È sempre più difficile per Pertìni e per Andreetti (se avrà l'incarico) di Luca Giurato

È sempre più difficile per Pertìni e per Andreetti (se avrà l'incarico) Finite le consultazioni: lunedì sapremo le scelte del Presidente È sempre più difficile per Pertìni e per Andreetti (se avrà l'incarico) ROMA — Pertini ha terminato ieri le consultazioni e l'attenzione si è subito spostata dal Quirinale a Montecitorio, dove i deputati de si sono nuovamente scontrati per la nomina del loro presidente. Ha vinto, a larga maggioranza, Gerardo Bianco, che ha subito rilasciato dichiarazioni molto distensive, per far calare la grande tensione che si è creata nel suo partito prima e dopo l'avvenimento. Ha perso Giovanni Galloni, candidato della segreteria, la quale dovrà spiegare in modo un po' più convincente di quanto non abbia fatto sino ieri perché ha voluto mandarlo per la seconda volta ad una votazione dalla quale tutti ormai sapevano che sarebbe uscito sconfitto. Al di là deUa vittoria di Bianco (che sarà un bravo presidente) e della sconfitta di Galloni (che è e rimane un leader nella de) quanto è accaduto ieri a Montecitorio complica, Invece di favorire, tanti problemi già difficili. Pertini dovrà affidare lunedi l'incarico di formare il nuovo governo. Malgrado molti partiti abbiano avanzato la richiesta di una candidatura laica (l'ultima, ieri mattina, è quella di Francesco De Martino, proposto dal leader del pdup Lucio Magri) il Presidente della Republica, salvo colpi di scena clamorosi, dovrà affidare, almeno «in prima istanza», l'incarico ad un democristiano. Il prescelto dovrebbe essere Giulio Andreotti, anche se il tentativo dell'attuale presidente del Consiglio sembra destinato al fallimento. La scelta di Andreotti è inevitabile per vari, complessi motivi. La de lo ha indicato formalmente come unico candidato, anche se i membri della delegazione ricevuta l'altro giorno in Quirinale hanno voluto (e dovuto) ricordare a Pertini che «la de è un grande partito, dove ci sono, con Andreotti, anche altri leaders di prestigio capaci di guidare un governo puntato sulla continuità della politica di unità nazionale: In altre parole: sono stati fatti anche i nomi di Piccoli, Zaccagnini e Porlani perché nella de, d'oggi, v'è una crisi di «leadership» politica. Pertini affida dunque un incarico già destinato a fallire a un presidente indicato da un partito diviso e incerto, che si è appena spaccato in due per una elezione molto importante: quella del presidente dei deputati. Ripetiamo: non sono in ballo le persone del vincitore e dello sconfitto; sono in ballo le divisioni, i malumori e le incertezze scaturite da un avvenimento che una strategia politica più accorta del «vertice» de avrebbe probabilmente potuto evitare. Indipendentemente dalla posizione dei socialisti —sempre più contrari al suo incarico, malgrado il parere di Nen- ni il quale afferma che con la de bisogna assolutamente governare —e dei laici minori — ognuno dei quali ha pronto un candidato per la presidenza — non v'è dubbio che Andreotti ha perduto una parte del suo prestigio nella de e delle sue possibilità di formare il governo per colpa di chi l'ha voluto trascinare in una battaglia dalla quale poteva restare tranquillamente fuori (tra l'altro, era a Tokyo per il vertice energetico). Un duro colpo politico l'ha subito an-' che Zaccagnini, costretto come Andreotti a schierarsi con Galloni quando la sua carica di segretario poteva lasciarlo completamente libero di far votare i parlamentari del suo partito come e per chi credevano. Dunque, una de che si presenta più debole della sua grande forza reale a trattative per un governo che dovrebbe essere stabile e sicuro e che, chissà quando, sarà transitorio, balneare-autunnale. Gli avversari della de sono al corrente di tante incertezze e si apprestano ad approfittarne. Fa parte del gioco politico, anche se la situazione di crisi del Paese dovrebbe portare i partiti a una autocritica collettiva che viene sempre invocata a parole ma nei fatti sembra destinata à non verificarsi mai. Dopo Andreotti, dovrebbe tentare un laico. I nomi diprestigio non mancano: Vicentini e Spadolini (pri); Sa- ragat (psdi); De Martino o Giolitti (psi). Ma la «carta laica» già scappò dalle mani di uno statista tra i più prestigiosi della storia della Repubblica (Ugo La Malfa) e in una situazione meno difficile di oggi, dove tutti attendono sempre nuove scadenze per decidere qualcosa di concreto. Prima, si parlava del Congresso de d'autunno, per il quale la battaglia sembra cominciata e si annuncia assai dura, malgrado proprio il nuovo capo dei deputati de abbia ieri voluto precisare che la sua elezione «significa soltanto rinnovare i metodi, ravvivare la vita del partito partendo da soluzioni che vengono dal basso e non dall'alto, senza mettere in discussione la linea politica del Consiglio nazionale». Non vi sono motivi per dubitare della sincerità di queste parole. Del resto, nessuno può escludere un recupero unitario delle varie correnti de, già avvenuto in momenti più gravi. Ma nei partiti gli appelli al buon senso sembrano, per ora, destinati ad essere ignorati, come la prestigiosa voce di Nenni: «Sono personalmente convinto che i paesi non hanno bisogno di unioni nazionali, ma hanno bisogno di maggioranze e minoranze che assolvano interamente al proprio compito senza lacerare la nazione, ma anzi consentendole di superare ogni sua difficoltà», ha detto Nenni Luca Giurato

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