Pochi lettori, colpa del linguaggio?

Pochi lettori, colpa del linguaggio? INCHIESTA E DIBATTITO AL CONVEGNO DI VENEZIA SULLA STAMPA Pochi lettori, colpa del linguaggio? VENEZIA — Il nome che è comparso più di frequente nei titoli dei giornali nei primi quattro mesi di quest'anno è 'Italia*, seguito da -Roma., 'Andreotti*, *pci», *dc* 'e 'Iran*. Limitando l'esame lai quotidiani, invece, l'ordine è mutato: 'Roma*. 'Andreotti*, 'de*, 'Italia*, •peie, al posto di Iran, la sigla 'Br*. E'questo uno degli elementi emersi da uno studio eseguito dalla Fondazione Rizzoli in collaborazione con l'Ibm e il laboratorio di linguistica del Cnr, sotto la sui-, da del prof. Antonio Zamponi, bellunese, ordinario di linguistica matematica a Pisa. Di tale ricerca si è parlato nel corso della giornata conclusiva del convegno su *I giornali e il non-lettore*, organizzato a Venezia dalla Fondazione Rizzoli. Se il nome più usato è, come si è detto, quello di 'Italia*, la parola più frequente nei titoli dei quotidiani è stata, nel periodo preso in esame, il termine *governo* (esclusa la copula •è*, che compare sempre al primo posto), al quale fanno seguito 'elezioni*, «crisi», 'anni*, 'nuovo*, 'presidente* e, purtroppo, «ucciso». La ricerca della Rizzoli si è inserita perfettamente nel convegno, che si proponeva di esaminare il problema della scarsissima vendita dei giornali in Italia da un punto di vista diverso da quello, più che altro sociologico, impiegato fino ad oggi: si è cer¬ cato, cioè, di esaminare il linguaggio dei giornali, e di trovare una risposta al perché questo linguaggio sia stato troppo tempo incapace di stimolare l'interesse del pubblico, allontanando, anziché catturare, l'attenzione dei lettori. L'idea di contare le frequenze del discorso è molto antica: già gli alessandrini compilavano elenchi degli 'apax*. Verso la fine del secolo scorso si moltiplicarono spogli di frequenze grafeniche e fonetiche, intesi a facilitare la decifrazione di codici, la razionalizzazione delle tastiere delle macchine per scrivere e i sistemi di dattilografia. Tra le due guerre mondiali si moltiplicarono gli spogli di testi, soprattutto nei Paesi anglosassoni, per la creazione di dizionari di frequenza orientati all'insegnamento delle lingue straniere. < Negli Anni 50, per merito soprattutto di Pierre Guiraud e Gustav Herdan, la statistica linguistica cercò i propri fondamenti teorici nei principi della linguistica strutturale. Negli Anni 60 l'utilità dei metodi statistici fu messa in discussione da più parti, ma oggi la statistica linguistica conosce un periodo di rivalutazione. I metodi statistici vengono usati per costruire modelli teorici, per ricerche stilistiche (soprattutto nello studio del vocabolario), per identificare autori anonimi, per definire la cronologia relativa di opere diverse di uno stesso autore. Ma quanto è valido l'angolo di visuale adottato dal convegno, che fa cadere sul linguaggio giornalistico la maggior parte della colpa della crisi attuale della stampa? I pericoli di questo punto di vista sono stati chiariti, a conclusione del convegno, da una tavola rotonda alla quale hanno partecipato i direttori di alcuni tra i principali quotidiani del nostro Paese. Se è vero che esiste una 'barriera linguistica* che ha un suo peso — è stato sottolineato — esistono anche altri fenomeni che concorrono a far sì che l'Italia, tra i Paesi industrializzati, sia quello nel quale il giornale è meno diffuso. «Il giornale — ha osservato il direttore di Paese Sera, A niello Coppola — è il prò dotto 'commerciale che fa di meno per arrivare al consumatore», ma a questo fenomeno sono legati problemi di distribuzione, di punti di vendita, di resistenze corporative da parte degli edicolanti che impediscono una maggiore diffusione del giornale. Secondo Ugo Intini, direttore dell'Avanti!, non è vero che in Italia si vendano pochi giornali, il fatto è, secondo lui, che contrariamente a quanto avviene negli altri Paesi industrializzati in Italia scarseggiano i cosiddetti giornali provinciali per via di certe riserve intellet¬ tualistiche che portano alla confezione di un prodotto, il giornale di qualità, che non è gradito alla massa dei lettori. Il direttore del Mattino di Napoli, Roberto Cluni ha rilevato come esista una vera e propria questione meridionale in relazione al fenomeno della scarsa diffusione dei quotidiani. Nel Meridione — ha detto Cluni — la non lettura si collega più che alla difficoltà di comprensione del linguaggio giornalistico' alle condizioni economiche. In certe zone del Sud, infatti, il reddito pro-capite equivale alla metà della media nazionale e l'analfabetismo al doppio. Secondo Franco Di Bella, direttore del Corriere della Sera, si deve comunque arrivare ad un miglioramento qualitativo del linguaggio, benché non sia un mistero per nessuno il fatto che la chiusura domenicale delle edicole comporta una riduzione secca del 50 per cento delle vendite. Lamberto Sechi, coordinatore del gruppo editoriale Mondadori, ha segnalato dal canto suo la 'Pigrizia* del giornalista, la predominanza della politica, la scarsa professionalità e preparazione di molti giornalisti, osservando che questi «nodi» devono essere .sciolti se si vuole arrivare ad un miglioramento della situazione. Gigi Bevilacqua

Persone citate: Andreotti, Antonio Zamponi, Franco Di Bella, Gigi Bevilacqua, Gustav Herdan, Lamberto Sechi, Roberto Cluni, Ugo Intini