La Polonia in delirio Oggi Wojtyla va dalla Madonna nera di Francesco Santini

La Polonia in delirio Oggi Wojtyla va dalla Madonna nera La Polonia in delirio Oggi Wojtyla va dalla Madonna nera DAL NOSTRO INVIATO ,' VARSAVIA — Da Varsavia a Gniezno, che dì questa Polonia cristiana e millenaria fu prima capitale, sino a un santuario denso di mito e di orgoglio antichissimo: Giovanni Paolo II si inginocchia stamane all'altare che gli è più caro, quello di Jasna Gora. Torna, da Papa, a pregare una Madonna tutta d'oro e dal volto nero. Ha attraversato la Polonia. Si lascia alle spalle, col successo che nessuno avrebbe previsto, anche un comunicato stampa concordato e distribuito dalle autorità del primo regime comunista e ateo che ha accettato la visita di un Ponte/ice. Ieri, e da poco era passata l'alba, a Varsavia si sono spezzate le ufficialità e le scenografie scontate. E' accaduto alla Messa per i giovani, sulla pedana allestita all'ultimo momento alla chiesa di Sant'Anna per l'omelia del Pontefice. Ad attendere il Papa erano in trecentomila, e alcuni raccontano che molti abbiano trascorso la notte all'ingresso della città vecchia, distesi nella galleria che tocca il castello reale, per essere i primi ad avvicinarsi all'altare. Un tavolo bianco, sistemato all'aperto, dinanzi alla chiesa dalla facciata neoclassica, sotto un quadro di Giovanni Paolo II. Sui due lati, le bandiere: il bianco e il giallo della Santa Sede e il bianco e il rosso della nazione, in striscioni verticali ondeggianti al primo vento già caldo del mattino. Giovanni Paolo II doveva pronunciare l'omelia all'arrivo. Con le prime parole, «Miei carissimi, desidero ardentemente...», subito un applauso sema fine lo ha interrotto. Il fragore si propagava dalla via Miodowa sin lungo tutta la Krakowskie Przedmiescie dove la folla aumentava e applaudiva ancora in modo frenetico. Molti hanno temuto che si potesse arrivare all'isteria incontrollabile. Il Papa provava a riprendere a parlare, ma di nuovo lo interrompevano. Ancora parole: «A compiti particolarmente importanti nella vita della nazione», e ancora mani battute per chilometri. C'è chi ha calcolato che ad assistere alla Messa per «la gioventù universitaria- potessero esserci ieri, finita l'ufficialità del primo impatto di piazza della Vittoria, sino a mezzo milione di persone. Il Papa ha tenuto un discorso toccante. Nella festività della Pentecoste ha detto:" «Moltissimo dipenderà dalla misura che ognuno di voi sceglierà per la propria vita e per la propria umanità. Sapete bene che sono diverse le misure, sapete che molti sono i criteri della valutazione dell'uomo, per cui lo si qualifica già durante gli studi Applausi, applausi. Ma il battimani più lungo il Pontefice l'aveva avuto quando aveva nominato lo Spirito Santo. Ed è stato, riferendosi a questa interruzione, che Giovanni Paolo, prima di lasciare la folla ha detto: «E' da ieri che mi sto domandando che significato hanno questi applausi: la prima risposta, in piazza della Vittoria, era quella di dire: "Smettiamola altrimenti non la finiremmo mai". Poi — ha aggiunto — ho riflettuto, ho ripensato che questi applausi potevano essere opera dello Spirito, come se la gente volesse fare la predica assieme al Papa». S'è fermato un attimo, e ha detto: «La cosa più importante non è quanto si applauda ma quando: ieri avete battuto le mani per 15 minuti quando ho nominato Cristo. Stamattina soltanto per dieci, quando ho nominato lo Spirito Santo. Ma, forse non siete ancora abbastanza svegli». Qui, con questa frase scherzosa, Giovanni Paolo II è tornato a essere il Pontefice che conosciamo in Italia e che ieri l'altro, arrivando in Polonia, era apparso misurato, diverso. Ancora applausi e ha ripreso: «Vi guardo e mi domando quale società ho davanti e penso a una società teologica». Qui la folla è esplosa. Tutti erano a terra, seduti. Si sono alzati, col braccio destro hanno salutato il Papa che s'allontanava vefso piazza della Vittoria. Una selva di piccoli crocifissi s'è levata verso il cielo: tutti avevano portato una croce nella borsa, tutti la mostravano a Papa Wo¬ jtyla che s'allontanava in direzione di piazza della Vittoria, dove ormai erano pronti gli elicotteri che l'avrebbero trasferito da Varsavia ai boschi di Blonìe, per l'ingresso ufficiale nelle arcidiocesi di Gniezno e di Poznan, per inginocchiarsi dinanzi a Sant'Adalberto, nella città che Hitler, nella terra della Warta, volle nel Terzo Reich. In piazza della Vittoria, dinanzi ai due elicotteri delle Poskie Linie Lotmicze, Papa Wojtyla è diventato una volta ancora il Pontefice commosso e turbato. Lascia il seguito tra gli sguardi preoccupati dei servizi di sicurezza. Gli agenti scendono di nuovo dalle grandi Volga nere di fabbricazione sovietica. Vorrebbero quasi trattenere Wojtyla, che fa il giro della piazza a piedi una seconda volta mentre la regia ne aveva previsto uno soltanto, a bordo della Polski Fiat scoperta che a Varsavia usano nelle visite dei capi di Stato. La piazza della Vittoria, che si apre sul parco «Saski». In fretta gli operai avevano tolto i ponteggi tubolari dei settori centrali; i tecnici delia «Warexpo», la ditta degli addobbi, avevano smontato sedie e settori, lasciando e rafforzando il perimetro della piazza con «cavalli di frisia». Sono state sufficienti due ore per calare la croce gigantesca che per la prima volta è comparsa nel cuore del blocco sovietico, a duecento chilometri dalle frontiere con l'Urss. Francesco Santini Varsavia. Il Papa abbraccia una bimba

Persone citate: Giovanni Paolo, Giovanni Paolo Ii, Hitler, Papa Wojtyla, Wojtyla