Il Giappone torna alle navi a vela di Ennio Caretto

Il Giappone torna alle navi a vela VARATO A TOKYO UN PIANO PER RIDURRE I CONSUMI DI PETROLIO Il Giappone torna alle navi a vela Saranno destinate al trasporto di merci - Il premier Ohira consiglia alla tv un abito leggerissimo «per risparmiare aria condizionata» - Rigidi limiti di velocità, benzinai chiusi la domenica, regole severe per le fabbriche DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TOKYO — -Il vestito che fa risparmiare energia» è l'ultima difesa giapponese contro la crisi del petrolio. Il premier Ohira l'ha indossato la scorsa settimana reclamizzandolo alla televisione. In tessuto leggerissimo, con le maniche corte e il colletto aperto, ricorda le giacche-camicie «safari». 'Spegnete l'aria condizionata negli uffici e nelle fabbriche, ha detto Ohira, e indossate questo abito». Muramoto, il presidente della Banca Kangyo, la più grande del Giappone, ha aderito all'invito con entusiasmo. II. giorno dopo l'associazione nazionale dei fabbricanti di cravatte ha incominciato a boicottarlo. Il confronto si è risolto con un compromesso: i funzionari della banca che trattano con l'associazione restano incravattati, gli altri no. L'episodio dimostra a quali difficoltà vada incontro una società formale come quella giapponese per ridurre i consumi di petrolio. Il Giappone è stata la prima delle sette democrazie industrializzate convenute a Tokyo a prende- re provvedimenti coordinati. A marzo, Ohira ha presentato un piano dettagliato, e il 6 giugno scorso la Dieta — il Parlamento —l'ha approvato. Ma l'attuazione del piano procede a rilento: neppure i giapponesi, che hanno innato il senso della disciplina, si sottopongono volentieri a sacrifici. Il piano impone la chiusura dei distributori di benzina la domenica e gli altri giorni di festa, rigidi limiti di velocità sulle autostrade, orari ridotti nei locali notturni e un uso ristretto delle insegne pubblicitarie luminose. In base a esso, inoltre, la settimana lavorativa scende da sei a cinque giorni, gli ambienti ad aria condizionata devono rimanere sopra 1 ventotto gradi, e le vacanze estive diventano obbligatorie per gli operai e gli impiegati. PIÙ tardi cambieranno anche le norme scolastiche per il riscaldamento e via di seguito. n piano addossa notevoli oneri all'industria. Essa è tenuta a nominare «un manager energetico» per ogni fabbrica ad alto consumo di carburante. Sarà compito del manager riciclare l'energia prodotta, diversificare le fonti di approvvigionamento, promuovere nuove tecnologie. Egli dovrà puntare, dove è possibile, sul carbone e sull'energia atomica. Il Giappone è all'avanguardia nella liquefazione e gassificazione del primo, insieme con il Sud Africa, ma in ritardo nella seconda rispetto agli Stati Uniti. Finora il piano di Ohira non sembra aver alterato la vita del Giappone. La gente continua a spendere come prima; Tokyo, che è una delle città più care del mondo, trabocca sempre di visitatori; rimane di un anno l'attesa di chi si offre di lavorare gratuitamente nei giardini del palazzi imperiali per stringere la mano dell'Imperatore Hlrohito. Quando si parla di crisi petrolifera molti si stringono nelle spalle. I più confidano che il Giappone attingerà liberamente al petrolio della Cina, astro nascente dell'energia insieme con 11 Messico, pagandolo poi con le alte tecnologie. Eppure, il piano è destinato a pesare sull'esistenza quotidiana del Paese. -Esso non è apprezzato da molti giapponesi, dice Ohira, ma almeno evita le code e le risse ai distributori di benzina, a differenza dell'America. E, per il futuro, ci mette in condizione di resistere al drago a due teste: quello della scarsità del greggio e dei suoi alti prezzi». U premier illustra due aspetti della crisi: uno dell'impotenza (le linee aeree giapponesi hanno dovuto sospendere dei voli) e uno della resistenza (1 cantieri della Kokan costruiscono di nuovo navi a vela per i trasporti commerciali). Cita statistiche inquietanti: l'anno scorso, le importazioni petrolifere sono costate al Giappone 24 miliardi di dollari, quest'anno ne costeranno 32, con un dramma¬ tico effetto inflazionistico. Il ministero dell'Industria e del Commercio estero, che è responsabile dell'energia, spiega perché il Giappone abbia scelto la strada del risparmio dei consumi e non quella del congelamento dell'import petrolifero: «Le altre democrazìe industrializzate ci hanno chiesto di diminuire l'enorme attivo della nostra bilancia dei pagamenti incrementando la domanda interna, anche di manufatti stranieri. Ciò comporta un alto tasso di sviluppo dell'economia, fissato in una crescita del 6,3 per cento del prodotto nazionale lordo per il '79. Ma conseguire tale obiettivo senza un aumento, sia pure modesto, delle importazioni di greggio è impossibile:, tutto quello che abbiamo proviene dall'estero». Il Giappone è oggi la seconda superpotenza economica del mondo dopo gli Usa, con un output superiore anche a quello dell'Urss. Nei primi cinque mesi dell'anno, esso ha consumato il 10 per cento in meno del previsto. Ma il ministero non lo considera sufficiente. -Il nostro obiettivo, ha sostenuto, è consumare il 10 per cento in meno di quanto consumavamo nel '77». Per quanto? Almeno per tre anni. In questo periodo, le importazioni di petrolio cresceranno a un ritmo inferiore a quello degli Anni Settanta, e il Giappone avrà modo di diversificare le sue fonti. Già una voi ta, nel '73-74, esso è riuscito a superare la crisi: soltanto la Germania l'ha fatto in maniera altrettanto brillante. Ennio Caretto