Passione triestina

Passione triestina LA DISPUTA SUI NODI DELLA CITTA' I Passione triestina Il recente intervento di Diego de Castro sul mio articolo «Nodi triestini» (La Stampa 26 giugno) mi e molto utile, per le precisazioni sull'Istria, più croata che slovena, e perché mi permette di tornare sopra questi nodi che il trattato di Osi mo (approvato trionfalmente dalla Camera nel 1976. con 391 voti su 452 presentì) ha reso più duri, più complicati. Ha certo ragione de Castro di osservare che non e cosa facile denunciare un trattato internazionale ratificato dal Parlamento, ma lo spettro della soluzione di ripiego che compare nelle righe successive «l'idea di spostare la zona mista di confine, collocandola dove non sia pericolosa, non va apoditticamente scartata» mi tormenta peggio dell'incubo di Fussli Da un lato c'è il pacta sunt servando, una firma nazionale da onorare; dall'altro, un brivido di orrore, per le conseguenze di questo servare, è inevitabile In mezzo c'è Trieste, la cui resistenza, passiva e attiva, vedo giusta e necessaria Nodo non è metafora vaga Questo nodo funesto c'è. Trieste mi preme, perché mi premono le vittime e i delusi del mondo, gli schiacciati, i vinti della Ibris politica e tecnologica Senza nessun legame coi movimenti locali, sono naturalmente, lontano da Trieste, con la popolazione triestina refrattaria allo schiacciamento, con quella di cuore puro, di spirito nobile Trovo che opporsi allo scannamento tacito di una cittì previsto da patti combinati e sostenuti da due astratte ragioni di Stato, sia ineccepibilmente virtuosa e umanamente giustificata Non discuto la legalità del patto ne impugno la legittimità Il caso Cecovini-Bcttiza ormai chiuso, su Trieste è ricalato il silenzio Rompiamolo So che cosa pensa Bettiza Vorrei poter essere certo che il sindaco. Cecovini. non pensi, come de Castro, che la Zona Osimo si possa fare altrove (come allargamento della zona industriale di Zaule. alle Noghere. verso il confine di Muggia'). perché ricevere una sciabolata mortale nella pancia, invece che sul collo (cioè sul Carso) è j sempre un brutto sanguinare Qui. di ragionevole, non c'è che l'intransigenza Leti sub dentibus ipsis. insieme al brandello di Carso italiano superstite se ne andrebbe Trieste, in una torva notte industriale di morte Basta riflettere, come osservava la Facoltà triestina di Scienze, al regime dei venti «incontrollabile fattore di inquinamento atmosferico» e alla rovina che porterebbero gli scarichi per il «rapido deflusso delle acque nelle cavita ipogee» L'acqua del Carso «una sola acqua, e fresca, che porta la tua giovane salute al mare c alla città» (Slataper) Eppure sarebbe meglio buttare le nuove industrie sul Carso, perché precipitassero al più presto «nei suoi gran baratri» e la notte arrivasse in fretta, piuttosto che far languire Trieste sotto lo strazio del cincischiamento. depositandole in basso invece che in alto, in un rigoglio mostruoso Il golfo di Trieste è già saturatissimo di veleni, grazie alle industrie concentrate sul litorale, l'aria è sovente pesante c cattiva, e in certe ore via Ghe ga non respira meglio di < .'mi sello o di Nichelino Ora. cerchiamo di immaginare Altri due o trecento stabilimenti industriali, previsti dai piani necrofili romabelgradesi. E. dato lo scarso interesse imprenditoriale italiano, in grandissima pane industrie di Stato jugoslave, con manodopera bosnia- [ ca. macedonica, serba, monte- ! negrina. che si fisserebbe in ghetti per forza, in deformi quartieri da costruire per almeno centomila nuovi abitanti, tutti 11. abbagliati da questa vetrina grassa di Occidente che da un giorno all'altro -- oggi abbiamo segni che nel 1976 solo i più intelligenti avvenivano - tac. potrebbe farsi buia e semivuota, come una squallida vetrina socialista, e allora gli verrebbe voglia di fracassarla, la vetrina che si fa buia. God that failed. visto che non c'è altro sogno Conosciamo l'uomo, gli Stati, il mondo Utopie, imbavagliamole Là si preparano guai, non catene di fraternità internazionale Quella ventosa fraternità economica è in realtà la porta di una penetrazione politica La fraternità tra i popoli è molto più sicura se non viene a metterla troppo alla prova un'inquietante immigrazione straniera Un eccesso di fraternità diventa Ibris. porta fumo e zolfo E l'interesse per la-Zona mista è tutto, nel palese e nell'occulto, jugoslavo TCTd Trieste non ha da sperare i neanche un grande traffico per il suo porto smorto Ora che Capodistria (Koper) è definitivamente jugoslava, il vero porto della Zona franca, secondo i occhi esperti, non sarebbe Trieste ma Capodistria Quale interesse italiano? Nessuno Dei democristiani e dei comunisti, i massimi osimi- I sii dello schieramento, forse: | ma quale? Bisognerebbe un po' indagare U buon vicinato con la Jugoslavia è già stato pagato, e pagato bene, tra il 1945 e il | 1976 la costituzione della zona mista ne spingerebbe il ! prezzo oltre i limiti del lecito Siamo al servire, non più al [ trattare da uguali Riassumo le mie obbiezioni principali a) Non si può fare una nuova zona industriale a Trieste, né in alto né in basso, perché Trieste è già abbastanza sporcata (e arricchita) dalle indù- < strie che ci sono Hi E' insensato progettare una nuova, gigantesca concentrazione di industrie a Trieste ora che la tetta petrolifera si è fatta secca Come alimentarle, queste industrie ammorbanti?! Con pipeline e metanodotti innestaii nel profondo Est? Allora, quanto verrebbero a costare in indesiderabili contropartite politiche? c) Non bisogna assolutamente creare una zona mista industriale a Trieste, perché il travaso etnico, da una nazione che tra poco farà sforzi ancora più tremendi che nel passato per restare indipendente dall'Urss. contiene una minaccia, sia per il carattere che per l'indipendenza della città I conflitti violenti, in tempo di declino industriale, sarebbero inevitabili, e la frontiera oggi amica diventerebbe elettrica, cupa e luttuosa Se la città di Trieste volesse ora ospitare un certo numero di semiannegati indocinesi, direi che è un'opera giusia e necessaria di solidarietà umana questo si può fare, perché si tratta di profughi e di disperati Ma non c'è, per Trieste, nessun obbligo morale (c'è solo un'imposizione di Stato) di prendersi cura dei disoccupati di uno Stato confinante, che deve risolvere i suoi problemi da sé Tutto è legatissimo, perciò dicevo che le genziane del Carso (e il garofano triestino. Tiri- ' de celeste, la campan "la a piramide, l'olivello bianco, tutta l'adorabile flora illirica che spacca la roccia per spuntare) non si proteggono soltanto evitando a Trieste il terribile garrote della zona industriale carsica: perché ci sono cento altri j modi per strangolare un fiore L'indifferenza, in Italia, c'è per tutto, perché omnes Itali athei. e ogni subbuglio e movimento è artificiale, lavoro di macchine partitiche e sindacali Tuttavia, per Trieste, c'è qualcosa di più un risentimen-1 to. un'insofferenza E' Trieste a ! suscitarli, con la sua delusa, ma non spenta, passione italiana che si scarica nel vuoto, in una patria che non è una patria, in ima nazione che non ha un cuore, un centro Come chi si sta nutrito di Freud non può I capire un amore stendhaliano. j cosi l'Italia non può capire la passione triestina, e la rimbecca e respinge irritata Vale la pena di rievocare una significativa vergogna nazionale, rimasta soffocata, durante l'ultima di queste legistaiure-coi tus interruptus, le due miche sedute in cui fu discusso I {i , | j I ! e approvato il trattato di Osimo. 16 e 17 dicembre 1976 Nel primo giorno di dibattito, l'aula vedeva una quindicina in tutto di deputati presenti II secondo giorno, il decisivo, arrivano a venticinque E chiacchierano, raccattano la penna sotto il banco... A questi orologi fermi il ministro degli Esteri cantava il futuro radioso dei triestini, tra le luci del Lunapark paradisiaco della Zona Franca di confine Alla fine di queste cadaveriche sedute dove si trattava del destino di una grande città e del suo Carso, di un pezzo vivente di tessuto istriano, di tutto un arco di clima europeo, dove si decideva intorno a un trattato internazionale d'importanza storica - irrompono nell'aula cinquecento robot e votano per alzata di mano, davanti alle agghiacciate, nelle tribune, delegazioni triestine Trieste non avrà mai abbastanza chiara coscienza che dall'Italia non deve aspettarsi nient'altro che del male Ombre cattive la premono Ancora, parola pura. Slataper «Lontana è la patria e il nido disfatto Ma commossi d'amore torneremo alla patria Trieste, e di qui comincc remo» Guido Ceronettl nostra

Persone citate: Bettiza, Cecovini, Diego De Castro, Freud, Guido Ceronettl, Leti, Slataper, Zona Franca