Fabbrica del cancro a Ciriè: sentenza definitiva Adesso i 5 imputati dovranno andare in carcere

Fabbrica del cancro a Ciriè: sentenza definitiva Adesso i 5 imputati dovranno andare in carcere Ultimo atto del processo Ipca: la Cassazione ha confermato il verdetto della Corte d'appello Fabbrica del cancro a Ciriè: sentenza definitiva Adesso i 5 imputati dovranno andare in carcere Forse oggi stesso il Procuratore presso la Suprema Corte firmerà gli ordini di cattura - Pene varianti da 2 a 4 anni per i responsabili dell'azienda di anilina che provocò 134 morti - La Cassazione, nella sua sentenza, ha negato la possibilità al sindacato di costituirsi parte civile - Il dramma dell'Ipca continua: solo pochi mesi fa è ancora morto un operaio L'ultimo atto del processo Ipca si è concluso: la Corte di, Cassazione ha respinto l'altro' giorno il ricorso degli imputati. Restano cosi confermate le responsabilità del dirigenti della ■ fabbrica del cancro» di Cirio che in vent'annl ha ucciso decine e decine di operala. I giudici della Suprema Corte si sono allineati con la sentenza d'appello del magistrati torinesi concedendo lievi diminuzioni di pena per prescrizioni intervenute. Non tutti i punti del ricorso sono però stati respinti. La Cassazione infatti, con una decisione che farà molto discutere, ha negato l'esistenza di un diritto del sindacato ad ottenere U risarcimento del danno. Queste le pene definitive a 7 anni dall'inizio del procedimento penale: Sereno ed Alfredo Ghisottl 4 anni, 2 mesi e 15 giorni; Giovanni Mussa 3 anni, 7 mesi e 5 giorni; Silvio Ghisotti 2 anni, 1 mese e 9 giorni; Paolo Rodano 2 anni, 9 mesi e 13 giorni. A tutti sono stati condonati 2 anni. Ora la partita è chiusa e per i responsabili dell'Industria piemontese colori anilina si aprono le porte del carcere. Oggi stesso il procuratore generale presso la Corte di Cassazione emetterà l'ordine di cattura per gli imputati: ai loro polsi scatteranno le manette. il dramma dell'Ipca, esploso nel '72, ha radici lontane nel tempo: la prima diagnosi di carcinoma vescicale all'operalo Matteo Gori risale al '50. Ci volle quasi un quarto di secolo per dimostrare la stretta connessione tra l'insorgere di sempre più numerose forme di cancro alla vescica e l'attività svolta In fabbrica dal dipendenti Ipca. Il via all'inchiesta fu dato dal pretore Toriano. Indagando su un inquinamento della Stura provocato dal rifiuti della lavorazione di materie coloranti, ebbe il sospetto che 1 casi di carcinoma alla vescica ormai frequenti a Girle potessero essere provocati dall'ambiente di lavoro. Il dubbio diventò certezza. Sotto accusa finirono i fratelli Alfredo e Sereno. Ghisotti, pro¬ prietari e amministratori della fabbrica; l'ing. Silvio (figlio di Sereno) responsabile del servizi manutenzione impianti e dell'ufficio tecnico; Paolo Rodano, direttore amministrativo; Giovanni Mussa, medico di fabbrica. Gli imputati si difesero soste-, nendo che la malattia professionale non era prevedibile e che a quell'epoca le conoscenze In materia erano insufficienti. Di contrario avviso il giudice istruttore. In Inghilterra, in Germania e nei maggiori paesi industrializzati si cominciò a sospettare del-! lsdfsq la betanaftilamina, una delle sostanze usate nella produzione dei coloranti, fin dal 1895. Nel 1921 un documento dell'Ilo (Ufficio internazionale del lavoro) avvertiva che la benzldlna e la» betanaftilamina erano sostanze In grado di produrre tumori vescicali. La vicenda giudiziaria, divenuta il simbolo della lotta per latutela della salute dei lavoratori si trascinò per cinque anni mettendo In luce dati significativi:. 134 morti tra il '50 e il '72 dei quali 50 per tumori, 25 per cancro alla vescica. Cifre aride che nascondevano una dimensione' ancora più tragica: una tragedia che non è finita con la sentenza della Cassazione ma continua a mietere vittime anche se lo stabilimento non produce più coloranti nocivi. L'Ipca, oggi, non è più la «fabbrica del cancro» ma continuano a morire gli operai ammalati-' si anni fa. Un dramma dolorosamente scandito nelle ventitré udienze del processo di primo grado dalla voce dei sopravvissuti e dei famigliari delle vittime, riassunto poi con precisione analitica dai giudici della terza sezione del tribunale nelle 180. cartelle dattiloscritte con le quali motivarono la condanna. In quelle pagine, l'odissea dell'Ipca: la storia della fabbrica dalle sue origini, le condizioni disastrose dell'ambiente di lavoro, le responsabilità degli imputati, le sofferenze delle vittime, le cose che si potevano fare per evitare la lunga catena di morti e che non si sono fatte. Uno spaccato drammatico di civiltà industriale vecchia maniera. Il giudizio del tribunale, affermando il valore di alcuni principi fondamentali, sottolineò carenze e leggerezze degli organi pubblici che avrebbero dovuto esercitare un'azione di controllo. Quella decisione costituì un importante punto di riferimento. . , Il processo di primo grado infatti riconobbe alle organizzazioni sindacali, per la prima volta in Italia, 11 diritto al «risarcimento del danno» come parte, civile in un processo per «omicidi bianchi». L'ordinanza del tribunale stabili un Importante precedente per la tutela della salute in fabbrica e segnò una svolta nei rapporti tra padronato, lavoratori e. magistratura. Prima di allora il problema si era presentato una sola volta in una causa per omicidio colposo davanti al tribunale di Trento ma in quel caso 1 giudici avevano escluso che il sindacato potesse costituirsi parte civile. A Torino invece fu proprio la' presenza delle parti civili, per il sindacato e per i parenti delle vittime che rifiutarono 11 risarcimento del danno a dare alla causa una nota «politica». Lalpca non era solo un processo per Infortunio sul lavoro. Era qualcosa di diverso: 11 simbolo di una lunga sofferenza, una storia che metteva a nudo nei loro aspetti negativi macroscopici le carenze legislative sulla tutela della salute in fabbrica, l'Ignoranza delle più elementari misure di sicurezza. Per questo la presenza del legali di parte civile che chiamarono una volta per tutte le cose col loro nome e diedero, al di là delle aride formulazioni giuridiche, il quadro esatto di come si svolgeva il lavoro in certe fabbriche disastrate dal punto di vista ambiente e prevenzione, ebbe un preciso significato. Non certo per suscitare emozioni ma per portare alla luce in tutta la suaigravità un problema troppo a lungo Ignorato. Nel giugno di due anni fa 1 giudici condannarono Alfredo e Sereno Ghisotti a 6 anni, Giovanni Mussa a 4 anni e mezzo, Paolo Rodano a 4 anni, Silvio Ghisottl a 3 anni. Dell'Ipca si ritornò a parlare nell'ottobre dello scorso anno In appello. •Nes¬ suno si è curato di ridurre i rischi — disse l'aw. Guidetti Serra —. Volete rovinare la fabbrica? si rispondeva agli operai che reclamavano migliori condizioni di lavoro». E l'accusa terribile: •Di questi cancri si sapeva in fabbrica., un'accusa lanciata già in tribunale da un operalo. •I dirigenti dovevano conoscere i perieolU sostenne l'aw. Giordano presentando alla corte un'ampia documentazione in, materia di malattie professionali. I giudici d'appello confermarono la condanna al proprietari e al dirigenti dell'azienda. Esclusero l'attenuante del risarcimento del danno, riconobbero il diritto del sindacato a costituirsi parte civile. Le pene subirono una lieve riduzione (per due omicidi colposi era scattata la prescrizione), Sereno Ghisottl, 5 anni e 6 mesi; Silvio Ghisottl 2 anni, 8 mesi e 15 giorni; Paolo Rodano 3 anni, 4 mesi e 25 giorni; Giovanni Mussa 4 anni e 1 mese. Poi l'ultimo atto: la Cassazione. Legali di parte civile, il prof. Gilberto Lozzi, gli avvocati Costanzo, Masselli, Angeluccl di Roma. Difensori degli Imputati avvocati Chiusano e Zaccone. La Suprema Corte ha riaffermato l'esistenza del «nesso casuale» tra la condotta degli imputati e le morti degli operai. Ha negato invece 11 diritto del sindacato ad ottenere il risarcimento del danno. Ha ritenuto cioè che l'organizzazione sindacale non ha la «legittimazione a costituirsi parte civile». Per comprendere la logica di questa decisione è necessario attendere 1 motivi della sentenza. Le ipotesi più probabili sembrano due: il fatto che le imputazioni si riferivano a fatti antecedenti l'entrata in vigore dello statuto del lavoratori e la difficoltà di individuare un danno concretamente risarcibile al sindacato, trattandosi di comportamenti colposi. Ma 11 dramma Ipca non è finito. Mentre sono in corso altri procedimenti penali la catena del morti continua, la fabbrica di Ci ri è miete ancora1 vittime: un dramma che ha coinvolto un intero paese ed è vissuto con sofferenza giorno dopo giorno nelle famiglie degli ex operai dell'Ipca Ni Pltlt li dott. Paolo Rodano e l'ing. Silvio Ghisotti - Alla prima sentenza l'abbraccio tra la vedova Pranza, Albino Stella é ,!'avv. Masselli

Luoghi citati: Ciriè, Germania, Inghilterra, Italia, Roma, Torino, Trento