Una barca che va all'inferno di Mimmo Candito

Una barca che va all'inferno LA TRAGEDIA DEI PROFUGHI IN FUGA DAL VIETNAM Una barca che va all'inferno Un tempo l'esodo era soprattutto di gente compromessa con il regime di Van Thieu, ora il «popolo delle barche» è in gran parte di cinesi, gli Hoa che vivevano lì da almeno una generazione - Queste partenze si svolgerebbero sotto il controllo di Hanoi - Ma chi salpa non sa se potrà arrivare BANGKOK — Ora soffia il grande monsone di Sud-Est La stagione dei venti è cominciata da qualche giorno, il Mar della Cina e il Golfo di .Thailandia sono gonfi di cavalloni e di spuma. Ogni mattino, ormai, i pescatori che navigano la costa fino a Singapore trovano sulla spiaggia corpi sema vita sbattuti dalla risacca violenta. Sono quasi sempre cinesi, venivano dal Vietnam. I giornali di Bangkok e Kuala Lumpur non ne danno più nemmeno notizia: il popolo delle barche muove ancora troppi imbarazzi. Si muore sema storia, dentro bettoline troppo cariche, sfasciate dall'acqua e dal vento. Chi scampa racconta avventure terribili di cannibalismo, soffereme impensate, violenze; ma forse non sono i più. Per chi viaggia a Nord, seguendo la costa cinese verso Hong Kong, la terra dà ancora un buon riparo; le barche affondate son poche, la sopravvivema non è disperata. Ma chi ha sopra i venti del Sud e punta a occidente, non saprà mai di poter arrivare; dovunque si dice che almeno due barche su tre affondano, con tutto il loro carico di speranze e di illusioni. Se è vero — e chi ha visto anche una sola di queste barche, e questa gente, sa che «può» esser vero — allora ogni giorno questo mare si prende duemila morti, uomini o bimbi che siano. E' una storia allucinante. La misura la danno i profughi chiusi nei loro campi, alla periferia delle giungle indocinesi o dentro le baracche cintategli dal governatorato di Hong Kong: partendo, tutti erano perfettamente consapevoli della gravità dei rischi e dei pericoli che dovevano incocciare — dicono con i sorrisi tirati di chi si porta dietro cose amare, profonde. Ma sono sempre sorrisi vitali, che basta anche un solo giorno di riposo dentro il campo a ritrovargli pronti sulla faccia. Abbiamo visto, invece, gli occhi e i volti di chi stava scendendo, per esempio, dalZ'.Huey Fong», accolto a Hong Kong solo dopo 32 giorni di un disperato mercanteggiamento al largo dell'isola: ancora non si erano resi conto che la loro lunga tragedia era chiusa, e sbarcavano dal traghetto della polizia in una lunga coda di morti viventi, la maggior parte scalzi con un fagotto vecchio sotto il braccio e i passi smarriti del resuscitato. Sono storie di viaggi all'inferno, e sono pochi i profughi che non hanno da raccontarne. Solo che il popolo delle barche ora va cambiando. All'inizio, a scappare erano soprattutto i sudvietnamiti che in qualche modo avevano avuto traffici e simpatie col regime di Van Thieu; la fuga precipitosa degli americani da Saigon aveva trovato posto solo per 150 mila persone, un'accozzaglia frettolosa, di borsaneristi corruttori, prostitute, burocrati sottili grossi speculatori dei mercati di guerra. Dietro, ne restavano almeno altri tre o quattrocentomila. Primo esodo Sono costoro, soprattutto, che hanno fatto il primo grande esodo clandestino dal Vietnam. Scappavano da un regime di cui erano dichiaratamente nemici ma potevano farcela con molte difficol- tà. in uno stillicidio continuo di fughe e di piccole corruzioni portandosi dietro buone sperarne d'una nuova vita in America o nelle strade affollate di Bangkok. Chi non ce la faceva, finiva dentro i 'Campi di rieducazione» a spalare strade o spianare giungle, con un pugno di riso e nessun futuro. Fu così per due anni Poi le drammatiche inondazioni del 76 e del 77 sfasciarono ogni progetto economico del nuovo governo, e la crisi forzò anche i tempi dell'inte-i grazione politica tra Nord e' Sud Vietnam: gli uomini di Hanoi si sostituirono completamente ai loro alleati degli anni di guerra, cominciò la vera rottura con chi aveva pensato di poter mantenere speranze di pace col nuovo regime, e di ricostruzione nazionale. Dalla fuga di poche centinaia di persone si passò alle prime migliaia di profughi E' arrivata infine la tensione più aspra, e poi anche la guerra, con la Cina: il fiume di profughi si conta ora a centinaia di migliaia, s'è creato un vero mercato di controllo in tutta la regione, lo stesso governo di Hanoi non riesce a districarsi dai sospetti d'una sua partecipazione diretta al commercio di questi nuovi dannati della terra. E il popolo delle barche ora è quasi interamente di cinesi gli Hoa che vivevano in Vietnam da almeno una generazione. Ce n'erano quasi due milioni trecentomila al Nord e gli altri nelle province meridionali o dentro i traffici solidi di Cholon. Il progetto di Hanoi pare essere di liberarsene completamente, per il timore d'una pericolosa •quinta colonna' manovrata dà Pechino. Questo vuol dire che ancora un milione e duecentomila profughi navigheranno nei prossimi mesi i mari dell'Oriente, cercando una terra dove vivere. E' un calcolo che >;a fatto già ora, se si vuole avere una giusta dimensione della drammaticità di questo problema. Più di 230 mila Hoa furono 'espulsi' dal Nord Vietnam prima della guerra di febbraio con la Cina; almeno altrettanti sono partiti in questi mesi dai porti del Sud, la metà probabilmente morti annegati e gli altri ammassati ora in qualche campo thai o malese nella sperama d'un visto «per l'America». Il ritmo delle par teme ha ormai un andamento incontrollabile. Nel primo semestre del 78, erano arrivati sulle coste di questa regione circa 1600 battelli partiti dal Vietnam; nei primi sei mesi del 79, un calcolo ancora non completato ha già superato la cifra di 133 mila barche di profughi Visto d'uscita Certo, oggi le bettoline, i sampan, le giunche d'ogni dimensione hanno sostituito le vecchie grosse 'Carrette' con cui soprattutto, fino all'anno scorso, si svolgeva il mercato d'uomini; ma questo mare incontenibile di piccole barche copre ormai ogni angolo dell'arcipelago indocinese, in una lotta spesso disperata e perdente contro la violenza del monsone. Nelle ultime settimane, il Vietnam ha concesso il visto di uscita a 3 mila persone al giorno, e il traffico ha assunto proporzioni pazzesche, in una condizione feroce di disordine e paura. La gran parte di queste parteme, tuttavia, e diversamente che per il passato, sembra svolgersi sotto un qualche controllo del governo di Hanoi Alcuni profughi hanno anzi raccontato che sono stati approntati alcuni campi ufficiali di 'transito', nelle viciname dei porti d'imbarco: a Nghe An e Vin Bao, vicino Haiphong, per quanti partono dal Nord, e a Vung Tau per chi muove poi da Città Ho Chi Minh (la Saigon d'un tempo). Tutte queste testimonianze, che noi stessi abbiamo registrato in vari campi profughi thailandesi e di Hong Kong, sono piuttosto sospette, dettate quasi sempre da un comprensibile risentimento nazionalista e ideologico verso Hanoi; però fonti americane hanno raccolto anche le dichiarazioni d'un funzionario vietnamita addetto proprio all'emigrazione, Vu Hoang, e le cose ch'egli dice confermano sostanzialmente le notizie date dai profughi Hoa. Avviata la campagna di • decinesizzazione», il governo vietnamita la svolgerebbe ormai con ogni determinatezza: gli Hoa hanno avuto requisiti gran parte dei loro beni le loro scuole sono state chiuse, gli sono stati vietati quindici mestieri o lavori ritenuti «pericolosi» ai fini della sicurezza nazionale, e ora sempre più spesso vengono posti di fronte all'alternativa di trasferirsi nelle 'nuove zone economiche» (a inventare una vita difficile di pionierato agricolo) o altrimenti far domanda di visto d'uscita dal Paese. Tra tassa ufficiale, costo del biglietto e aggiunte di corruzione, il prezzo di questo 'Visto» s'avvicina ai 13 tael d'oro, che valgono più o meno quanto 4 mila dollari (per i minorenni il prezzo è di 350 dollari). E' la somma che veniva pagata anche l'anno scorso, quando le partenze erano considerate ancora «assolutamente clandestine», e il controllo di questo mercato era mlle mani di alcuni grossi nomi di Cholon, legati a quella -mafia cinese' che dirige il mercato commerciale e dei noli dell'intero Sud-Est asiatico. L'unica differenza sta nel fatto che oggi i 13 tael d'oro, vanno pagati insieme alla domanda di 'Visto», mentre prima servivano a corrompere i funzionari della polizia marittima che avrebbero dovuto controllare le navi in partenza. Tutto qui A rafforzare poi la tesi dell'intervento governativo in questo affare, fonti bancarie americane informano che le rimesse dall'estero alla Banca del Vietnam sono aumentate «in modo spropositato» negli ultimi tempi: ad aprile, per esempio, la Banca di Città Ho Chi Minh ha incassato trasferimenti di denaro per 242 milioni di dollari, «la maggior parte diretti a pagare le tasse d'espatrio e il biglietto per gli Hoa residenti in Vietnam». E' una cifra enorme, che copre da sola più della metà dell'export vietnamita d'un intero anno (416 milioni di dollari). Il Paese, segnato duramente anche dalla guerra di febbraio, si trova in una crisi molto pesante, con un deficit d'un milione di tonnellate di cereali e la razione prò capite portata ora a 2 chilogrammi di riso al mese e 300 grammi di carne, con un'aggiunta di farina, patate e manioca. Il silenzio insistente di Hanoi o le sue smentite molto generiche, non aiutano certo a capire le ragioni e i tormenti di questa tragedia ancora sema misura; né sottraggono il governo vietnamita ad una condanna morale che ormai è quasi unanime. Di suo, il capo di stato maggiore tliailandese, generale Saiyud Kerdphol, ci aggiunge un durissimo atto d'accusa: che il Vietnam sta usando il Mar di Cina come Hitler usava le camere a gas. Sono parole molto amare per la cosciema della nostra società, amare quanto la convinzione che anche allora Hitler e il nazismo non erano i soli responsabili di un genocidio. Una manovra? Ma intanto le navi della Malaysia riportano al largo il popolo delle barche, impedendo ai profughi lo sbarco sulla costa battuta dalla risacca e dai venti La tragedia si allarga. 17 primo ministro di Singapore dice ch'è tutta una manovra di Hanoi che vuol destabilizzare le economie dei Paesi della regione e infiltrare suoi agenti travestiti da profughi Hong Kong, che a maggio 78 aveva solo 241 profughi ora ne lia 54 mila; 19 mila sono arrivati nel solo mese di maggio, mi primi 15 giorni di giugno ne sono sbarcati mille al giorno. L'altra domenica, tremila. Si prepara una conferema internazionale, una nuova conferema. Ci diceva amaramente un giovane funzionario del commissariato dell'Onu per i rifugiati: «Ma si fanno soprattutto parole. Gli Stati Uniti, per esempio, che fanno tanti bei programmi, in quattro anni hanno accolto solo la metà del numero di profughi presi invece in appena quattro settimane, dopo la caduta di Saigon». Mimmo Candito Una giovane vietnamita con i suoi tre bambini sul cargo inglese «Roachbank» che ha accolto a bordo 295 profughi

Persone citate: Hitler, Huey Fong, Saiyud Kerdphol, Van Thieu, Vu Hoang