carter: Blumenthal il ministro del Tesoro, che attentava alla -guardia georgiana- dai tempi in cui uno dei suoi membri Lance, aveva dovuto abbandonare la Casa Bianca per uno scandalo finanziario: e Schlesin- ger. il ministro dell'Energia, perchè occorreva un capro espiatorio della crisi petrolifera. Adams ai Trasporti poteva rimanere, purché si piegasse alla volontà di Jordan. Jordan insistette anche affinché una vera e propria purga fosse attuata a livelli di sottosegretari aiutanti e via di seguito. Affermò che tutti dovevano capire chi aveva il coltello per il manico; che il pubblico sarebbe rimasto impressionato da una rivoluzione del genere: che il criterio ispiratore di chi rimaneva doveva essere la fedeltà a Carter. «C'è bisogno del gioco di squadra» concluse -gii individualisti vanno buttati fuori». •La squadra- nel prossimi giorni subirà qualche ritocco. Ma sarà più •window dressing-, apparenza, far vetrina, come dicono al Congresso, che sostama. Hamilton Jordan non si sguarnirà certo le spalle. Gerald Rafshoon il responsabile delle relazioni pubbliche, potrebbe essere dirottato verso la campagna elettorale, come Frank Moore, che tiene i rapporti col Senato e colla Camera. Tuttavia, Jody Poivell, il portavoce, riceverà maggiori responsabilità: le altre eminenze, quali Eizenstat, Mclntire e cosi via verranno rafforzati Semmai ci sarà un dilagare di georgiani o simpatizzanti tali nei dicasteri ed enti pubblici temporaneamente sema capi. Non c'è niente di nuovo in tutto questo: Kennedy portò a Washington gli intellettuali dell'East Coast. soprattutto i bostoniani, Nixon i prammatistl della California La novità è rappresentata dal modo in cui Carter ha realizzato il proprio piano, o meglio quello di Hamilton Jordan. Egli ha mancato di fimzza. e ha ottenuto lo stesso risultato di Nixon nel '73: di isolarsi dal resto del governo, alienarsi i giornali instillare dubbi nell'opinione pubblica. Al suo ritorno da Tokyo, come presidente egli aveva l'approvazione del 26 percento degli elettori: dopo il discorso contro la crisi petrolifera è salito al 37 per cento: sarà interessante vedere a che punto è questa settimana Non è escluso che • tutti gli uomini del re- contribuiscano a privarlo del suo trono. Ennio Careno Carter: ha eseguito il piano dei suo consigliere Jordan?