Dipinse il Medioevo nella Milano dell'800 di Paolo Fossati

Dipinse il Medioevo nella Milano dell'800 A TORINO UNA MOSTRA SULL'OPERA GRAFICA DI GIOVANNI MIGLIARA Dipinse il Medioevo nella Milano dell'800 TORINO — C'è da augurarsi che il caldo estivo non distragga i visitatori tenendoli lontani dalla mostra inaugurata la scorsa settimana a Palazzo Reale (dove resterà aperta sino alla fine di luglio): l'opera grafica di Giovanni Migliara è qui analizzata in una rassegna di alcune centinaia di disegni, accompagnati da quadri, incisioni e da raffinati flxés, delicate miniature su seta fissate sotto vetro. La mostra, che ripete quella dello scorso anno ad Alessandria, aggiungendovi nuovo mate. riale rintracciato in collezioni private e nel depositi stessi di Palazzo Reale, offre un panorama completo delle attività di questo artista ottocentesco, forse meno noto al grande pubblico di quanto la sua fortuna fra i contemporanei non facesse attendere. Migliara, nato ad Alessandria nel 1785 e morto a Milano nel 1837 (come a dire, se si gioca sulle etichette, dal neoclassicismo ad un romanticismo maturo), ha più di un titolo per destare un'attenta partecipazione. Lo dimostrano, grazie ai curatori Maria Cristina Gozzoli e Marco Rosei, le numerose sezioni, in mostra e in catalogo, che ne con¬ sentono una lettura minuta, per temi e per modi di lavoro, per tecniche e per soluzioni formali, fino a ricostruire un gusto diffuso, allargato ad allievi e seguaci (non ultima la figlia Teodolinda, educata nell'atelier paterno, e qui ricordata per un prezioso acquerello, conservato nell'album di Carlo Alberto alla Biblioteca Reale di Torino). Migliara dunque, dopo un apprendistato accademico a Brera, lavora con lo scenografo e vedutista Gaspare Galli ari: e come scenografo inizia la sua attività pubblica a Milano. Ragioni di salute lo portano poi con successo alla pittura da cavalletto e alla miniatura, dove trasferisce U gusto per l'impaginazione teatrale desunto da quella prima esperienza. Dicendo questo son già tracciate le linee portanti del suo lavoro: il montaggio minuzioso di appunti paesistici tratti dal vero e l'architettura scenografica, l'inclinazione per le vedute di fantasia alla veneta e la cronaca minuta del mondo lombardo, dell'ambiente in interno animato da gustose macchiette. Montaggio che darà i suoi frutti migliori quando il pittore misce¬ lerà i diversi ingredienti nel filone monastico (di tematica e di pietà religiosa in chiave di rivisitazione fiamminga) e secondo il nuovo gusto troubadour, riferimenti culturali quasi d'obbligo nella Milano Anni Venti in cui lo troviamo attivissimo. Alla passione razionalista e illuminata dell'epoca rivoluzionaria sembra seguire 11 ripensamento di un medioevo lirico e tutto sognato, un mondo raccolto e romanzesco, in cui 11 dato storico era evidenziato come elemento melodrammatico prima ancora che intellettuale e morale. In questo clima Migliara non solo agisce con successo ma nella sua impronta personale porta un correttivo all'eccessiva pateticità e all'esasperazione ideologica con cui i soggetti monastici e cavallereschi erano allora intesi. La pulizia formale di Migliara, che ne limita da un lato la fantasia, lo salva altresì dalla cadute nel lezioso o nello stucchevole, cosi come evita il rischio di una diretta presa di posizione ideologica rifugiandosi negli schemi della pittura di genere. Con 11 favore del pubblico, tradottosi in commissioni e acquisti tanto nu¬ merosi da farlo rinunciare a una cattedra a Brera. E' proprio questa, mi pare, una delle chiavi di lettura più cattivanti messa a disposizione dalla struttura stessa della mostra: lungo il percorso tracciato dalle diverse sezioni è possibile ricostruire il rapporto tra un artista dotato e sempre riconoscibile ed il crescere del gusto di un pubblico, in particolare quello milanese di anni latamente manzoniani, che varia le sue richieste pur rimanendo radicato in un ambiente cittadino molto preciso. Chiave di lettura tanto più sapida se si tien conto che Migliara fissa, più che assecondare, quel gusto, tramite un senso percettivo del reale che le molte decine di taccuini e di annotazioni grafiche documentano anno per anno, lungo itinerari di viaggio, ad esempio, estremamente interessanti. Non si tratta di impressioni da sviluppare più tardi in studio, ma di veri e propri elementi strutturali da inserire nello schema costruttivo del quadro, dilatando particolari, inventando quinte o fondali, fino a modificare radicalmente temi e visioni di partenza. Paolo Fossati

Luoghi citati: Alessandria, Milano, Torino